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Troppi operatori per poco mercato

Le notizie sulle difficoltà finanziarie ed economiche riguardanti il settore delle costruzioni si moltiplicano: la crisi ha assunto ormai caratteri di insostenibilità e non accenna a ridursi. Uno scenario, questo, che sembra destinato a durare non solo per il resto del 2012 ma anche per il 2013, con una ripresa dal 2013-2014 che, secondo gli analisti, non porterà comunque il settore ai livelli del passato.
E, situazione paradossale, a farne le spese sono quegli operatori seri e leali che, nonostante la forza travolgente della crisi, hanno combattuto le infiltrazioni malavitose e rifiutato la facile concorrenza fondata sul contenimento dei costi e non sul rispetto delle regole che devono governare la nostra attività produttiva.
All’assenza di un diffuso e radicato codice deontologico si è aggiunta, inoltre, la mancanza di controlli, che ha reso sempre più numerose le scorrettezze nella pratica operativa.
Eppure gli obiettivi associativi che ci siamo dati, quali legalità, qualificazione, sicurezza e valorizzazione del prodotto, stanno mantenendo in pieno la loro validità, come dimostrano gli importanti risultati raggiunti dall’ATECAP con la vicenda del POS, le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni, l’istituzione dell'Osservatorio presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, la collaborazione con la Guardia di Finanza.
Sono invece cambiati gli equilibri di un mercato che si è drasticamente ridotto, che non ritornerà ai livelli pre-crisi né a breve né a medio termine e che, quindi, non è in grado di sostenere una struttura produttiva di oltre 2000-2500 centrali di betonaggio, con la conseguenziale urgenza di energiche prese di posizione che ridimensionino fortemente la struttura produttiva.
In verità il mercato ha già determinato contrazioni, mettendo però in crisi le imprese sane e non gli operatori improvvisati, a volte veri e propri avventurieri. Occorre pertanto reagire subito contro questa tendenza, introducendo regole in grado di assicurare una selezione virtuosa, capace, cioè, di contenere, emarginare e annullare gli effetti di una concorrenza scorretta, poc’anzi accennata.
Altro importante problema sta nel fatto che il nostro settore soffre, come e forse più di altri, di una dimensione aziendale media troppo bassa; caratteristica che, in un mercato abbondante come quello passato, aveva una sua ragion d'essere, ma che in una fase di forte e repentina recessione, come quella attuale, si traduce in una grande debolezza del settore stesso e soprattutto delle imprese di questo livello, che non riescono a compensare la riduzione del volume di affari.
Anche per questo aspetto abbiamo il dovere di agire in modo repentino ed efficace, mettendo in campo tutti gli strumenti che consentano alle imprese di darsi una dimensione in grado di gestire meglio gli andamenti del mercato. Ciò significa raddoppiare gli sforzi da un lato per far applicare le leggi, per avere controlli rigorosi in grado di individuare comportamenti scorretti, per selezionare effettivamente le imprese con barriere di ingresso alla attività produttiva, dall’altro per assistere le imprese sulla soluzione tecnicamente più valida in funzione delle caratteristiche delle imprese stesse e degli obiettivi perseguiti.
Paradossalmente dobbiamo allora approfittare di questa crisi, facendo in modo che i suoi effetti negativi si scarichino sulle parti "negative" del nostro settore e impedendo che le imprese più corrette abbandonino il mercato.
Il percorso non sarà certo facile e ci troveremo senza dubbio a lottare anche contro produttori che non hanno il coraggio di prendere posizioni scomode ma necessarie ad evitare danni definitivi. E tutto ciò non basterà se non riusciremo a far comprendere anche al di fuori della nostra categoria l’eccezionalità della situazione e, quindi, l’esigenza di avviare iniziative altrettanto eccezionali e di poter disporre di strumenti adeguati. Sono convinto tuttavia che in questa azione non saremo soli, e non è presunzione, ma ragionevole previsione che sia l’unica strada possibile da percorrere.