Umidità nei muri: infiltrazione o condensa? La vexata quaestio tra difetto costruttivo e fenomeno d’uso
Nel contenzioso edilizio legato all’umidità nei rivestimenti interni, distinguere tra difetti costruttivi e fenomeni d’uso è cruciale. Il caso analizzato mette a confronto due diagnosi opposte: umidità di risalita vs condensa superficiale, evidenziando l’importanza delle prove oggettive e di un approccio tecnico rigoroso.
Nel settore edilizio, individuare le cause di un’anomalia costruttiva rappresenta quasi sempre una sfida più complessa della sua risoluzione. Un errore diagnostico – o, peggio, l’assenza di una diagnosi – può portare a interventi inutili, sprechi di risorse e al prolungarsi di contenziosi tra le parti.
L’articolo esamina un caso concreto di contestazione per fenomeni di umidità rilevati all’interno di una villetta, con l’obiettivo di distinguere tra umidità di risalita e condensa superficiale. Non di rado, infatti, piccoli scrostamenti dell’intonaco al di sopra del battiscopa vengono attribuiti troppo frettolosamente a presunti fenomeni di risalita capillare, senza che siano stati effettuati gli opportuni accertamenti.
L’intervento ha riguardato una villetta unifamiliare realizzata nel 2019, con struttura portante in murature di blocchi di calcestruzzo aerato, un materiale noto per le sue proprietà di isolamento termico, leggerezza e traspirabilità.
L’impermeabilizzazione alla base delle murature è stata eseguita, secondo i dettagli esecutivi, mediante guaina liquida elastomerica posata sia sotto lo spiccato di fondazione sia in verticale fino a ricoprire i primi tre corsi di blocchi, in conformità con la regola dell’arte. Tanto che, fino al 2023 - ossia per quattro anni - il proprietario non ha mai segnalato alcuna anomalia.
Solo in occasione della richiesta dell’impresa di saldare alcuni lavori extracontrattuali, ha evidenziato la presenza di due piccoli scrostamenti dell’intonaco al di sopra del battiscopa: uno presso l’ingresso del soggiorno e l’altro su una parete della camera da letto, in ambienti con esposizioni differenti. Da tale segnalazione è scaturito un contenzioso che ha portato alla nomina di un CTU per l’accertamento tecnico preventivo.

Il primo intervento peritale: una diagnosi tecnica lacunosa
Il primo CTU incaricato ha eseguito rilievi di umidità tramite campionamento di polveri prelevate a tre diverse altezze.
Le analisi hanno rilevato un’elevata concentrazione di umidità (oltre il 40%) in corrispondenza dei punti ammalorati e valori inferiori al 5% alle quote superiori. Sulla base di questi dati, il tecnico ha ipotizzato la presenza di umidità di risalita dal basso.
Tuttavia, tale conclusione è stata fortemente contestata dal CTP dell’impresa, il quale ha evidenziato che i campioni non erano stati prelevati a diverse profondità e che le polveri erano state mescolate, rendendo risultati medi non rappresentativi di punti specifici. Inoltre, non era stato effettuato alcun accertamento diretto sull’integrità della guaina impermeabilizzante, elemento cruciale per confermare o escludere una risalita capillare.
Il secondo CTU e la ripetizione delle indagini
A seguito della rinuncia del primo consulente, il Tribunale ha nominato un secondo CTU, incaricato di ripetere le indagini seguendo una metodologia più rigorosa, con prelievi effettuati a diverse profondità e analisi separate delle polveri, al fine di ottenere dati puntuali e affidabili.
I nuovi rilievi hanno evidenziato valori di umidità superiori al 60% nei blocchi impermeabilizzati, a fronte di un’umidità inferiore al 5% riscontrata negli intonaci applicati sulle stesse porzioni di muratura. Questi dati indicano chiaramente che i primi tre corsi di blocchi sono perfettamente isolati e che non si verifica alcuna migrazione d’acqua verso l’intonaco.
Umidità di risalita o condensa? Due tesi a confronto
Il confronto tra le conclusioni del CTU e quelle del CTP può essere così sintetizzato: il CTU ha ipotizzato infiltrazioni causate da una guaina difettosa, ma tale ipotesi non è mai stata verificata né supportata da evidenze concrete.
Il CTP, invece, ha ricondotto il fenomeno alla condensazione superficiale, basando la propria valutazione su dati oggettivi, riscontri fisico-tecnici e osservazioni in sito. Le evidenze raccolte risultano pienamente coerenti con la lettura del CTP, che si fonda su fenomeni ampiamente conosciuti e su una valutazione precisa della reale entità del danno, limitato a scrostamenti superficiali e localizzati.
Secondo il CTP, la formazione di condensa è compatibile con la presenza di un impianto di raffrescamento a pavimento, associato a una ventilazione interna non adeguatamente controllata. Dal punto di vista fisico, il meccanismo è noto: l’aria umida, raffreddandosi a contatto con superfici più fredde, raggiunge il punto di rugiada e condensa, con conseguente assorbimento dell’umidità da parte dell’intonaco.

L’entità reale del danno e responsabilità
I rilievi hanno evidenziato un danno molto contenuto, limitato a pochi decimetri quadrati di superficie, senza evoluzione nel tempo. Si tratta di vizi puramente estetici, che non compromettono né la salubrità né la funzionalità dell’edificio.
Nonostante ciò, il CTU ha proposto la rimozione dell’intonaco fino a 45 centimetri, con costi elevati e motivazioni tecniche non giustificate. Il proprietario aveva persino richiesto interventi sulla facciata esterna, sebbene privi di fondamento tecnico.
Di contro, la soluzione indicata dal CTP dell’impresa risulta invece più razionale e proporzionata, prevedendo la raschiatura delle sole zone ammalorate, una successiva rasatura e ritinteggiatura con materiali traspiranti, oltre alla verifica delle sigillature dei battiscopa, potenziali punti di ingresso per umidità ambientale, ma anche per acqua utilizzata nelle pulizie domestiche.
Il CTU non ha fornito prove concrete di un difetto esecutivo, basando la propria ricostruzione su mere supposizioni. Al contrario, le analisi di laboratorio hanno confermato l’efficacia del sistema di impermeabilizzazione realizzato. In assenza di prove, non è pertanto possibile attribuire responsabilità all’impresa esecutrice, essendo l’origine del fenomeno da ricondurre a fattori legati all’uso e alla manutenzione.
Conclusioni: il rigore tecnico come antidoto alle presunzioni
Il caso dimostra quanto sia importante basare ogni diagnosi tecnica su dati oggettivi, evitando presunzioni. Le indagini hanno confermato l’assenza di umidità di risalita, l’efficacia dell’impermeabilizzazione realizzata, la natura estetica e superficiale dei vizi, e l’infondatezza delle ipotesi di difetto costruttivo. Tali evidenze non lasciano spazio a interpretazioni soggettive o orientate a confermare convinzioni preconcette.
La vicenda mette in luce come il rigore nell’indagine tecnica sia fondamentale per distinguere correttamente tra vizio costruttivo e fenomeno d’uso. Ma non solo: evidenzia anche l’importanza di una diagnosi accurata per orientare le valutazioni in modo razionale e fondato.
Intonaco
Tutto quello che c’è da sapere sull’intonaco: funzioni, materiali, tecniche di posa, normativa e soluzioni per edilizia e restauro. La guida INGENIO con articoli tecnici curati da esperti.

Muratura
News e articoli che riguardano la soluzione della muratura nelle costruzioni, sia come elemento strutturale che come elemento di tamponamento: progettazione, controlli, evoluzione normativa, casi reali, pareri degli esperti.

Patologie Edili
Scopri le patologie edilizie: fessurazioni, infiltrazioni, degrado del calcestruzzo, muffe. Su INGENIO articoli tecnici e soluzioni per diagnosi, prevenzione e intervento nel recupero edilizio.
Umidità
Umidità da risalita, condensa o infiltrazioni: cause e soluzioni per prevenirla. La sezione INGENIO raccoglie guide tecniche, esempi applicativi e novità su materiali e tecnologie per contrastare il degrado edilizio.
Condividi su: Facebook LinkedIn Twitter WhatsApp