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Un piano marshall per i ponti, per le scuole, per le case ... riflessioni dopo la tragedia di Genova

Andrea Dari, editore di Ingenio, pone alcune riflessioni dopo la tragedia di Genova

"Ventitre anni fa, nella primavera del 1957, sotto l’assillo di dover inventare una inusitata applicazione del calcestruzzo, cioè un ponte con grandissime luci (almeno per allora) per cui non era conveniente ricorrere a strutture spingenti e non era conveniente nemmeno usare strutture metalliche data l’eccezionale aggressività dell’atmosfera è nata la prima idea della struttura strillata omogeneizzata in calcestruzzo.

Poichè da allora e per ventitré anni ho perseverato nell’intento di perfezionare sempre di più un’applicazione che si è subito rilevata particolarmente adatta per contribuire alla conquista di luci sempre maggiori per opere in calcestruzzo armato, ritengo sia interessante ripercorrere questo ormai lungo cammino, rileggendo criticamente le soluzioni adottate per i vari temi, spesso così diversi specialmente dal punto di vista ambientale. ..."

Con queste parole Riccardo Morandi su un articolo pubblicato sulla splendida rivista, "L'Industria Italiana del Cemento", purtroppo chiusa, raccontava nel 1980 la storia dei suoi ponti strallati in calcestruzzo armato. 

Si tratta di un lungo articolo, in cui Riccardo Morandi ci spiega come si è arrivati ai ponti strallati in Calcestruzzo armato e ci fa comprendere la conoscenza che avesse di tutte le materie connesse e l'attenzione che mantenesse su come, nel tempo, la tecnica si evolvesse.

Oggi uno dei suoi ponti è crollato, abbiamo 43 morti da piangere, una città spezzata ... e questo ci porta ad alcune considerazioni.

Il ponte morandi è crollato

Nel 1957 non si usavano programmi di calcolo

Nel 1957 - quando Morandi cominciò a progettare ponti strallati - non si utilizzavano programmi di calcolo, ogni scelta innovativa era fatta sulla base di intuizioni tecniche supportate da un'ampissima conoscenza della scienza e della tecnica delle costruzioni, dei materiali, dei problemi di cantierizzazione, delle valutazioni economiche. Ogni scelta portava a nuove conoscenze e penso di poter dire senza paura di essere smentito che senza Morandi, e le sue scelte ardite, oggi non si sarebbe arrivati ai ponti di grande luce che collegano tutto il mondo. Ma questo non significa che fossero esenti da difetti. 

Accusare ora Morandi del crollo e come accusare Nobel delle bombe, svalutare il genio di Morandi solo perchè alcune delle sue teorie sono oggi superate è come svalutare Sir Alexander Fleming perchè oggi si usano medicine diverse (ma molte che nascono indiscutibilmente dalla sua scoperta).

Al tempo stesso non intervenire su un ponte oggi solo perchè è stato realizzato da Morandi è un errore.

In 50 anni l'ingegneria strutturale ha avuto un'evoluzione incredibile, e così le tecnologie, gli strumenti di calcolo, le norme stesse. Negli anni 60/70 si realizzavano strutture isostatiche, poco robuste in caso di incidente o di un'azione accidentale. Probabilmente è questa una delle cause del crollo. Occorre quindi arrivare a un sistema che oltre all'attività di controllo e manutenzione possa costantemente valutare l'esigenza della sostituzione.

E' questo il concetto deve essere compreso. Le strutture hanno una scadenza che va oltre le previsioni del progetto iniziale. Perchè le previsioni iniziali nascono da delle ipotesi frutto delle conoscenze del momento.

Mi sorprendono, ma fino a un certo punto, che tra le dichiarazioni emerse non sia stata fatta quella che è forse la più banale, la più dimostrata: non esiste un controllo perfetto.

Non esiste un controllo perfetto

Il primo concetto che mi è stato insegnato all'esame di Analisi dei Sistemi è stato quello di controllo: "Ogni processo produttivo, indipendentemente da quanto ben progettato o ben aggiornato sia, è sempre soggetto ad una certa variabilità intrinseca o naturale. Questa variabilità naturale o rumore di fondo è il risultato dell'effetto cumulato di molti piccoli ma ineliminabili fattori costanti o casuali. Un processo la cui variabilità sia provocata solo da fattori casuali verrà detto sotto controllo. Le fonti di variabilità che non sono riconducibili a fattori casuali vengono chiamate "fattori specifici". Un processo che stia funzionando in presenza di fattori specifici verrà detto fuori controllo."

Nei processi si definisce sempre un limite di errore, misurato in n volte sigma (varianza).

Per esempio se approssimativamente il 99.73% dei dati cade in un intervallo distante ±3sigma dalla media allora 1 - 0.9973 = 0.0027 o 0.27% dei dati può cadere fuori dell’intervallo ±3 sigma (o lo 0.27% dei dati cade fuori dei limiti di controllo).

Nel nostro caso andare al di fuori del 3 sigma, ma solo nella parte bassa, vuol dire andare nel rischio del crollo.

Più aumenta il moltiplicatore di sigma più aumentano i costi, ma attenzione: non esiste N x sigma infinito, quindi non è possibile richiedere che la sicurezza sia infinita, esisterà sempre una parte di errore ammessa. I costi crescono asintoticamente con il moltiplicatore di sigma. Lavorare con sigma 2 o sigma 3 non ha una differenza di costi di solo 1,5 volte. Quindi richiedere una sicurezza due volte maggiore non signifia avere costi solo due volte maggiori ...

Nell'ambito della progettazione civile si progetta considerando la sicurezza come una variabile probabilistica. Nella pratica usuale, poi, si utilizza un metodo semiprobalistico. Si usa questo termine perché il metodo consente di effettuare una verifica che abbia valenza probabilistica ma sia eseguita seguendo la metodologia utilizzata nei metodi deterministici, come quello delle tensioni ammissibili.

Anche per quanto riguarda la sismica, oppure i progetti idraulici di fogne e argini alluvionali, si considerano aspetti probabilistici, considerando il tempo medio di ritorno dell'azione: in statistica il periodo di ritorno di un evento, definito anche come tempo di ritorno, è il tempo medio intercorrente tra il verificarsi di due eventi successivi di entità uguale o superiore ad un valore di assegnata intensità o, analogamente, è il tempo medio in cui un valore di intensità assegnata viene uguagliato o superato almeno una volta. Nel caso dei disastri questa è la definizione di “tempo di ritorno” dal NOAA National Center for Environmental Information (NCEI, but formerly NCDC) webpage: … È un modo statistico di esprimere la probabilità di qualcosa che accade in un dato anno. Un evento (tempesta, alluvione terremoto o altro) con tempo di ritorno pari a “100 anni” ha l’1% (= 1/100) di probabilità di accadere in un dato anno. Un evento con tempo di ritorno pari a “500 anni” ha lo 0,2% (= 1/500) di probabilità di accadere in un dato anno. Si accetta un rischio minimo. Non si può quindi avere un controllo assoluto. Vale per le strutture semplici come per quelle complesse, come i ponti.

Per ridurre questo rischio minimo occorre quindi intervenire sul sistema, rendere la struttura meno vulnerabile. Ecco perchè anche le strutture hanno una scadenza: perchè arriva il momento in cui lo stato di degrado della struttura, il superamento delle ipotesi di partenza, e l'innovazione tecnologica ne rendono economicamente e umanamente necessaria la sostituzione.

Un ponte, una chiesa, un edificio: la sicurezza prima di tutto

Intervenire, cambiare l'aspetto, addirittura abbattere o rendere non agibile: non è un offesa a chi ha ideato e costruito quell'opera.

Nel 2016 se il terremoto fosse accaduto a Norcia alle ore 11 della domenica durante la messa avremmo più morti per il crollo della basilica di San Benedetto che per la tragedia del ponte di Morandi. A Norcia non sono crollate le case, sono crollati gli edifici vincolati. La Basilica di San Benedetto del 1300, la cattedrale di Santa Maria Argentea e la chiesa di San Francesco a Norcia sono state distrutte. La parola "vincolate" non è intesa dal punto di vista strutturale ma dal punto di vista normativo.

La basilica di san benedetto a Norcia distrutta dal terremoto

Sono anni che si svolge uno scontro ideologico tra MIBACT, e sovraintendenze da una parte e ingegneri dall'altra: le Chiese non si toccano strutturalmente. Ma poi arriva il terremoto.

Occorre che siano ristabilite le priorità, che MIBACT e MIT su questo tema abbiano un peso paritario.

La sicurezza: un problema ideologico che riguarda il Paese, e non solo per gli edifici vincolati.

In Italia al momento del rogito è necessario avere la certificazione energetica ma della parte statica non si dice nulla.

Milano ha reso obblicatoria la certificazione di idoneità statica degli edifici. Nello specifico è dal 26 novembre del 2014 che il Comune di Milano ha stabilito che gli edifici con più di 50 anni di vita devono essere sottoposti obbligatoriamente alle verifiche di idoneità statica finalizzate all’emissione del CIS (Certificato di Idoneità Statica). Nel novembre 2016 l’Ordine degli Ingegneri della provincia di Milano ha poi pubblicato delle linee guida, definite dal Comune «corrette e univoche al fine di cristallizzare indicazioni operative puntuali per la compilazione della dichiarazione del Certificato di Idoneità Statica (CIS) dei fabbricati più datati, resa obbligatoria dal nuovo Regolamento Edilizio».

Una iniziativa importante, anche qui si parla di 50 anni di vita: eppure nessun comune - per quel che sappiamo - ha fatto una iniziativa analoga.

Gli ingegneri chiedono da tempo l'adozione del fascicolo del fabbricato ma anche questa è lettera morta.

Ora il 30 settembre, insieme agli architetti, scenderanno in piazza per la prima giornata della prevenzione sismica: speriamo sia compresa dai cittadini e chi ci governa.

Ricordiamocelo, in 32 anni in Italia abbiamo avuto oltre 620 terremoti con magnitudo superiore o uguale a 4.0. Dal 2002 abbiamo avuto in Italia 645 morti a causa del sisma. Il costo complessivo dei danni provocati dai terremoti dal 1944 al 2017, rivalutato in base agli indici Istat al 2017, è pari a circa 212 miliardi di euro, circa 2,9 miliardi all’anno. Dal 1960 abbiamo avuto 5553 morti a causa del dissesto idrogeologico. Siamo un Paese fragile, ma che dimentica in fretta le tragedie, e dopo aver cercato ogni volta il colpevole, non cambia le leggi, le regole, non avvia quelle azioni necessarie per essere meno vulnerabili.

Un piano Marshall che non può riguardare solo i ponti

Dopo questa tragedia molti hanno invocato un piano Marshall per i 60.000 ponti italiani. Ma ne serve uno anche per i condomini e le case: il rapporto di Casa Italia stimava in circa 700.000 gli edifici residenziali a rischio sismico. E poi ci sono le scuole. E poi ci sono gli ospedali. E poi ci sono i capannoni ...

Circa il 76,3% del patrimonio immobiliare italiano è realizzato nelle aree che rientrano nelle prime 3 zone sismiche. Gli ambiti ad elevata pericolosità sismica (le zone 1, in cui è possibile l’elevata quota in detrazione per l’acquisto di abitazioni realizzate in sostituzione di precedenti) rappresentano il 10% delle intero bacino “incentivabile”, circa 1,1 milioni di edifici residenziali (rapporto CRESME ISI).

Questo fa comprendere come il problema della sicurezza degli edifici e delle infrastrutture sia molto più grave e complesso di quello che si voglia credere. 

Cosa fare ?

da editore di INGENIO non ho ovviamente le soluzioni per un problema così complesso. Posso solo sollevare l'attenzione di chi ci governa, dei tecnici, del cittadino su questi temi.

Posso però permettermi di auspicare che:

  • non si butti - solo per motivi politici - quanto di buono è stato fatto nel recente passato: sisma bonus, rapporto casa italia, sito ANCI sul monitoraggio sicurezza dei comuni ...;
  • si prosegua, come annunciato dal governo, con la costituzione di una grande banca dati anagrafica degli edifici e delle infrastrutture del Paese;
  • si razionalizzi il patrimonio infrastrutturale e immobiliare del paese, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e sociale di questi anni
  • non si blocchino gli interventi di miglioramento sismico e strutturale degli edifici vincolati solo sulla base di valutazioni di natura architettonica e storica;
  • le scelte di pianificazione sia su larga scala che in ambito urbanistico locale nascano tenendo conto della vulnerabilità del territorio e sia dato maggior peso alle valutazione dei tecnici;
  • si semplifichi il sistema normativo italiano, con norme urbanistiche uniche a livello nazionale, eliminando quei vincoli che rendono impossibile la sostituzione edilizia e il miglioramento strutturale, rendendo più semplice l'aggiornamento delle norme tecniche sulle costruzioni, valorizzando la struttura del Consiglio Superiore dei LLPP, in modo che possa operare anche attraverso uffici locali su tutto il territorio;

perchè il timore è che le giornate di lutto nazionale non siano purtroppo finite con la triste tragedia di questi giorni.

Andrea Dari

Editore di Ingenio


Leggi l'approfondimento realizzato da INGENIO sul crollo del ponte Morandi (viadotto Polcevera) di Genova 


Per comprendere al meglio quanto Riccardo Morandi ci abbia lasciato dal punto di vista tecnico pubblichiamo qui in allegato tre suoi articoli, uno in inglese, due in italiano, con la speranza che nel prossimo futuro le scelte tecniche sulle infrastrutture siano ben meditate, sia le grandi che le piccole. 

 

 

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