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Analisi 3d della risposta sismica locale del colle di Castelnuovo all’evento del 6 aprile 2009

A seguito dell’evento del 6 aprile 2009, l’edificato storico della frazione di Castelnuovo è stato quasi completamente distrutto. L’elevato livello di danno agli edifici è, a prima vista, imputabile sia alla morfologia del rilievo, sia alla presenza di un sistema di cavità ipogee che sottende gran parte dell’edificato. Al fine di comprendere l’influenza di tali fattori sulla risposta sismica del colle, è stato costruito un modello numerico tridimensionale dell’area, col quale sono state eseguite simulazioni dello scuotimento indotto dall’evento principale del 6 aprile 2009, ampliando le conoscenze in merito alla risposta sismica del sito di Castelnuovo.

Sommario
A seguito dell’evento del 6 aprile 2009, l’edificato storico della frazione di Castelnuovo è stato quasi completamente distrutto. L’elevato livello di danno agli edifici è, a prima vista, imputabile sia alla morfologia del rilievo, sia alla presenza di un sistema di cavità ipogee che sottende gran parte dell’edificato. Al fine di comprendere l’influenza di tali fattori sulla risposta sismica del colle, è stato costruito un modello numerico tridimensionale dell’area, col quale sono state eseguite simulazioni dello scuotimento indotto dall’evento principale del 6 aprile 2009, ampliando le conoscenze in merito alla risposta sismica del sito di Castelnuovo.

1. Introduzione
L’intenso danneggiamento prodotto dal terremoto aquilano del 6 aprile 2009 nei piccoli centri anche a distanze epicentrali elevate è correlabile all’estrema vulnerabilità dell’edificato, agli effetti di amplificazione sismica dovuti alle condizioni stratigrafiche e morfologiche locali, e ai forti effetti di direttività che hanno caratterizzato l’evento.
Il rilevamento macrosismico svolto all’indomani del mainshock (Camassi et al. 2009) ha mostrato, infatti, che le località maggiormente danneggiate sono allineate con la proiezione in superficie della faglia, ad esclusione della frazione di Castelnuovo, distante circa 20km dall’epicentro, in cui le condizioni di sito hanno contribuito all’elevato livello di danno, associabile ad un’intensità macrosismica del IX-X grado MCS (Gruppo di Lavoro MS AQ, 2010, Lanzo et al., 2011) Castelnuovo, sorge su un lembo residuo di terrazzo fluviale, elevato circa 60m rispetto alla pianura circostante (870m s.l.m. in cima al colle), di forma leggermente ellittica, con asse maggiore orientato in direzione WNW-ESE ed acclività media dei versanti di circa 15°.
L’intenso danneggiamento degli edifici, da quelli più antichi posti in cima al colle e costituenti il nucleo medioevale del castello, a quelli più recenti del borgo sul versante Sud-Est (Fig. 1), a parità di vulnerabilità stimata dell’edificato, è stato inizialmente ascritto a fenomeni di amplificazione topografica, evidenziati da registrazioni di aftershock elaborate in termini di rapporti spettrali H/V (Gruppo di Lavoro MS AQ, 2010). Un primo approfondito studio numerico di risposta sismica del colle, eseguito in ambito di microzonazione dell’area aquilana, ha evidenziato gli effetti topografici nell’andamento del fattore di amplificazione dell’intensità di Housner calcolato nell’intervallo di periodi T= 0.7-1.3s, in cui ricade la prima frequenza propria di vibrazione del colle, pari ad 1Hz (Lanzo et al. 2011). Al contrario, essi sono completamente assenti nel fattore di amplificazione dell’accelerazione di picco (Lanzo et al. 2011).


Fig. 1 Castelnuovo: vista dall’alto del versante Sud-Est del colle, prima a) e dopo b) il terremoto del 6 aprile 2009. Sono indicati: 1) il nucleo del “castello”, 2) gli edifici del” borgo” costruiti tra il 1945 ed il 1985.

Studi di dettaglio del danno rilevato sul versante Sud del colle (Borghini et al. 2011) hanno ipotizzato che la presenza di un sistema di cavità ipogee, al disotto delle aree edificate del borgo, abbia inciso sulla distribuzione dei livelli elevati di danno, a causa sia di un’anomala amplificazione dello scuotimento in superficie indotta dalla presenza dei vuoti nel sottosuolo, sia dei cedimenti dovuti alle deformazioni nello strato di ricoprimento delle cavità.
Per comprendere l’entità dell’incidenza di ciascuno dei fattori identificati (condizioni stratigrafiche, morfologia superficiale e discontinuità del sottosuolo) sono state condotte simulazioni numeriche su un modello tridimensionale del colle, con il codice di calcolo alle differenze finite FLAC3D v.5.0 (Itasca, 2012). Il segnale accelerometrico per l’analisi di risposta sismica è stato ricostruito dalla registrazione dell’evento del 6 aprile 2009, effettuata in prossimità dell’epicentro, attraverso un modello d’attenuazione opportunamente selezionato. I risultati sono stati resi in termini di distribuzione e andamenti del fattore di amplificazione dell’accelerazione di picco, e dell’intensità di Housner, coerentemente con gli studi precedenti (Lanzo et al. 2011).

2. Modello numerico tridimensionale del colle
Il modello numerico tridimensionale del colle è stato costruito sulla base delle informazioni raccolte durante gli studi di microzonazione sismica dell’area aquilana (Gruppo di Lavoro MS AQ, 2010). L’area di studio è un rettangolo i cui lati, orientati secondo le direzioni parallela, FP, e normale, FN, allo strike della faglia (133° Nord), misurano rispettivamente 700 e 600m (Fig. 2). Il perimetro si sviluppa nelle zone pianeggianti che circondano il colle, al fine di circoscrivere la zona interessata da effetti di amplificazione topografica. Il modello di sottosuolo è costituito da un banco di limi carbonatici di spessore massimo pari a 148m in corrispondenza della cima del colle, sovrastante due strati di materiale di alterazione (brecce, calcareniti alterate) del substrato roccioso di base, costituito da calcareniti mioceniche. In Fig. 2c si riporta lo schema stratigrafico, unitamente alle proprietà dinamiche dei materiali ed al relativo profilo di velocità delle onde di taglio, VS. L’andamento di VS per i limi è stato ottenuto dall’interpretazione congiunta dei risultati di prove down-hole e di colonna risonante, che hanno permesso di descrivere la variabilità del modulo di rigidezza a taglio iniziale, G0, con la tensione media efficace p’ (Marcon, 2011).



Fig. 2 a) Modello 3D, b) area di studio (in blu), c) modello geotecnico di sottosuolo e relativo profilo di VS, d) smorzamento alla Rayleygh e spettro di Fourier dell’accelerogramma in input e).

Tutti i terreni sono stati modellati come mezzi a comportamento visco-elastico lineare: per i limi si è assunto un fattore di smorzamento variabile con la frequenza, secondo la formulazione di Rayleigh (approccio a singola frequenza di controllo), mentre per i materiali degli strati di alterazione e per le calcareniti del substrato roccioso di base, il fattore di smorzamento è stato assunto costante.
Le cavità ipogee presenti nel banco di limi carbonatici sono state rappresentate in via semplificata come cilindri di lunghezza compresa tra 12.5-43.5m (coerentemente col rilievo riportato in Borghini et al. 2011) e diametro pari a 5m. Le cavità con interasse minore di 5m sono state accorpate ipotizzando che la loro influenza sullo scuotimento in superficie equivalga a quella di una singola cavità circolare, di diametro orientativamente pari alla somma delle rispettive larghezze. Le cavità così rappresentate sono state collocate nello spazio del modello geometrico, imponendo che, per ognuna, il baricentro della sezione d’ingresso (sezione rivolta al fronte strada) fosse a una profondità dalla superficie topografica pari a 5m.
Il modello geometrico tridimensionale è stato discretizzato scegliendo opportunamente le tipologie di elementi da usare nella suddivisione dei volumi e assegnando la massima lunghezza dello spigolo, Δlmax, conformemente al criterio suggerito da Lysmer e Kuhlemeyer (1973); i valori di Δlmax sono compresi tra /6 e /8 al fine di ottimizzare i tempi di calcolo, limitando così la banda di frequenze trasmesse a un massimo di 10Hz. Tutti i volumi sono stati discretizzati attraverso elementi tetraedrici e wedge (prisma a base triangolare), ad accezione delle cavità che sono state suddivise in esaedri, imponendo un Δlmax = 2.5m (Fig. 3).
Lungo i contorni del dominio sono state imposte condizioni di free field ai lati e quiet boundaries alla base, in virtù delle quali l’azione sismica è stata applicata come storia temporale delle tensioni tangenziali, calcolata a partire dalla storia temporale delle velocità, derivata dall’accelerogramma assunto come input sismico. Quest’ ultimo è il mainshock della sequenza aquilana registrato alla stazione AQG (Colle Grilli) della rete accelerometrica nazionale (RAN). Tale stazione è posta alla sommità di un rilievo costituito da calcari alterati e fratturati, con bedrock sismico individuato alla profondità di 25m a partire da una prova DH. Assumendo un comportamento visco-elastico lineare dei terreni è stata condotta un’operazione di deconvoluzione 1D con il codice EERA (Bardet et al., 2000) sull’accelerogramma proiettato in direzione parallela, FP, e normale, FN, allo strike della faglia. I segnali così ottenuti sono stati scalati in ampiezza al sito di Castelnuovo attraverso la legge di attenuazione ITA10 (Bindi et al, 2010), in base alla quale l’accelerazione massima al sito è risultata pari a 0.173g (Fig. 2). La sollecitazione sismica è stata applicata soltanto in direzione FP.

Fig. 3 Discretizzazione del modello geometrico 3D: a) vista dall’alto, in rosso le cavità considerate, con riferimento all’edificato (in grigio); b) sezione A parallela alla direzione WNW-ESE con dettaglio della discretizzazione (la lettera indica il litotipo, il numero l’elemento di mesh); c) particolare delle cavità intercettate dalla sez.A.

ALL'INTERNO DELL'ARTICOLO INTEGRALE LE ANALISI NUMERICHE

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