L'ampliamento dello Zealand University Hospital di Køge: i dettagli del progetto interamente sviluppato in BIM
Politecnica, tra le maggiori società italiane di progettazione integrata – architettura, ingegneria e urbanistica, è stata tra le prime realtà italiane ad aver adottato il Building Information Modelling (BIM) che, dal primo gennaio del 2018, viene applicato a tutte le nuove commesse.
Una scelta che nel tempo ha portato la società ha ottenere importanti traguardi, ma anche riconoscimenti, come ad esempio quello ricevuto per la progettazione dello Zealand University Hospital di Køge in Danimarca, tra i vincitori dell'edizione 2020 del BIM&DIGITAL Awards.
Come raccontato dall'Ing. Francesca Federzoni, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Politecnica, l'utilizzo degli strumenti digitali si è rivelato fondamentale per la gestione ottimale della progettazione, delle interferenze e delle computazioni. Inoltre il modello BIM ha permesso di creare simulazioni energetiche e di includere le caratteristiche sostenibili dei materiali come parametri associati agli oggetti.
Progettare in BIM: «Velocità, semplicità e accuratezza»
Ing. Federzoni, Politecnica ha investito nella digitalizzazione e nel BIM da diverso tempo: qual è la percentuale di progetti in corso che si possono definire BIM? Nel dettaglio, quanti in Italia e quanti all’estero?
«Politecnica ha iniziato a utilizzare metodi e strumenti BIM già da molti anni. Dal 1° gennaio 2018 la politica aziendale è l’adozione al 100% per le nuove commesse e oggi, considerando anche le commesse pluriennali, abbiamo raggiunto un buon 80 per cento. Sul fronte dei nuovi progetti, siamo al 95 per cento, perché capita ancora che qualche committenza richieda strumenti più tradizionali, mentre siamo ormai al 100 per cento per per i progetti sviluppati con committenti esteri».
Il BIM nel progetto dello Zealand University Hospital di Køge
Durante l'ultima edizione del BIM&DIGITAL Awards, Politecnica è stata premiata per il progetto dello Zealand University Hospital di Køge in Danimarca, in che modo vi sono tornati utili gli strumenti digitali?
«Il progetto dello Zealand University Hospital, che sarà completato nel 2024, prevede l’ampliamento della struttura ospedaliera, che sarà portata dagli attuali 64mila metri quadri ai futuri 185mila metri quadri. È un edificio di dimensioni enormi e senza la strumentazione digitale, avremo fatto molta più fatica a gestire la progettazione, le interferenze e le computazioni. Senza il BIM saremmo stati più lenti e non avremmo avuto quella maggior accuratezza progettuale ottenibile con il Building Information Modeling. In un’ottica di progettazione integrata, abbiamo chiuso il progetto definitivo in sei mesi e l’esecutivo, attualmente in corso, in un anno. Infine, come terzo elemento, considerando che il progetto esecutivo segue il cantiere, bisogna tenere conto anche della velocità nel recepire le varianti richieste. Perché molto diverso è apportare modifiche su una moltitudine di elaborati scollegati tra loro invece che apportarle all’unico modello da cui si ottengono le diverse tavole modificate».
Sempre riguardo al progetto dell'ospedale, quali sono state le fasi in cui la digitalizzazione è stata più forte e come questo ha inciso sull'efficienza del progetto?
«Il committente, l’Autorità Regionale Danese “Region Zealand”, ha richiesto fin dall’inizio, dalla fase di gara, alti livelli di digitalizzazione che poi ovviamente sono stati approfonditi man mano che si procedeva con la progettazione».
L'uso del BIM per le simulazioni energetiche e la progettazione sostenibile
Per lo Zealand University Hospital il modello BIM ha permesso di creare simulazioni energetiche e di includere le caratteristiche sostenibili dei materiali come parametri associati agli oggetti. Cosa significa in poche parole?
«Il modello BIM rappresenta la base dati dalla quale è possibile accedere direttamente alle caratteristiche degli oggetti che lo compongono, come ad esempio quelle dei materiali che li costituiscono (in termini ambientali può essere il contenuto di riciclato oppure in termini tecnici la reazione al fuoco) o le caratteristiche tecniche delle componenti impiantistiche; tutte queste, ed altre, informazioni vengono caricate nel modello BIM nelle varie fasi dello sviluppo progettuale e di costruzione e ne costituiscono il contenuto informativo, che viene messo a disposizione dei futuri utilizzatori del fabbricato. Sempre a partire dal modello Bim è possibile ricavare geometrie e caratteristiche fisiche con le quali implementare software specializzati nell’esecuzione di calcoli e simulazioni ingegneristiche, come ad esempio l’analisi delle prestazioni energetiche in regime statico e dinamico, quella dell’illuminazione naturale e della qualità dell’aria indoor. Inoltre, è possibile simulare e sperimentare differenti tipologie di involucro a seconda dei materiali che s’intendono usare e questo consente di valutare le diverse risposte energetiche dell’edificio al fine di individuare la soluzione ottimale. La scelta più performante, non è solo tecnica, ma tiene in considerazione tempi, costi e benefici».
Qual era, qual è tuttora, il grado di preparazione e di "digitalizzazione" del Committente? Come ha influito e come influisce sull'efficienza del lavoro e più in generale del progetto?
«Il grado di digitalizzazione è molto alto e contribuisce a migliorare l’efficienza del progetto, ogni anello della «catena» parla lo stesso linguaggio e ha il medesimo livello di preparazione. Anche le imprese di costruzione, Itinera e CMB, hanno sposato appieno tutta la gestione digitale dotandosi a loro volta di un BIM manager che gestisce la documentazione e la costruzione in modo digitale».
Il Building Information Modeling per la progettazione degli ospedali
Tra i tanti progetti da voi curati, rientrano diverse strutture ospedaliere. Avete sempre utilizzato la metodologia BIM?
«Politecnica ha iniziato a usare il BIM nel 2008, mentre dal 2018, come le dicevo, ci siamo imposti che tutti i progetti nuovi fossero sviluppati con il Building Information Modeling a prescindere dalle richieste contrattuali. Il primo progetto in cui abbiamo utilizzato il BIM dall’inizio alla fine sotto tutti i profili disciplinari, è quello dell’ospedale in Danimarca e ciò fa capire quanto il processo di maturazione dell’utilizzo di questi strumenti sia lento: per arrivare a regime ci sono voluti 12 anni. Nel dettaglio invece, l’ospedale di Pordenone è stato il primo che abbiamo progettato con software BIM in una logica di integrazione disciplinare struttura-architettura».
Con l'arrivo della pandemia, molte strutture sanitarie hanno dovuto modificare spazi, reparti e stravolgere alcune aree dell'edificio. Pensa che la progettazione in BIM di queste opere sia fondamentale per affrontare al meglio questo tipo di trasformazioni?
«L’impatto più grande è stato sulle strutture esistenti che sono state ripensate in tempi stretti. Tuttavia, è vero anche che per la progettazione e costruzione delle nuove terapie intensive, l’uso del BIM ha permesso di accorciare i tempi. Per il futuro probabilmente sì, perché il modello digitale di un edificio permette di fare simulazioni in fasi progettuali poco costose e anche per usi diversi degli spazi quando sarà costruito».
La metodologia BIM nei progetti di restauro
In che modo il BIM può essere di aiuto al progettista quando si trova a dover intervenire sull'esistente con lavori di restauro?
«Sul restauro la sfida è grande, intanto perché nelle modellazioni, anche dal punto di vista tecnico, gli edifici sono molto complessi ed è importante riuscire ad avere i soli dati che realmente servono alla progettazione. In alcuni casi si dispone di una mole di informazioni non necessarie che rischiano solo di appesantire il modello dell’edificio. Inoltre, dal punto di vista strutturale, con la modellazione è possibile simulare o ricostruire il modello delle strutture che non si vedono».
Ci può fare un esempio?
«Pensiamo a un edificio complesso dal punto di vista architettonico con a esempio, tanti bassorilievi o elementi di decoro: se devo intervenire a livello strutturale, sarà importante selezionare e scremare i vari dati rilevando solo ciò che davvero serve per quella tipologia di progetto. In più c’è tutto il tema dell’interlocuzione con la Soprintendenza che in Italia è stato sempre delicato. Sarebbe bello poter trovare un linguaggio più moderno e digitale anche legato ai modelli. È una bella sfida».
Il BIM per la riqualificazione urbana di aree dismesse: il progetto dell'Ex Caserma STA.VE.CO
Nel caso del complesso dell'ex Caserma STA.VE.CO di Bologna l'uso del BIM ha permesso di mappare e parametrizzare il degrado materico e strutturale degli edifici all'interno di un sistema informativo unico.
In generale, secondo lei, quali sono le fasi meno digitalizzate del processo? Ci sono aspetti ancora aperti da sviluppare e migliorare?
«Sicuramente la fase di costruzione è ancora da approfondire, guardando all’Italia infatti, non sono ancora tanti i cantieri dove si utilizzano il modello digitale dell’edificio e il Building Information Modeling. Come sempre partono prima i progettisti per i quali è culturalmente e forse economicamente un po’ più facile e poi seguono le imprese di costruzione. Probabilmente, raggiungeremo i massimi benefici quando la digitalizzazione riguarderà anche la gestione e la manutenzione degli asset».
Software BIM: «Ai progettisti? Manca potere contrattuale»
Cosa chiedono progettisti e studi di progettazione al mondo delle software house?
«Per quanto ci riguarda, la richiesta più rilevante riguarda l’aspetto economico. Abbiamo investito tanto a livello culturale e in formazione del personale per l’utilizzo dei software, ma ora siamo un po’ al limite del monopolio e non abbiamo potere contrattuale, per cui credo che su questo tema andrà fatta una bella riflessione. Anzi, in sede europea lo si sta già facendo, diverse società a livello internazionale si stanno interrogando per trovare soluzioni che evitino una escalation infinita».
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