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Professionisti tecnici, in arrivo un superalbo? Intervista a Gian Vito Graziano, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi

Tra le tante novità introdotte dal Decreto Liberalizzazioni in materia di professioni, vi sono alcune abrogazioni e modifiche di coordinamento sul comma 5 dell'articolo 3 del decreto-legge 138/2011. In particolare viene previsto l’inserimento di un richiamo espresso alla riduzione e all’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari.
L’accorpamento di categorie similari consentirebbe una notevole riduzione dei costi di amministrazione degli ordini professionali a livello provinciale, regionale e nazionale, con una conseguente riduzione dei costi anche per i professionisti.

Presidente Graziano, cosa pensa di questa modifica introdotta dal Decreto?
Intendo la modifica come volontà del legislatore di semplificare e razionalizzare il sistema e registro soprattutto l'assoluta novità di porre la questione su base volontaria. Non mi pare che in altre occasioni, soprattutto di recente, i recenti Governi abbiano posto alle professioni condizioni di questo tipo, ovvero abbiano fatto proposte da poter discutere, per poi decidere se accogliere, rifiutare o modificare.
Spero solo che questa opportunità non si configuri come una semplice unificazione a scopo economico, ossia di riduzione dei costi di esercizio, ma possa invece porre le basi per una riforma condivisa delle tre professioni interessate. Spetta ora ai rispettivi Consigli Nazionali saper cogliere l'occasione di non ridurre il tutto ad una semplice unificazione di albi.

Pensata in questi termini, senza specificare principi in base ai quali definirla, la possibilità di accorpamenti potrebbe sembrare una sorta di “condono” per mettere insieme diplomati e laureati?
Si, nell'attuale contesto è lecito pensare che si voglia ridurre la questione ad una mera semplificazione del sistema, ma d'altronde anche nell'ambito delle cosiddette liberalizzazioni i Consigli Nazionali sono stati spesso costretti a definire al loro interno i principi delle modifiche richieste dal Governo. In questo momento la politica governativa pretende infatti di riformare le professioni, senza aver chiaro il quadro entro cui esse si muovono, senza fornire pertanto indirizzi chiari nemmeno degli iter legislativi necessari. Sono però sicuro che le tre categorie interessate dalla proposta di accorpamento siano in grado di fare chiarezza sul percorso formativo e professionale dei loro iscritti e sulle rispettive competenze professionali, che a mio parere rappresentano il primo livello di difficoltà del progetto.

Quali sarebbero le regole da fissare perché l’accorpamento di categorie similari possa essere compiuto nel migliore dei modi?
La regola della generale condivisione con le altre categorie tecniche, ancorché non sia strettamente prevista, faciliterebbe tuttavia il lavoro dei tre Consigli Nazionali direttamente interessati. Allo stesso tempo mi auguro che non si voglia intraprendere la strada di un eventuale allargamento delle competenze, che contrasterebbe con il principio del valore legale del titolo di studio. Se questo dovesse succedere, e mi auguro che questo non avvenga, si vedrebbe svilito l'intero progetto di accorpamento, che si configurerebbe a questo punto in senso del tutto opposto rispetto alle buone intenzioni "sociali" di partenza.
Da alcune sue dichiarazioni, lei vedrebbe più favorevolmente un’alleanza con ingegneri e agronomi che non una fusione. Se sì, in quali termini?
Vedo favorevolmente tutte quelle modifiche agli ordinamenti delle professioni che si reggono su un vero interesse generale della collettività. Ma in questo caso mi chiedo a chi o a cosa servirebbe una fusione tra professionisti che, pur essendo di area tecnica, hanno competenze sostanzialmente diverse. La realtà del mondo professionale è per fortuna molto più avanti di quanto si vorrebbe imporre per legge, laddove non è più possibile concepire progetti e consulenze che non abbiano una valenza multidisciplinare. Le alleanze tra i professionisti sono indispensabili e si fanno sul campo, non si impongono dagli scranni del Parlamento.