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Intervista a Ilaria Segala, Presidente Ordine di Verona

Intervista a:
Ilaria Segala
Presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Verona

 

 


 

Presidente, come stanno gli ingegneri "in città"? Sentono la crisi come nelle grandi aree metropolitane e nelle province?
A Verona possiamo dire che l'Ordine è un piccolo osservatorio attraverso il flusso delle domande e delle offerte che arrivano. In crisi è prevalentemente il settore edilizio legato ai lavori pubblici e privati, altri settori sono meno compromessi, altri addirittura come quello meccanico sembrano non sentirla.

Con il termine "ingegnere" si riassumono un numero incredibile di specializzazioni: strutturale, geotecnico, chimico, elettrico, informatico ... come fa un Ordine di una grande città, con tanti iscritti, ad operare nel "proteggere la professione" con una variabilità così ampia di argomenti e quindi di esigenze?
Il metodo di lavoro scelto da questo consiglio è la suddivisione in aree di specializzazione attraverso 22 commissioni, spesso sono gli stessi iscritti a chiedere l'istituzione di una commissione specifica, l'ultima è stata ad esempio l'ingegneria clinica una specializzazione piuttosto recente dell'ingegneria. Le commissioni presentano un programma al consiglio delle attività siano convegni, corsi di formazione o altro. Questo sistema ha permesso di allargare notevolmente il numero di persone che gravitano e collaborano con l'ordine potendo così anche capire le diverse esigenze e le difficoltà dei vari settori.

Come suddetto l'Ordine nasce per "tutelare" la professione. Può farmi qualche esempio su come l'ordine esercita questo suo dovere istituzionale?
Tutelare il cittadino in primis, quindi il primo dovere istituzionale sono i procedimenti disciplinari, e non sono pochi.

Il suo Ordine come si sostiene? Riceve un sostegno dallo Stato o altre istituzioni per poter effettuare il proprio compito deontologico?
L'unico sostegno sono le quote annuali degli iscritti.

Si parla oggi molto di valore legale del titolo di studio, di certificazione delle competenze, di abolizione e modifica dell'esame di stato. Cosa ne pensa?
La certificazione delle competenze ritengo sia un progetto utile e ambizioso, sarebbe da affrontare a livello nazionale per creare uniformità di metodo. Ritengo che valore legale del titolo di studio debba essere mantenuto così come l'esame di stato, il recente sondaggio via internet va in questa direzione.

Sul Tirocinio recentemente il presidente del CNI ha espresso una proposta che a noi sembra molto valida: un tirocinio non obbligatorio ma che dia vantaggi per il superamento dell'esame di stato. Qual è la sua opinione?
Finalmente si parla di tirocinio non obbligatorio, questo è un cambio di rotta che approvo del nuovo CNI. Di questi tempi proporre di allungare a tutti i giovani ingegneri di altri 18 mesi il periodo di studi non mi sembrava opportuno, soprattutto poi quando hanno cancellato le parole "equo compenso"

Tra i temi oggetto di dibattito vi è quello della formazione continua. Cosa ne pensa, si può applicare il modello dei geometri (crediti minimi) o ritiene più utile effettuare scelte diverse?
Il sistema dei geometri, a sentire la loro sperimentazione, non è andato a buon fine, così come qualche ordine che ha provato una fase sperimentale di formazione obbligatoria, che si fa a chi non ascolta e non ottiene nemmeno i crediti minimi? Procedimento disciplinare? Ci intaseremmo per la formazione continua. Una proposta è quella di segnalare in terne o richieste di lavoro solo coloro che sono in regola con la formazione, ancora credo il dibattito è aperto.

Vorrei che lanciasse un messaggio a tutti i nostri lettori, su un tema che le è caro.
Cosa c’è ancora da liberalizzare per gli ingegneri?
L’80% passa l’esame di stato al primo colpo.
Non ci sono più minimi tariffari né riferimenti a seguito del decreto Monti.
Non c’è il tirocinio professionalizzante.
Nessun numero chiuso nelle università.
In 10 anni il numero di ingegneri è raddoppiato.
L'Ordine degli Ingegneri di Verona non si sente una casta!!!

Inoltre il problema dei crediti verso la pubblica amministrazione attanaglia anche i nostri iscritti. La legge europea e nazionale prevede che le amministrazioni pubbliche saldino i creditori nel tempo massimo di 30 giorni mentre la prassi abituale è che occorre attendere mediamente 6-9 mesi, arrivando a punte anche superiori a 12 mesi. Le difficoltà che si creano per gli operatori economici sono enormi e si ripercuotono a livello sociale anche sui loro lavoratori dipendenti, come testimoniato dai drammatici gesti personali compiuti a Verona e nel Veneto.