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Esperienze nell’ambito della pianificazione dell’accessibilità in ambito urbano: il caso di Arezzo e Pisa

L’articolo illustra le metodologie messe appunto per la pianificazione del superamento delle cosiddette barriere architettoniche in ambito urbano in relazione alle esperienze realizzate per le città di Arezzo, Pisa, Jesi, L’Aquila, Viareggio, Prato.

 

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Interventi realizzati nella citta di Pisa e Arezzo a seguito dell’adozione del PEBA. I cerchi rappresentano gli interventi su piazze, i pallini interventi puntuali, i pallini viola gli interventi su edifici, le rette interventi su percorsi. Il perimetro rosso l’area del piano. Luca Marzi

 

Di tali esperienze oggi possiamo misurarne il feedback nei termini sia di interventi realizzati (opere di superamento o attenuazione dei conflitti uomo-ambiente rilevati) sia nei termini delle metodiche gestionali (organizzative e operative).

La metodologia, nei citati casi studio, si è articolata secondo approcci partecipati nei quali i gruppi di lavoro hanno affrontato i temi della verifica dell’accessibilità e fruibilità (auditig) attraverso metodiche afferenti ai sistemi di rilievo ambientale, verificando le condizioni dell’insieme di percorsi esterni (strade e piazze) e delle strutture (edifici).

Nel presente articolo si vanno a illustrare, come casi esemplificativi, le attività che sono state effettuate nei centri storici delle città di Arezzo e Pisa ovvero in quegli ambiti nei quali le attività di pianificazione (attraverso l’analisi, validazione, programmazione e realizzazione degli interventi) si sono sviluppati con successivi step temporali (aggiornamenti) permettendo la misurazione delle pragmatiche ricadute che la pianificazione dell’accessibilità ha avuto sul territorio.

 

Pianificare l’accessibilità in ambito urbano

Possiamo affermare che se il fine principale della accessibility-planning è quello di generare ricadute tangibili sugli spazi e sulle funzioni contenute nell’ambito urbano, è altrettanto assodato che l’obbiettivo di una piena accessibilità si può raggiungere solo attraverso politiche territoriali coordinate.

Se infatti è assodato che i temi dell’accessibilità abbracciano competenze multi prestazionali, ovvero interessano in modo trasversale più settori operativi delle pubbliche amministrazioni (PA), risulta necessario che, “verso un processo etico di sviluppo sociale” (Conti, Tatano, 2018), siano definiti linguaggi (formati) capaci di far dialogare gli ambiti pludisciplinari in modo tale da garantire un flusso informativo costante e affidabile.

Nel contesto nazionale le tematiche dell’accessibilità hanno trovato una risposta nei Piano di Superamento delle Barriere Architettoniche (PEBA) virati, in alcuni ambiti regionali, nei Piani dell’Accessibilità o nei PAU (piani di accessibilità urbana).

Questi specifici strumenti hanno il compito di guidare le amministrazioni nella progressiva e coordinata attività di superamento dei conflitti tra l’utente e l’ambiente (barriere architettoniche) nel quale il fruitore, al di là della sua tipologia e condizione di disabilità, svolge le proprie geometrie di uso.

Quindi, con un approccio di tipo human-centered design, il tema della pianificazione dell’accessibilità urbana interessa tutto il corpo delle persone reali ovvero “quegli utenti che sono al centro delle azioni decisionali di progetto, perché costituiscono il sistema ambientale integrato spazio/attività in cui si possono cogliere le relazioni tra utente, strutture/funzioni corporee, diverse abilità, processi di partecipazione e fattori individuali” (Ladiana et al., 2015).

Sinteticamente possiamo riassumere gli obbiettivi del PEBA in 4 punti principali (Marzi, 2018):

  1. Raccogliere le informazioni necessarie ad acquisire un quadro esaustivo delle tematiche in tema di accessibilità urbana. Misurando la qualità dell’abitare urbano nei contesti specifici di afferenza della PA, per identificare i relativi bisogni degli utenti in rapporto agli spazi e alle relative attività che si svolgono in essi.

  2. Adempiere alle norme vigenti in materia e quindi realizzare gli elaborati necessari alla adozione del piano all’interno degli strumenti edilizio-urbanistici vigenti.

  3. Realizzare uno strumento programmatico d’intervento in grado di definire una linea di intervento atta a rimuovere le criticità rilevate secondo stralci omogenei in grado di accrescere il livello di accessibilità e sicurezza della rete dei servizi e degli spazi urbani contigui.

  4. Creare una condivisione delle tematiche su diversi livelli al fine di accrescere una conoscenza comune delle tematiche di riferimento.

Parafrasando l’assunto che la “pianificazione dell’accessibilità è un processo piuttosto che un prodotto e cioè che esprime una tensione verso un obiettivo, più̀ che l’obiettivo stesso” (Lauria, 2014), le fasi di un piano dovrebbero privilegiare un flusso circolare, piuttosto che sequenziale, nel quale rilievo, pianificazione, attuazione degli interventi, seguono un percorso di continuo aggiornamento e verifica, e quindi di miglioramento.

 

La pianificazione dell’accessibilità nei casi della città di Arezzo e di Pisa

Come accennato entrambe le esperienze, sebbene riguardano ambiti urbani con caratteristiche morfologiche-territoriali profondamente differenti, sono state pianificate con la medesima metodologia operativa.

In entrambi i casi i piani sono stati realizzati con l’ausilio di un gruppo di lavoro partecipati composti da differenti rappresentati dei settori delle PA e delle associazioni. Entrambe le esperienze hanno riguardato l’analisi dei centri storici (il centro storico della città delimitato dalle cerchie murarie) con un patrimonio edilizio ed infrastrutturale simile per caratteristiche tipologico - funzionali e per classificazione urbanistica (sistema dei vincoli).

In entrambi i contesti la fase progettuale ha richiesto un approccio integrato con le figure istituzionali incaricate di vigilare l’integrazione degli interventi rispetto all’ambito storico-paesaggistico di riferimento. Entrambe le esperienze hanno agito con una continuità temporale di più cicli amministrativi.

Arezzo: fruibilità e accessibilità del centro storico

Nel 2015 l’amministrazione comunale della città di Arezzo ha iniziato, in un processo definito per stralci territoriali omogenei corrispondenti ai principali distretti urbani, l’aggiornamento del PEBA. Tale aggiornamento è stata l’occasione di verificare le trasformazioni urbane relative alle tematiche della fruibilità e accessibilità rispetto alle azioni intraprese nel decennio precedente.

Il PEBA è stato definito per fasi di cui la prima ha riguardato il centro della città e i principali servizi e percorsi che si ricollegano alle sue aree limitrofe.

L’analisi delle ricadute di oltre 10 anni di attività di trasformazione ci hanno restituito una condizione dell’accessibilità urbana profondamente mutata.

Gli interventi puntuali realizzati, a seguito del primo piano del 2005, hanno reso accessibili i connettori pedonali (percorsi e attraversamenti) tra l’area del centro storico e le aree limitrofe. I principali assi urbani del centro storico, quali il Corso Italia e la Via Petrarca - Crispi, e le Piazze di S. Agostino, Risorgimento, Repubblica sono state ristrutturate, con un incremento delle aree e dei percorsi ciclo-pedonali risolvendo parte dei problemi di accessibilità delle afferenti funzioni commerciali, attraverso la modulazione delle quote dei piani delle pavimentazioni con gli accessi delle strutture.

I servizi comunali sono stati trasferiti da una serie di sedi decentrate ospitate nei palazzi storici, sostanzialmente inaccessibili, a un nuovo centro polifunzionale, ricavato dal recupero delle ex caserme ospitate in un lotto del centro storico, in grado di assicurare una accessibilità allargata e una maggiore raggiungibilità garantita da servizi di parcheggio e trasporti dedicati.

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Il presente articolo è tratto dagli atti della Giornata nazionale di studi "L’accessibilità nel patrimonio architettonico. Approcci ed esperienze tra tecnologia e restauro", tenuta il 24 gennaio 2020 presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Palermo.

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