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Finanza Sostenibile e Responsabilità Sociale

“Non sono le persone al servizio dell’economia, ma l’economia al servizio delle persone” (Ursula von der Leyen).

Qual'è l'obiettivo della Finanza Sostenibile

L’obiettivo della finanza sostenibile è creare valore a lungo termine indirizzando i capitali verso attività che supportano la transazione dell’economia in coerenza con gli obiettivi ONU 2030 e con l’accordo di Parigi sul clima

È l’incipit con cui da tempo si introduce l’argomento della «finanza sostenibile» il cui ruolo diviene di giorno in giorno sempre più rilevante quale «strumento» per la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo. Uno sviluppo coerente con la Responsabilità Sociale delle Organizzazioni il cui scopo sia finalizzato non solo alla produzione di profitto per le attività e gli investimenti, ma anche, se non soprattutto, al perseguimento del benessere e della qualità della vita delle persone (sostenibilità ambientale-economica-sociale).

Finanza Sostenibile e Responsabilità SocialePer questo, in un approccio in cui gli «obiettivi dell’Agenda ONU 2030 e l’accordo di Parigi sul clima» sembrano equiparati in termini di gerarchia di valore, il primo problema che ci si deve porre - dato certo l’obiettivo del clima - è quali degli obiettivi 2030 con la di cui quella finanziaria è una componente fondamentale), alla  uguaglianza di genere, all’acqua pulita, alla energia pulita e accessibile, al lavoro dignitoso, alla riduzione delle diseguaglianze, alle città sostenibili, al clima stesso, alle Istituzioni forti. per la pace e la giustizia

Occorre quindi chiarire se avendo definito il clima (uno dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030) una priorità per la finanza sostenibile (almeno sintattica rispetto a tutti gli altri obiettivi), con quali risorse e quali modalità si intendano perseguire tutti gli altri. 

Un aspetto non secondario considerato che tutta la letteratura economica, i commenti e gli indirizzi politici, sembrano concentrati prioritariamente sull’aspetto ambientale e sull’eco sostenibilità. 

Un punto, forse un equivoco – se tale è opportuno chiarirlo - su cui lo stesso Regolamento UE 852/2020 sulla finanza sostenibile (unico documento politico esistente nel sistema istituzionale globale), non fa sufficiente chiarezza considerato che solo al punto c) dell’articolo 3 «Criteri di ecosostenibilità delle attività economiche» si fa rinvio all’18 «Garanzie minime di salvaguardia» in cui le stesse vengono definite come “le procedure attuate da una impresa che sia in linea con le linee guida OCSE..e con i Principi guida ONU sui diritti umani ed i diritti fondamentali  nel lavoro e dalla carta internazionale dei diritti dell’uomo".

Un indirizzo significativo, su cui bisogna però lavorare alacremente per evitare sottovalutazioni e poter concretizzare nei fatti il motto della presidente von der Leyen sulla centralità della persona nell’economia.

Sia ben chiaro, alla luce dei fatti e delle criticità che quotidianamente si presentano, nessuno discute sull’importanza «per tutti» della sfida climatica e l’urgenza di porvi mano.

Un obiettivo che in sé, per i suoi effetti (siccità, carestie, eventi climatici estremi, mobilità umana forzata) in qualche modo si lega a molti degli obiettivi dell’Agenda 2030. Ma, considerato che si parla di finanza e conoscendone la predilezione alla autoreferenzialità utilitaristica, il rischio è che, nelle maglie larghe della sostenibilità (nucleare, gas!), esso sia di per sé una giustificazione per soddisfare la fame di reddittività degli investitori finanziari (il denaro che produce denaro ci ricorda sempre papa Francesco) e come tale, faccia passare in secondo (terzo luogo, quarto o oltre) gli altri obiettivi come la povertà zero, la fame nel mondo, la salute e il benessere, le disuguaglianze, il lavoro dignitoso, le città sostenibili (e accessibili), le Istituzioni forti e la Pace e la Giustizia.

Un aspetto che nel corrente anno, con la nuova crisi indotta dalla guerra di Putin, è diventato sempre più emergenziale aumentando la divaricazione tra gli obiettivi e la realtà di cui sono già evidenti le tensioni sociali in tutto il globo. 

Un aspetto anche questo che, è vero, viene quotidianamente sottolineato, anche se purtroppo sempre in modo segmentato e settoriale e mai in modo organico e strategico, né nei fatti, né nei commenti e nelle opinioni sempre più tra loro contrastanti. 

Così per l’energia, constatato il fallimento delle politiche di mercato del modello neoliberista, si pensa ad un nessuno però parla delle plusvalenze della finanza: fosse anche solo per la loro rilevante incidenza sull’equilibrio delle finanze pubbliche).

Così il rapporto OXFAM sulle disuguaglianze rileva un aumento di 300 milioni di persone che si aggiungono ai 700 milioni che vivono con meno di 1,9 dollari al giorno in povertà estrema (in Italia le persone in difficoltà –dato INPS- sono oltre 10 milioni: il 20% della popolazione).

Così anche nel nostro Paese la sicurezza sul lavoro e una retribuzione adeguata (sancita e riconosciuta dall’articolo 36 della Costituzione) sono ancora lontane dall’essere una realtà, così i giovani rifiutano lavori con salari inadeguati (4 milioni di occupati guadagnano meno di 1.000 € lordi mese) e l’industria dà la colpa della mancanza di manodopera al reddito di cittadinanza (la media delle retribuzioni dei primi 10 top manager in UE nel 2020 è 646 volte superiore alla media della retribuzione di un operaio – dati Corriere della Sera). 

Così le città subiscono gli effetti della «gentrificazione» con un progressivo cambiamento socioculturale per l’espulsione delle classi povere a vantaggio di quelle agiate (un fenomeno evidente a Washington, New York, San Francisco, ma non meno grave nel degrado delle nostre periferie abbandonate a se stesse e nelle quali è difficile spendere anche i «fondi pubblici» dell’ecobonus e del 110%.).

Così Poste Italiane ha chiuso il bilancio 2021 con un profitto di 1,6 miliardi e l’amministratore delegato ha ricevuto una retribuzione di oltre 2 milioni. Il cittadino però, per il ritiro di una raccomandata, deve fare ore di coda perché il totem che definisce le priorità dei servizi (postali e finanziari) privilegia quelli finanziari ad alta remuneratività rispetto al servizio pubblico postale essenziale per le persone.

Così secondo il CENSIS solo il 20% della popolazione mondiale vive in libertà (il 7% in Africa, 5% in Asia, 4% in Medioriente) e la crisi del modello delle democrazie occidentali liberali, la divisione ed i contrasti nell’Occidente tra i governi e le persone, sono una delle motivazioni di Putin per giustificare la guerra in Ucraina.

Così l’inflazione scatenata dalle sete di potere degli autocrati con le guerre armate e dagli oligarchi con le guerre economiche, galoppa (in Italia costerà 92 mld solo el 2022), aumenta le disparità e rende sempre più «grama» la vita dei meno abbienti.

Una condizione per cui - anche per la complessità dei temi ed i messaggi contraddittori che si riversano sull’opinione pubblica - sempre più le relazioni fra le persone retrocedono dalla collaborazione, al conflitto, dal bene comune all’esasperato individualismo, dalla speranza e fiducia alla disaffezione e al cinismo. 

Un fatto per cui, oltre alla «violenza delle armi», si parla  (lo fa la ministra Bonetti parlando di diseguaglianza gender e di emarginazione delle donne) anche della «violenza economica» 

In tutto questo che fare con la «finanza sostenibile». 

  • Rendere la finanza da esoterica ad accessibile e comprensibile ad una più larga fascia di persone (l’educazione finanziaria diffusa è un modo) per contrastare speculazioni e prevaricazioni spesso generate dal suo stesso (voluto?) esoterismo (R. Thaler ha ricevuto il Nobel sul tema parlando di economia comportamentale).
  • Rendere le comunicazioni commerciali chiare, oneste, misurabili nei contenuti e nei messaggi per evitare che il greenwashing distrugga e mini la credibilità della stessa parola Sostenibilità.
  • Individuare gli elementi del Corporate Social Responsability per valutare e misurare il reale impatto della finanza sul capitale umano e sociale, sia per la natura dei beni, sia per l’impatto ambientale-sociale-economico dei processi di produzione. Un tema su cui gli esperti di rendicontazione contabile si stanno misurando da tempo e che è indispensabile accelerare anche per la finalità della qualificazione e certificazione delle «procedure delle imprese» ai sensi dell’art 18 del R.U. 852/2000 (un elemento che potrebbe essere utile anche ai fini reputazionali per la selezione dei fornitori e delle imprese nel public procurement).

Ma soprattutto, come da più parti si sostiene, occorre aumentare la partecipazione e la cittadinanza attiva delle persone nelle decisioni e nei processi economici e politici, anche tramite un rinnovato ruolo delle Forze Sociali ed Economiche Intermedie. 

Una situazione già sperimentata ad esempio nelle comunità energetiche nel welfare co-progettato, nel risparmio nel consumo responsabile (anche questi temi trattati dalla economia comportamentale) e, non da ultimo, nella «normazione pattizia condivisa» per la definizione delle regole volontarie nei rapporti commerciali e sociali.

La sostenibilità però, come ha sottolineato Enrico Giovannini quando ancora non era ministro nel libro «Utopia Sostenibile», oltre ai tre pilastri ambientale-economico-sociale, ha un quarto ed imprescindibile elemento, quello Istituzionale.

Per questo, come ha scritto l’Arcivescovo Matteo Zuppi, serve una revisione del modo con cui le Istituzioni svolgono la loro funzione. In primo luogo è indispensabile un nuovo approccio culturale organizzativo – da lavoro a servizio - che dall’autoreferenzialità contorta su se stessa ed alla spasmodica ricerca di risorse per sostenerla, evolva verso forme di dialogo collaborativo con i Corpi Intermedi economici ed il Terzo Settore. Ciò al fine di «costruire un orizzonte di senso comune», rispondere ai bisogni delle persone, fornire servizi innovativi (salute, istruzione trasporti, bambini ed anziani, cultura e sport, città sostenibili) anche attraverso politiche fiscali agevolative e redistributive.

Parafrasando il motto della presidente von der Leyen, in un mondo sempre più aperto e globale, non è il cittadino al servizio dello Stato (la chiamata alle armi quale limite estremo), ma lo Stato (gli Stati) al servizio dei cittadini.

Per questo ricordando la definizione di sostenibilità della Commissione Brundtland “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che consenta alle generazioni presenti di soddisfare i propri bisogni senza compromettere alle generazioni future di soddisfare i propri”, il centro della attenzione e delle azioni devono essere i giovani.

In questo possono essere utili due recenti riferimenti.

La prima è la ricerca dell’Università IULM di Milano svolta dall’istituto Macno sulle percezioni e sulle attese dei giovani in cui risulta che il 90% ritiene importante vivere in un paese democratico (parità di diritti, libertà di espressione, rispetto dell’altro) ma che - in una società sempre più liquida - rileva deviazioni verso l’individualismo anche come forma di protezione verso l’inadeguatezza della funzione collante delle Istituzioni e, come dice Francis Fukuyama, dell’inadeguatezza del modello socio-economico degli ultimi anni.

La seconda è la scelta dei temi sulle tracce fornite per l’esame di maturità di quest’anno. 

Ad iniziare dalla attenzione alla traccia sulla potenzialità ed rischi dell’iper-connessione informatica a cui i giovani hanno congiunto l’attenzione e i rischi per la centralità della persona; a quella sul linguaggio della musica come linguaggio universale sperimentata da Oliver Saks nella sua attività neurologica; a quello sulle relazioni umane ed i rischi della emarginazione del razzismo ispirato dalla vita di Liliana Segre; a quella sul legame tra clima, ambiente e la solidarietà umana tra le persone sostenuta da Giorgio Parisi.

Ma forse lo spunto più importante che possiamo trarre dalle tracce dell’esame di maturità di quest’anno è quella tratta dal libro di Luigi Ferraioli “Perché una costituzione della terra” che sviluppa il tema del costituzionalismo del diritto internazionale al fine di sottoporre i poteri degli Stati ai valori inviolabili quali la salute, l’ambiente, l’istruzione, la pace e la dignità delle persone al fine di superare le disuguaglianze economiche e sociali che squilibrano il mondo.

Un aspetto che ci riporta alla «finanza sostenibile», al clima ed agli obiettivi dell’Agenda ONU 2030. Obiettivi approvati all’unanimità dall’Assemblea ONU nel settembre 2015 e che, nel mondo globale, potrebbero ben rappresentare una base per l’obiettivo del costituzionalismo della terra con l’ONU come Istituzione di riferimento.

Le ripetute divergenze, in particolar modo in questi ultimi mesi (divisioni nella Assemblea Generale, l’esercizio del potere di veto riconosciuto ai 5 componenti del Consiglio di Sicurezza) sono però un segno di debolezza ed inadeguatezza dell’ONU che, ha scritto Mauro Magatti  “È una eredità fragile dell’ultimo conflitto mondiale, …ma solo l’ONU, alla fine di trent’anni di globalizzazione sregolata, può essere la sede istituzionale attorno a cui costruire la pace e disinnescare il disegno distruttivo di Putin … Non è un percorso facile. Ma occorre fare di tutto per evitare che ad affermarsi sia solo l’immaginazione della «vittoria militare»… al prezzo di milioni di vittime e, probabilmente, della distruzione del pianeta.

Una idea che può diventare un progetto politico dell’Europa che può partire dalla sua storia – CECA, MEC, CEE – con cui ha posto rimedio alle disastrose guerre fratricide della prima metà del secolo breve. Una storia che è contrastata e minimizzata da Putin e dai sostenitori delle democrazie illiberali e del  capitalismo senza democrazia ma, con tutti i suoi limiti e la necessità di riforme, è un esempio di come si possano limitare i poteri e gli abusi degli Stati nazionali (anche le guerre) costruendo una democrazia liberale aperta fondata su valori condivisi, in cui la dignità della persona è al centro.

L’Europa come esempio politico e amministrativo, con tutti i suoi strumenti per la definizione delle regole della libera circolazione delle persone e delle merci, di cui la le procedure attuate dalle imprese) e la fiducia dei consumatori (caratteristiche dei prodotti).

Un sistema a cui a livello europeo aderiscono tutti i paesi membri UE e paesi non membri, in una sorta di Unione regolatoria volontaria delle attività economiche, e sempre più sociali. 

Un sistema che a livello internazionale raggruppa in ISO 164 paesi di 182 paesi ONU e basa la sua legittimazione sui principi dell’apertura, della trasparenza, della indipendenza, della coerenza. Una organizzazione che può offrire all’ONU il medesimo supporto che offre alla Unione Europea per la libera circolazione dei prodotti, servizi, persone e che ha già in sé, nelle norme (standard) in essere ed in quelli in elaborazione, molti degli elementi utili anche per meglio definire il ruolo della «finanza sostenibile» (l’educazione finanziaria per la semplificazione e l’accessibilità), le caratteristiche delle attività economiche (le asserzioni etiche per la sostenibilità dei prodotti) e la Corporate Social Responsability con la valutazione e misurazione dell’impatto delle attività economiche sul capitale sociale, umano ed ambientale (progetto DINTEC SUSTAIN--ability delle Camere di Commercio

Un piccolo contributo per sviluppare una «finanza sostenibile con responsabilità sociale» in una economia al servizio delle persone in coerenza con tutti i 17 obiettivi della Agenda ONU 2030

“È la nostra sfida, quella di un mondo nuovo che rispetta le persone, la natura e crede in una nuova economia. La speranza siamo Noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno,. Quando non alziamo muri ai nostri confini. Quando combattiamo ogni forma di ingiustizia.”  - David Sassoli Natale 2021 -