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Certificato di agibilità e titolo edilizio/SCIA: non c'è collegamento! Il primo non esclude l'abuso edilizio

Tar Toscana: l’immobile che risulta abitabile ma è realizzato in modo difforme dal progetto approvato resta sanzionabile sul piano edilizio e urbanistico

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Ci risiamo: delle differenze e dei parallelismi anche paradossali tra certificato di agibilità (o SCA, segnalazione certificata di agibilità) e permesso di costruire ne abbiamo già parlato di recente commentando una sentenza del Tar Milano, ma per chiarire ancor meglio il concetto ci viene in soccorso il Tar Toscana, che nella pronuncia 348/2019 ha affermato che l'immobile che risulta abitabile ma è realizzato in modo difforme dal progetto approvato resta sanzionabile sul piano edilizio e urbanistico. Ciò perché i due titoli (agibilità e SCIA o permesso di costruire) infatti non si equivalgono ma sono legati a presupposti diversi e non sovrapponibili.

Il paradosso dell'agibilità senza conformità edilizia

Paradosso? A volte sì, ma per la normativa urbanistica non più di tanto visto che i presupposti, appunto, sono diversi. Nel 'nostro' caso, nel lontano 1957 veniva rilasciato il certificato di abitabilità per un fabbricato composto da 4 unità abitative, oltre che per gli appartamenti del primo e del secondo piano, anche per i quattro fondi siti al piano terreno, considerati come unità residenziali che, in effetti, come tali venivano accatastati e commercializzati.

Quindi, nel 2012, veniva presentata richiesta di accertamento di conformità in sanatoria per le opere di ristrutturazione e cambio di uso da magazzino a civile abitazione.

La richiesta di sanatoria era relativa anche alle modifiche effettuate nell’immobile quanto all’altezza interna di ml 2,58, anziché ml 2,70, dei locali ad uso magazzino, modifiche realizzate in corso d’opera del fabbricato in difformità dalla licenza edilizia del 1956, precisando che nel certificato di abitabilità del 1957 era stata erroneamente riportata la presenza al piano terra di n. 4 appartamenti, anziché 4 fondi ad uso magazzino, con altezza di cm. 230 in contrasto con i requisiti minimi di abitabilità e cioè cm. 270. In data 17.12.2012 l’Amministrazione rilasciava l’attestazione di conformità in sanatoria, ai sensi dell’art.140, comma 6, della legge reg. n.1/2005, che regolarizzava i locali del piano terra come magazzino, non più conformati come unico vano in esecuzione della licenza edilizia del 1956, ma frazionato in più locali con un’altezza diversa da quella autorizzata.

Quindi, ad inizio 2013, il proprietario presentava segnalazione certificata inizio attività (SCIA) per la realizzazione di opere di ristrutturazione interna al fine di modificare la destinazione d’uso da magazzino a civile abitazione. L'Ufficio Edilizia Privata del Comune richiedeva chiarimenti sui lavori e ne disponeva la sospensione qualora iniziati. Successivamente veniva sollecitata la dimostrazione della conformità dell’intervento proposto con le norme dell’allora vigente Regolamento Urbanistico e del Regolamento Edilizio Unificato e venivano inoltre riscontrate difformità quanto all’altezza, relativamente alle altre tre unità poste al piano terra del medesimo fabbricato, per le quali erano state presentate istanze di condono per la trasformazione da magazzini ad abitazioni civili. Sulla base del parere dell’Avvocatura comunale, in data 2.12.2013 il Comune comunicava agli interessati l’inefficacia del deposito della SCIA. Da qui il ricorso

Edificio agibile ma abusivo: ci può stare. Ecco perché

Il Tar non condivide quanto affermato dai proprietari del fabbricato, poiché come rilevato dalla difesa del Comune, la funzione e le modalità di rilascio del certificato di abitabilità sono regolate dall’art. 24 del DPR 380/2001 secondo cui detto certificato accerta “La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato…”.

Secondo la norma citata ed il successivo art. 25 la certificazione avviene attraverso la segnalazione certificata di inizio di attività asseverata e documentata dai competenti professionisti.

Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono perciò collegati a presupposti diversi e non sovrapponibili, dato che il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, essendo stato sottolineato che i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell'edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza. (Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3212 id., sez. IV, 24 ottobre 2012 n. 5450; id, sez. V, 30 aprile 2009 n. 2760).

E’ dunque paradossalmente possibile che un edificio sia eseguito in difformità dal titolo edilizio rilasciato ma rispetti le norme di igiene, sicurezza e contenimento del consumo energetico indicate dall’art. 24 seguendone che, in tale ipotesi, l'edificio è agibile (e quindi può essere rilasciato il certificato di agibilità), ma difforme dal progetto approvato e quindi sanzionabile dal punto di vista urbanistico-edilizio.

Accatastamento e affidamento sono irrilevanti

Per il Tar Toscana, infine, sono assolutamente irrilevanti l'accatastamento dei locali e l'affidamento del privato: il primo costituisce solo un adempimento di tipo fiscale, l'altro non può essere tutelato nonostante l'inerzia dell'amministrazione nel reprimere l'abuso edilizio.

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