Copertura o Compensazione? La verità sull’uso delle rinnovabili nell’edilizia
Copertura e compensazione rappresentano due approcci distinti all'uso delle rinnovabili. Analizziamo le implicazioni tecniche, normative ed economiche di ciascun approccio, con esempi pratici e simulazioni tramite E-Balance, per supportare progettisti e professionisti nell’ottimizzazione dei consumi.
Capire la differenza tra energia utilizzata e compensata e massimizzare l’autoconsumo
Da parecchio tempo si parla di utilizzare le fonti rinnovabili per mandare avanti il mondo, in sostituzione delle fonti fossili.
Le argomentazioni sono sempre le solite: inesauribili, nessun inquinamento (?), nessuna emissione di CO2 (?), gratuite (?)… Cosa si poterebbe volere di più dalla vita?
Se fosse così semplice tutti l’avrebbero già fatto rapidamente.
Evidentemente c’è qualcosa che rende questo passaggio un po’ più complicato di quello che potrebbe apparire a prima vista.
Il vero costo delle energie rinnovabili e gli incentivi
Un primo aspetto è che la lista di vantaggi citata vale per il momento dell’utilizzo, ma dimentica completamente che prima di utilizzare un generatore di energia a fonte rinnovabile occorre costruirlo ed installarlo ed alla fine occorrerà anche smaltirlo. E qui cominciano i problemi per le questioni relative all’inquinamento, alle emissioni di CO2, al consumo di energia ed alla gratuità.
Le questioni emissive e di smaltimento non impattano direttamente sulla scelta del consumatore finale, che non vede direttamente questi effetti: il problema principale è per lui quello economico. Si è tentato di risolvere questo problema con incentivi diretti ed indiretti. Esempi di incentivi diretti per il fotovoltaico sono
- le detrazioni fiscali del bonus casa, con l’esagerazione transitoria del Superbonus (o supermalus a seconda dei punti vista);
- il conto energia che ha remunerato in passato l’energia fotovoltaica prodotta fino a 50 centesimi a kWh ed oltre.
Sempre per il fotovoltaico, l’incentivo indiretto più evidente è il risparmio di oneri di sistema, accise e tutto ciò che non è direttamente legato al mero costo della materia prima energia.
Ammettiamo pure che questi aspetti siano ormai in parte superati o, perlomeno, che nella valutazione del ciclo di vita il saldo economico sia positivo, anche grazie alla riduzione drastica del costo dei pannelli negli ultimi anni.
Energia rinnovabile: una questione di quando, non solo di quanto
Rimane però un problema intrinseco all’uso dell’energia: la sua disponibilità.
Infatti, non basta avere a disposizione la quantità di energia di cui abbiamo bisogno ma occorre anche averla esattamente quando ne abbiamo bisogno. L’energia non è solo una questione di QUANTO ma anche di QUANDO.
Il ponte fra il quanto ed il quando, cioè, ciò che ci permette di utilizzare quando vogliamo l’energia di cui disponiamo, si chiama accumulo. Purtroppo, l’accumulo dell’energia è una faccenda molto ingombrante e costosa, con una sola eccezione fra le soluzioni utilizzabili in pratica: l’accumulo di energia chimica.
Le diverse forme di accumulo energetico
Per avere un’idea basta fare un confronto quantitativo fra le diverse forme di accumulo energetico nell’uso quotidiano.
- Possiamo accumulare energia sotto forma di calore sensibile, per esempio acqua calda. La carica e scarica dell’accumulo avviene a temperatura variabile il che ne può limitare l’applicabilità. È di utilizzo comune nelle nostre case per l’accumulo di acqua calda sanitaria. Con 100 litri di accumulo ed una differenza di temperatura di 40 °C (acqua fredda a 15°C ed acqua calda a 55 °C) possiamo accumulare ben 4,64 kWh. È una quantità di calore che ha un senso su scale temporali di un giorno. Va bene per utilizzare di notte l’acqua calda sanitaria prodotta di giorno dal nostro pannello solare termico.
- Possiamo accumulare energia sotto forma di calore latente, per esempio ghiaccio. La carica e scarica dell’accumulo richiede un cambiamento di fase che avviene a temperatura costante. Una volta scelto il materiale la temperatura è fissa ed anche questo rappresenta un limite alla sua l’applicabilità. La densità energetica è un po’ più alta. Per esempio, si può pensare di accumulare energia frigorifera sotto forma di ghiaccio (in pratica “granita”, altrimenti c’è qualche problema…). Per ogni 100 litri di volume sono accumulabili circa 30 kWh.
- L’accumulo elettrico tramite una batteria permette di arrivare a qualche decina di kWh ma il costo dell’accumulatore è ancora proibitivo, dell’ordine dei 300 €/kWh.
- La forma di accumulo di energia decisamente più compatta ed economica è quello chimico. Il costo del “serbatoio” è irrisorio, la densità energetica è di 10 kWh/litro (10 MWh/m³), l’autoscarica trascurabile e la potenza di utilizzo e ricarica praticamente illimitata.
Per un confronto più dettagliato potete vedere questo video.
In estrema sintesi, ci sono molte forme di accumulo che possono risolvere il problema della disponibilità di energia su scala giornaliera ma una sola è utilizzabile in pratica per un accumulo stagionale: l’accumulo chimico. Esempi di questo tipo sono infatti la cisterna del gasolio, la cisterna del GPL, i depositi costieri di carburante, gli stoccaggi di metano nei pozzi in disuso… e la catasta di legna.
Il fotovoltaico e il problema della stagionalità
Alla luce di questa premessa, la forma di energia rinnovabile più comune, diffusa e pratica, quindi utilizzabile ed utilizzata da chiunque localmente, è il fotovoltaico. Anche il solare termico è disponibile ovunque ma produce solo un po’ di acqua calda. L’energia eolica non è di uso comune e pratico su piccola scala, oltre ad essere molto dipendente dalle condizioni locali.
Purtroppo, l’energia da fonte fotovoltaica ha un limite: c’è di giorno e durante l’estate.
Perfetto per il raffrescamento, un po’ meno per il riscaldamento e l’illuminazione e per gli usi produttivi.
Copertura e compensazione: due concetti distinti
Nonostante il problema della disponibilità dell’energia solare, possiamo vedere che molti produttori hanno sfoggiato in passato etichette con “prodotto interamente con fonti rinnovabili” così come all’estero ci sono case certificate come “ad energia positiva”. Hanno trovato qualche grossa batteria da qualche parte?
Più correttamente, ora si vedono apparire etichette con “energia” o “emissioni” interamente compensate. Si sta iniziando a fare un po’ di chiarezza e quindi a distinguere due concetti ben diversi:
- la “copertura” con fonti rinnovabili
- la “compensazione” con fonti rinnovabili.
Per chiarire il concetto, osserviamo la figura seguente che rappresenta lo schema ed il bilancio elettrico orario di un edificio in una giornata particolare in cui la produzione fotovoltaica giornaliera sia esattamente uguale agli utilizzi elettrici nello stesso giorno (18 kWh).

Andando ad osservare la situazione ora per ora, si vede che anche se la produzione elettrica giornaliera (18 kWh) è uguale al consumo elettrico dell’edificio (18 kWh), solo 5,50 kWh prodotti dai pannelli sono realmente utilizzati nell’edificio (autoconsumo) mentre 12,50 kWh sono prelevati dalla rete quando servono davvero (durante la notte) e 12,50 kWh sono esportati verso la rete quando non possono essere utilizzati immediatamente (durante il giorno).
Diremo quindi che in queste condizioni:
- La copertura con fonte rinnovabile vale il 30,5% (5,5/18), perché dei 18 kWh consumati solo 5,5 kWh sono stati prodotti dall’impianto fotovoltaico mentre i restanti sono stati prelevati dalla rete
- La compensazione con fonte rinnovabile vale il 100% in quanto a fronte di 18 kWh consumati durante il giorno, altrettanti ne sono stati prodotti complessivamente dall’impianto fotovoltaico.
Copertura con fonti rinnovabili vuol quindi dire che il prodotto od il servizio è stato prodotto con energia da fonte rinnovabile (o che non ha comportato emissione di CO2) prodotta ed eventualmente accumulata sul posto.
Compensazione con fonti rinnovabili vuol dire che il prodotto od il servizio è stato prodotto almeno parzialmente con energia da fonte fossile (o che ha quindi comportato emissione di CO2), ma poi lo stesso sito ha prodotto ed esportato verso la rete una quantità equivalente di energia da fonte rinnovabile.
Nei casi più “commerciali”, si dichiara la compensazione dei consumi fossili o delle emissioni non perché c’è almeno la produzione di una quantità equivalente di energia “pulita” ma il produttore ha semplicemente acquistato delle “quote di energia rinnovabile” o delle “quote di emissione”: una specie di moderno “mercato delle indulgenze”.
È in questo modo che in alcuni paesi ci possono essere edifici ad energia positiva.
La valutazione della prestazione energetica avviene con il criterio della compensazione e non con quello della copertura. Per esempio, in Germania, una casa anche non eccelsa con una caldaia a gas ma coperta di pannelli fotovoltaici verrebbe etichettata come virtuosa, potendo arrivare perfino ad energia positiva. Questo permette di fare bella figura in maniera facile ma se qualcuno taglia la fornitura di gas naturale… la verità viene a galla e l’illusione svanisce.
In Italia cosa abbiamo fatto? Anche se il calcolo non è perfetto, il DM 26/06/2015 richiede una valutazione di copertura con fonte rinnovabile. Poi questa valutazione viene effettuata con la UNI-TS 11300-5 su base mensile. Sfugge quindi la non contemporaneità fra giorno e notte o fra diversi giorni nel mese.
Viene almeno catturato il fatto che la pompa di calore nel funzionamento invernale per riscaldamento e/o produzione di acqua calda sanitaria viene alimentata solo parzialmente dal fotovoltaico in situ che in inverno è poca cosa. La valutazione italiana della prestazione energetica degli edifici è quindi, a mio avviso molto più corretta di quella fatta in altri paesi dove si vantano risultati mirabolanti.
Come aumentare la copertura con le rinnovabili?
In pratica, come facciamo a massimizzare la copertura con fonte rinnovabile, che è poi il “compitino” che la recente rifusione della direttiva EPBD affida alle case ad emissione nulla con la sibillina frase secondo cui “la casa ad emissione zero deve contribuire alla flessibilità della domanda”?
La ovvia soluzione “di forza bruta” è ricorrere all’accumulo. Purtroppo, questa è anche la più costosa e quindi dovrà essere limitata allo stretto indispensabile. Tanto più che lo sfruttamento (e l’effetto utile) dell’accumulo non sarà uniforme durante l’anno:
- in inverno la batteria sarà quasi sempre scarica, perché difficilmente avanzerà energia durante la giornata
- in estate la batteria sarà quasi sempre completamente carica, quindi potrà servire soprattutto per l’alimentazione dei carichi notturni
Passata la sbornia del superbonus, quindi in assenza di incentivi, sarà necessario ottimizzare la taglia dell’impianto fotovoltaico e dell’accumulo a suo servizio. Si può fare con delle simulazioni che tengano conto non solo dei consumi elettrici presunti per i servizi di comfort ma anche degli altri utilizzi elettrici dell’edificio. Sarà quindi utile utilizzare uno strumento di simulazione dedicato, che vada al di là del puro calcolo di prestazione energetica, come E-balance.
Un’altra possibile soluzione è quella di spostare i carichi (difficile comandare al sole ad alle nuvole) e concentrare e distribuire gli utilizzi nelle ore di disponibilità della sorgente solare.
Nell’esempio della figura precedente ci sono due picchi evidenti di consumo che potrebbero coincidere con la ricarica del bollitore dell’acqua calda sanitaria. Se si riesce a far ricaricare l’accumulo solo nelle ore di disponibilità del fotovoltaico ecco che la copertura aumenta sfruttando l’accumulo termico del bollitore, più economico della batteria elettrica (comporta solo un aumento della taglia del bollitore che è comunque necessario).
Aumentare la copertura utilizzando una batteria di accumulo: esempio con E-Balance
Nell’immagine seguente mostriamo un esempio di profilo di consumo elettrico giornaliero di un edificio suggerito dall’applicativo web gratuito E-Balance.
Il consumo è concentrato nelle ore notturne, e in queste condizioni, in assenza di accumulo, l’impianto fotovoltaico ipotizzato è in grado di garantire:
- Una copertura dei consumi pari al 17%
- Una compensazione pari al 72 % (ottenuta come rapporto tra l’energia autoconsumata e immessa in rete e il consumo totale annuo dell’edificio)


Inserendo una batteria di accumulo, l’impianto fotovoltaico è questa volta in grado di garantire:
- Una copertura dei consumi pari al 52% (vi contribuiscono l’energia autoconsumata e da ricarica della batteria)
- Una compensazione ancora pari al 72 % (ottenuta come rapporto tra l’energia autoconsumata, proveniente dalla batteria e immessa in rete, e il consumo totale annuo dell’edificio)


..Continua la lettura nel PDF.
Nel pdf si continua parlando di:
- Aumentare la copertura ridistribuendo i carichi: esempio con E-Balance
- Copertura o compensazione: una scelta che orienterà il futuro
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