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La Cassazione interviene sui progettisti e DL: per le attività intellettuali vale il limite di 10 anni

La Corte di Cassazione Civile, sezione seconda ha espresso la sentenza n. 28575 del 20 Dicembre 2013 con cui si afferma che i vizi e i difetti delle opere derivanti da attività intellettuali possono essere denunciati entro dieci anni dal momento in cui se ne viene a conoscenza. In questi casi non vale quindi il termine di otto giorni previsto dall’articolo 2226 del Codice Civile.

La Cassazione interviene sui progettisti e DL: per le attività intellettuali vale il limite di 10 anni

La  Corte di Cassazione Civile, sezione seconda ha espresso la sentenza n. 28575 del 20 Dicembre 2013 con cui si afferma che i vizi e i difetti delle opere derivanti da attività intellettuali possono essere denunciati entro dieci anni dal momento in cui se ne viene a conoscenza. In questi casi non vale quindi il termine di otto giorni previsto dall’articolo 2226 del Codice Civile. 

Oggetto controverso del caso esaminato dalla Corte è la prestazione intellettuale fornita dall’architetto che sia anche direttore dei lavori per il comportamento assunto durante l’esecuzione dell’opera: un architetto aveva fatto notificare un decreto ingiuntivo ad un cliente che non lo aveva pagato dopo l’incarico svolto. Il cliente si era opposto al pagamento sostenendo che l’architetto aveva violato i doveri derivanti dal suo incarico professionale, tanto da dover essere sostituito da un altro professionista.

Accolta in primo grado, l’opposizione veniva tuttavia rigettata in appello, poiché rilevava la Corte territoriale come la denuncia dei vizi fosse avvenuta oltre il termine decadenziale di legge. Il committente proponeva quindi ricorso in Cassazione.

Come affermato dalla Cassazione, l’opera intellettuale è più eterogenea di quella manuale e la valutazione tecnica di un progetto non può essere effettuata in pochi giorni.

La Cassazione ha inoltre sottolineato che negli adempimenti delle obbligazioni per l’esercizio dell’attività professionale, la diligenza deve essere valutata in base all’attività esercitata. Come in tutti gli altri casi, infine, il risarcimento del danno può essere evitato dolo se il professionista dimostra la presenza di cause a lui non imputabili.

La Suprema Corte richiama giurisprudenza costante, avallata dalle Sezioni Unite, secondo cui “le disposizioni dell’art. 2226 c.c., in tema di decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi dell’opera, sono inapplicabili alla prestazione d’opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l’obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l’uno e l’altro compito, attesa l’eterogeneità della prestazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l’art. 2226 c.c.”. E’ da escludere che operi, nel caso in oggetto, la distinzione tra obbligazioni di mezzo e di risultato, poiché in casi come questo è molto frequente una commistione tra tali due criteri risolutivi. Limitatamente a questo motivo di ricorso, lo stesso viene accolto, e la Cassazione rinvia per la decisione ad altra composizione della Corte d’appello, la quale dovrà giudicare questa volta utilizzando il principio di diritto enunciato dalla Corte.

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Il parere dell'Editore.

 
Lungi da noi giudicare una sentenza della Cassazione e quindi porci in una posizione di critica di questa alta corte.

Ci preme però evidenziarne alcune conseguenze. Se è vero che l'opera intelletuale è complessa, tal da non poter essere giudicata in 8 giorni, è pur vero che a volte è anche difficilmente misurabile, e la possibilità di poter avere 10 anni di tempo per contestarla mette il professionista nella condizione, per ogni sua attività, di dover attendere 10 anni prima di poter si "mettere il cuore in pace" ovvero chiudere la pratica (compreso l'archiviazione della documentazione, e la sicurezza di non dover essere chiamato in causa per l'oggetto della sua prestazione).

Se per alcune opere questa responsabilità è anche più estesa nel tempo, la generalizzazione a tutte le opere intellettuali - nel campo della progettazione, per esempio, anche al calcolo non strutturale -  comporta oneri che a nostro parere dovrebbero almeno essere valorizzati dalle parcelle (almeno per coprire il rischio con una adeguata assicurazione).

In ogni caso, siccome la sentenza parla di tempo "dal momento in cui se ne viene a conoscenza" e non da quanto è accaduta la prestazione, ci sembra che 10 anni siano veramento un grande periodo di riflessione per il committente per decidere se avviare una denuncia oppure no. Mah ....

Ing. Andrea Dari

 

 
Su questo tema abbiamo trovato un articolo interessante pubblicato da Professione Geometra" rivista dell'Associazione Nazionale Donne Geometra
 
Il caso esaminato dalla Corte riguarda la prestazione intellettuale fornita da un professionista nel ruolo di direttore lavori durante l'esecuzione dell'opera. Infatti a seguito della notifica di decreto ingiuntivo da parte del professionista/direttore lavori, il ricorrente, che era il commissionario, proponeva opposizione in base al fatto che il professionista sarebbe risultato inadempiente verso i propri doveri, sino al punto d'essere stato sostituito da un altro tecnico. L'opposizione, accolta in primo grado, veniva rigettata in appello, poiché la Corte territoriale rilevava che la denuncia dei vizi fosse avvenuta oltre il termine decadenziale di legge. Il committente proponeva quindi ricorso in Cassazione. Nell'accogliere le doglianze proposte dal privato la Suprema Corte richiamava giurisprudenza costante, avallata dalle Sezioni Unite, secondo cui "le disposizioni dell'art. 2226 c.c., in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per i vizi dell'opera, sono inapplicabili alla prestazione d'opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l'uno e l'altro compito, attesa l'eterogeneità della prestazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l'art. 2226 c.c.". Nel caso in oggetto la distinzione tra obbligazioni di mezzo e di risultato è da escludere, poiché in casi come questo è molto frequente una commistione dei due criteri risolutivi. Limitatamente a questo motivo di ricorso lo stesso veniva accolto e la Cassazione rinviava per la decisione ad altra composizione della Corte d'appello, la quale dovrà giudicare questa volta utilizzando il principio di diritto enunciato dalla Corte. In materia il Codice Civile è chiaro. Infatti dedica gli articoli 1655-1677 agli appalti e gli articoli dal 1667 al 1673 al problema della "difformità e dei vizi dell'opera". Spetta all'appaltatore dare garanzia per le difformità e i vizi dell'opera eseguita. Fa eccezione il caso in cui tali vizi siano conosciuti o riconoscibili dal committente, purché non sia dimostrabile che siano stati taciuti in mala fede dall'appaltatore. La garanzia si prescrive in due anni dalla consegna dell'opera stessa (il termine di garanzia di 10 anni è di legge per le nuove costruzioni). Con la Sentenza numero 1655 del 1986 la Cassazione chiarisce che il momento effettivo della scoperta del vizio non è quello in cui ci si accorge dell'esistenza dell'anomalia, ma quello in cui si ha la ragionevole consapevolezza che a causare il vizio o difetto è stato l'appaltatore nell'esecuzione dell'opera. La consapevolezza decorre nel momento in cui una perizia di un tecnico dà forti indizi sulla responsabilità dell'appaltatore. Per gravi difetti, per i quali vale la garanzia decennale, si intendono sia quelli causati da metodi non idonei nel compimento dell'opera non a regola d'arte sia ai vizi che pregiudicano la funzione dell'immobile, limitando il godimento o la funzione di destinazione. Quando si tratta di interventi di manutenzione o riparazione non eseguiti correttamente è bene essere solerti nel denunciare il danno e il vizio entro il termine prestabilito, pena la perdita del diritto al risarcimento o alla possibilità di usufruire della garanzia. Fondamentale è quindi la distinzione tra prescrizione e decadenza. Nel primo caso, ci troviamo di fronte al termine ultimo entro il quale, non ottenuto il dovuto risarcimento, si può far causa per danni; il secondo riguarda il termine entro il quale va contestato al venditore o alla controparte il problema, dovuto o al mancato servizio, o ad un danno o al mancato pagamento. I due termini variano, però, nel caso di opere e servizio prestato. Per riassumere, nel caso di vizi e difetti di costruzione di immobili la denuncia va effettuata entro un anno dalla scoperta, in quanto la prescrizione agisce sui dieci anni dal termine dei lavori. Pertanto, nel caso in cui il costruttore sia responsabile di difetti come infiltrazioni o crepe o problemi dovuti a cedimenti strutturali, il difetto va denunciato entro un anno dalla comparsa. In caso di mancata risposta, la denuncia che va rinnovata o la causa da intraprendere vanno effettuate entro lo stesso termine. Nel caso di vizi, difetti e difformità sui contratti di appalto la denuncia va fatta entro 60 giorni dalla scoperta e la prescrizione arriva dopo i due anni dalla consegna. Tuttavia, la riparazione gratuita o la sostituzione non sono dovute se il committente, quando ha accettato l'opera, era a conoscenza delle difformità o dei vizi. Infine vi sono i vizi e le difformità di lavori in genere e contratti d'opera in cui rientrano le manutenzioni, gli interventi di artigiani e le riparazioni varie. La denuncia va fatta entro otto giorni dalla scoperta, la prescrizione arriva a un anno dalla consegna. Le norme coprono una vasta gamma di lavori che non sono stati eseguiti correttamente e che non rispettano il preventivo, siano essi lavori di ristrutturazione edile o di sostituzione di un impianto elettrico, idraulico, ecc. Difformità e vizi occulti vanno denunciati entro 8 giorni dalla scoperta, mentre l'azione si prescrive in 365 giorni. Chi acconsente o tacitamente accetta la difformità o il vizio, magari pagando senza contestare, difficilmente potrà far valere i propri diritti. In linea di massima, il committente può chiedere che il prezzo sia diminuito in proporzione o che le difformità e i vizi siano riparati senza ulteriori spese. Nel caso di colpa il risarcimento del danno non sarà diminuito in proporzione. Se l'opera, a causa di difformità e vizi, è inadatta alla destinazione d'uso si procede alla risoluzione del contratto.dal momento in cui se ne viene a conoscenza

 

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