Manifesto per la rottamazione post bellica priva di qualità e il riequilibrio delle aree urbane
Manifesto per la rottamazione post bellica priva di qualità, riequilibrio delle aree urbane e il rilancio dell'economia.
Questo il titolo del seminario organizzato presso la sala del mappamondo della Camera dei deputati dalla Fondazione Sullo, che serve a raccogliere le idee che verranno poi formalizzate in un disegno di legge. Per Gianfranco Rotondi, co-presidente della fondazione: «Abbiamo voluto questo convegno perché si rifletta sui rischi di questo materiale: a Roma i crolli sono frequenti ma non di edifici del XIX e XX secolo che vedono sopraelevazioni anche a strati. Mentre abbondano edifici in cemento vecchio, di cattiva qualità o con ferro corroso. In Europa il rinnovamento edilizio galoppa, in Italia no».
Occorre quindi demolire gli edifici in cemento danneggiato e a rischio, per ricostruirli, spostando temporaneamente o definitivamente i condòmini con forti incentivi economici.
Ma intorno all’idea si stanno interrogando già in parecchi, anche per risvegliare l’agonizzante mercato immobiliare senza sprecare suolo. Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, evidenzia che «Oltre il 22% degli edifici risulta in stato di conservazione mediocre o pessimo; in molti casi, invece di ristrutturare, risulta più conveniente abbattere e ricostruire. E produrre in via diretta una attività economica che incrementi il Pil e renda le nostre città più competitive».
Secondo Alberico Barbiano di Belgiojoso, architetto e urbanista, presidente di Archxmi «Nel caso di sostituzione integrale con spostamenti dei residenti la cosa può essere attuata attraverso “case parcheggio” o anche definitivamente, con “aree volano” in prossimità, che possano innescare il ciclo, il che può avvenire più facilmente in periferia, dove ci sono aree industriali dismesse adatte alle funzione di “volano”.
Ma in molti casi non va utilizzata la”rottamazione” quanto piuttosto il miglioramento delle condizioni edilizie ed urbane».
Per Giampio Bracchi, docente di Tecnologie dell’informazione per l’impresa al Politecnico di Milano «Occorre creare incentivi per chi deve cambiare casa rendendo comunque interessante l’investimento ai costruttori».
Carlo Angelo Menni pensa che «In considerazione dei notevoli investimenti in gioco è necessario che l’operatore abbia garanzia di esenzioni fiscali sugli immobili costruiti si può richiamare la vecchia legge Tupini e una piena libertà di locazione».
Giuseppe Franco Ferrari, docente di Diritto pubblico comparato alla Bocconi, crede che questa azione «Necessiti comunque di massicci finanziamenti, dalle bonifiche delle aree agli incentivi per chi se ne debba andare».
Intervenuto anche il past President di ATECAP Silvio Sarno, che ha innanzitutto sottolineato quali problemi vi siano da affrontare per avviare una trasformazione storica: “Burocrazia, cultura imprenditoriale, attività legislativa, risorse economiche e corruzione, sono solo alcune delle variabili da considerare. Coordinate troppe volte sconosciute a chi dovrebbe far la propria parte per venir fuori dalle sabbie mobili in cui siamo costretti da oramai quasi un decennio.”
Per farlo quindi un cambio di passo “Dovremmo smettere i panni dell’atleta con il fiato corto e imparare ad essere, ognuno per la propria parte, costruttori di futuro”.
Per Sarno “La sfida avvincente, per quanto complessa, è quella che tiene dentro le nuove priorità del XXI secolo: gli obiettivi sull’inquinamento, la declinazione di un modello possibile di sviluppo sostenibile, il consumo del suolo. Il “testimone” nelle mani del sindaco d’Italia, certo, ma anche e soprattutto dei tanti sindaci chiamati a divincolarsi quotidianamente in un quadro assai complesso e poco bilanciato. Strumenti utili saranno di certo il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”, la legge sul “consumo del suolo”, ma anche e soprattutto la straordinaria opportunità che si cela dietro il “Regolamento unico per l’edilizia”. Non più 8Mila e più regolamenti per altrettanti comuni, ma un unico strumento valido ovunque in Italia.”
Una sfida da portare avanti perchè “Sono oltre 7 milioni gli edifici localizzati in zone a rischio sismico e idrogeologico che ospitano circa 30 milioni di cittadini. La gran parte dell’edilizia non storica (1945) è realizzata prima degli anni ’70 e quindi prima del varo della prima normativa antisismica. Realizzata con materiali dell’epoca, sicuramente scadenti rispetto a quelli attuali e previsti dalle normative vigenti, con tecniche di costruzione inadeguate. Edifici per gran parte oltre il giro di boa del proprio ciclo di vita, vantano stati di conservazione più che discutibili. Edifici in larga parte energivori. Il 35% del totale dell’energia consumata in Italia è destinata agli edifici. Si stima uno spreco di oltre 20 miliardi di EURO che incide direttamente sui bilanci delle famiglie italiane.”