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Ventilazione e impianti ad aria: come avviene la simulazione energetica

Il servizio di ventilazione, ormai annoverato tra quelli presenti all’interno degli edifici e gestiti nell’ambito del pacchetto di norme UNI/TS 11300, è spesso oggetto di moltissimi dubbi e domande: cosa si intende per ventilazione di riferimento e ventilazione effettiva? Come si collegano questi calcoli con l’energia primaria invernale ed estiva? A cosa si devono imputare i fabbisogni per ventilazione riportati ad esempio nell’APE? 

In questo articolo forniremo le risposte a questi quesiti e descriveremo il calcolo dell’energia primaria in caso di climatizzazione invernale e di climatizzazione estiva, specificando le differenze di approccio delle norme UNI TS 11300-2 e 3. 


Ventilazione di riferimento ed effettiva: ecco cosa sono

Partiamo dal primo dubbio: la UNI TS 11300-1 distingue tra ventilazione di riferimento ed effettiva allo scopo di rappresentare due scenari del nostro edificio.

Nel primo scenario, relativo alla ventilazione di riferimento, viene considerato il solo fabbricato: in questo caso il calcolo dell’involucro dovrà essere effettuato in totale assenza di impianti, compresi eventuali impianti di ventilazione meccanica, anche se destinati alla sola movimentazione dell’aria.

La ventilazione di riferimento si basa quindi sull’ipotesi che tutti i locali abbiano ventilazione naturale, e le portate per il rinnovo dell’aria ambiente vengono moltiplicate per un fattore di correzione fve,t , i cui valori sono tabellati in funzione della destinazione d’uso, per tenere conto della frazione di tempo in cui si attuano questi flussi d’aria nel corso della giornata.

La ventilazione effettiva invece, come indicato dal termine stesso, ha come riferimento la reale condizione dell’edificio e ha lo scopo di calcolare un fabbisogno di energia utile che prosegue nel calcolo dell’energia primaria, che si differenzia a seconda del tipo di impianto e del servizio. La portata in gioco tiene conto di numerosi fattori, tra cui le perdite di infiltrazione a impianto acceso e spento, le ore di funzionamento e la temperatura di immissione.

 

Calcolo invernale ed estivo: le differenze

Nel calcolo invernale le possibilità di dettaglio nella modellazione degli impianti ad aria sono nettamente maggiori. Come mai?

Il motivo è riconducibile alla data di pubblicazione delle norme coinvolte: il calcolo dell’energia primaria estiva è legato alla norma UNI TS 11300-3 pubblicata nel 2010, quindi in data antecedente alla UNI TS 11300-1 (che è del 2014). A causa di questo gap le due norme non sono perfettamente armonizzate, con la conseguenza che il calcolo del fabbisogno per il trattamento dell’aria in estate è calcolato in modo più forfettario rispetto al caso invernale.

Nel calcolo invernale possiamo invece modellare molteplici tipi di impianti: dagli impianti di sola estrazione e sola immissione a quelli con ventilazione meccanica bilanciata, con o senza recuperatore di calore e con possibile trattamento dell’aria, e quindi presenza di una UTA che riscalda l’aria (e eventualmente umidifica) a determinate condizioni di set point.

Nell’ambito degli impianti che prevedono il trattamento dell’aria, il calcolo avviene in modo differente a seconda che si tratti di impianti ad aria primaria o a tutt’aria.

In caso di aria primaria viene calcolato un fattore di correzione della temperatura bve, dipendente dalla temperatura di immissione (che in questo caso è un dato di input). Questo termine fa da spartiacque tra il carico assolto dall’aria primaria (e quindi dalla batteria di riscaldamento dell’aria) e quello che resta in carico all’impianto idronico. Un esempio tipico di questo tipo di modellazione sono gli impianti con ventilconvettori e bocchette.

In caso di impianto a tutt’aria, nell’attuale approccio normativo, la temperatura di immissione in ambiente non rappresenta più un set point, ma è rappresentata da quel valore mensile che, per una determinata portata, è in grado di compensare le perdite dell’edificio e mantenere al suo interno i 20° C.

Nella realtà si possono trovare impianti molto più complessi e con una varietà maggiore di opzioni, ad esempio si può scegliere di fare variare la portata mantenendo fissa la temperatura di immissione, e in tal senso le norme Europee del pacchetto EPBD e il possibile passaggio al metodo di calcolo orario ci forniranno una modellazione indubbiamente più realistica.

 

Che fabbisogni imputiamo al servizio ventilazione?

Veniamo infine all’ultimo dubbio: il servizio ventilazione che vedo ad esempio nell’APE, a cosa si riferisce?

Gli unici fabbisogni imputati al servizio ventilazione sono quelli legati alla movimentazione dell’aria, come indicato nella norma UNI TS 11300-2. Questo significa che tutti i fabbisogni per il trattamento dell’aria sono inglobati nei servizi per la climatizzazione invernale (e in questo caso vanno in capo al fabbisogno per riscaldamento) ed estiva (fabbisogno per raffrescamento).

I fabbisogni per la movimentazione dell’aria sono calcolati semplicemente come il prodotto della potenza assorbita dai ventilatori per il tempo di accensione.

Nei prossimi anni la VMC e gli impianti ad aria, oggi spesso oggetto di dubbi e di forzate semplificazioni, avranno occasione di poter essere simulati in modo più dettagliato e realistico: la ventilazione è a mio avviso il servizio rispetto al quale le norme Europee del pacchetto EPBD di futuro recepimento, in particolare quelle dedicate al calcolo orario (come la UNI EN 16798-5-1), ci faranno fare il maggiore salto di qualità.


Il lettore interessato a conoscere ulteriori dettagli riguardanti il tema della VMC
potrà consultare le puntate n.33  e n.34 della rubrica online Technical Topics
con gli approfondimenti a cura dell’Ing. Marta Michelutti

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