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Il viadotto sul Polcevera: Ecco l'articolo di Riccardo Morandi del 1967 con tutti i dettagli progettuali

Ecco l'articolo di Riccardo Morandi del 1967

Nel 1967 l'ing. Riccardo Morandi - pochi mesi dopo l'inaugurazione del ponte strallato di Genova pubblicò un articolo su l'Industria Italiana del Cemento dal titolo "Il viadotto sul Polcevera per l'autostrada Genova Savona.

Dopo una breve descrizione del contesto geografico e morfologico in cui l'opera è stata realizzata l'ingegnere entra nel merito della descrizione generale dell'opera

Il ponte Morandi: descrizione generale dell'opera

L'articolo di Morandi sul ponte polceveraMorandi suddivide l'opera in queste parti:

  • il viadotto principale
  • pista di raccordo da Serravalle a Savona
  • pista di raccordo da Savona a Serravalle
  • pista di raccordo da Savona a Genova
  • pista di raccordo da Genova a Savona

e per ognuna di queste approfondisce numeri e considerazioni tecniche.

La pila del viadotto polcevera - il progettoIl ponte Morandi: descrizione generale dell'opera

Il viadotto consta delle seguenti luci teoriche (a partire dalla spalla terminale lato Savona):

  • una luce da 43 m
  • cinque luci da 73,2 m
  • una luce da 75,313 m
  • una luce da 142,655 m
  • una luce da 207,884 m
  • una luce da 202,50 m
  • una luce da 65,10 m

E Morandi evidenzia che "le luci, di così disparata ampiezza, trovano il loro legame di consezione in una serie di travste tutte uguali di calcestruzzo precompresso della luce di 36,00 m, vincolate a semplice appoggio su una serie di sistemi speciali, tra cui potremmo distinguere due diversi tipi fondamentali:

  • il sistema a a cavalletto per le luci minori costituito da due stilate oblique collegate in testa da una travata a doppio cantilever di lunghezza variabile. Il tutto di calcestruzzo armato, vincolato al piede da una zattera a sua volta poggiata su una palificata fondale di pali trivellati dal diametro di 110 cm e di lunghezza variabile fino a 48 m.
  • il sistema bilanciato per le luci maggiori. Detto sistema è costituito da una travata continua a 3 luci su quattro appoggi con due sbalzi teminali alle cui estremità sono appoggiate le travi da 36 m di cui sopra

I due appoggi più esterni dei quattro vincoli della travata sono costituiti dai terminali di due tiranti in acciaio pretesi che passano al di sopra di un'antenna disposta in corrispondenza dell'asse del sistema dell'altezza di 90 metri da terra e di circa 45 m sul piano viabile del ponte".

La costruzione degli appoggi del viadotto polcevera

Morandi descrive quindi dettagliatemente tutta la bilanciatura del sistema Viadotto, riportando che in corrispondenza del nodo di attacco dei tiranti di sospensione la travata presenta un robusto traverso in calcestruzzo armato precompresso "agli estremi del quale, da ambo i lati del ponte, risultano assicurati due fasci di cavi che costituiscono i tiranti e scavalcano l'antenna a quota 90 metri da terra."

L'articolo prosegue con la descrizione delle altre parti del sistema con dettaglio di misure e informazioni tecniche.

Il viadotto polcevera: le caratteristiche del progetto

Morandi avvia la descrizione delle carattestiche del progetto partendo dalle fondazioni e dalla necessità di dover realizzare dei pali profondi considerata la natura limosa del terreno.

Viene quindi dato il dettaglio delle caratteristiche delle principali fondazioni "quasi tutte realizzate mediante l'uso di palificate in calcestruzzo armato, di tipo convenzionale trivellato di diverso diametro".

Poi passa alla descrizione progettuale delle strutture di raccordo, indicando anche le quantità di calcestuzzo impiegato.

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La parte più interessante è ovviamente quella che riguardano il tratto delle grandi luci, ovvero tra gli appoggi 8 e 11.

"Il tratto del viadotto delle grandi luci, e precisamente quello tra la pila 8 e la spalla 12, è costituito da tre speciali sistemi bilanciati dei quali i sistemi 9 e 10 sono identici. 

Si passa ad esaminare, ad esempio, il sistema n.9  che costituisce un'entità strutturale continua a sé stante e collegata al resto dell'opera da elementi seplicemente appoggiati su di esso ... il sistema bilanciato consta di una travata continua a tre luci con sbalzi terminali della lunghezza totale di 171,884 m, a sezione cellulare cava a cinque scomparti, con soletta estradossale dello spessore di 16 cm, n. 6 nervature dello spessore variabile da 18 cm a 30 cm ed una soletta intradossale dallo spessore di 16 cm. L'altezza della travata è variabile da un massimo di 4,5 m a un minimo di 1,82 m."

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Ed ecco i particolari che interessano di più ai progettisti, i vincoli

"La struttura continua di cui sopra è vincolata al resto in quattro punti:

  • due centrali, posti alla distanza tra loro di 41,64 m su due stilate inclinate, cisacuna copmposta di quattro pilastri di sezione variabile tra un minimo di 200 cm per 120 cm ad un massio di 450 cm per 120 cm, ed incastrata alla base sul blocco di fondazione;
  • due laterali, alla distanza tra loro di 151,872 metri, ad un dopppio sistema  di tiranti che passano al di sopra di uno speciale cavalletto denominato antenna che, diparendosi anche esso dal blocco di fondazione, risulta indipendente dalla travata, savo, beninteso, il legame operato dal sistema dei tiranti".

L'antenna del viadotto

"L'antenna è costituita da due strutture ad A collegate tra loro a metà altezza ed in sommità, dell'altezza di 90,20 m, con elementi strutturali di calcestruzzo armato di sezione variabile da 4,5 m per 0,90 m a 2 m per 2,956 m.

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I tiranti del Ponte Morandi

Arriviamo alla parte più dibattuta in questi giorni: i tiranti del viadotto.

Morandi scrive che "I tiranti, costituiti da fasci di trefoli di acciaio speciale R = 170 kg/mm2 e del diametro nominale di mezzo pollice, sono collegati alla travata a mezzo di un apposito traverso e passano sopra l'antenna gravando su una speciale sella costituita da lamiere e profilati annegati nel getto del calcestruzzo. ... per tale fase il tirante singolo è costituito da 352 trefoli da mezzo pollice mentre la travata risulta praticamente priva di armatura logitudinale ..."

Morandi si sofferma nel descrivere anche l'operazione dei omogeneizzazione dell'opera, spiegandone caratteristiche e, soprattutto, i vantaggi:

"... i principali vantaggi che l'operazione di omogeneizzazione offre possono essere così riassunti:

  1. eliminazione della fessurazione delle guaine e quindi eliminaione della possibilità di danneggiamento dell'acciaio per l'opera degli agenti atmosferici attraverso lesioni;
  2. riduzione dell'ampiezza del campo di variazione  delle sollecitazioni nell'acciaio con conseguente aumento della sicurezza per fatica dovuta a tensione ondulante";
  3. riduzione delle rotazioni della travata in corrispondenza degli appoggi sui ritti obliqui, per riduzione degli allungamenti dei tiranti al passaggio dei carichi accidentali;
  4. riduzione degli spostamenti lingitudinali orizzontali della sommità del sistema antenna, per effetto di stese dissimmetriche di sovraccarichi accidentali"

Morandi prosegue qundi nella descrizione, compreso di una specificità del sistema 11

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Il viadotto polcevera: i materiali adottati

Morandi da le caratteristiche dei materiali impiegati.

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e precisda anche le quantità di materiali impiegati per superficie di impalcato.

Entra poi nel merito delle tensioni massime di esercizio nelle varie parti dell'opera. 

Metodi di esecuzione dei sistemi Bilanciati

Realizzazione del viadotto polcevera del 1967In questo caso Morandi si sofferma sui sistemo adottati solo per la parte a grandi luci, anche perchè "occorre soprattutto non dimenticare che i detti sistemi bilanciati attraversano parchi ferroviari di intensissimo traffico in cui non vi sarebbe stato spazio per alloggiare supporti provvisori a meno di distrurbare in maniera insopportabile il movimento dei convogli."Si tratta di un'affermazione che fa comprendere come all'esigenza di dotare Genova di un asse viario principali coincidessero una serie di complessità che portaro l'ing. Riccardo Morandi a dover trovare una serie di soluzioni innovative non solo dal punto di vista della progettazione ma anche della cantierizzazione del viadotto.

"Si è quindi dovuto adottare un metodo di escuzione che accoppiasse le caratteristiche di estrema sicurezza e quelle di nessun ingombro ne sogezione per l'esercizio ferroviario." ... "Ovviamente si è dovuto preventivamante redigere il progetto delle varie fasi di esecuzione e per ciascuna di esse determinare le successive deformazioni e tensioni di ciasceuna membratura." ... "Il calcolo delle deformazioni ha altresì obbligato ad una determinazione della legge di variazione dei moduli elastici dei calcestruzzi, al termine dei periodi di esecuzione di ciascuna fase".

Queste limitate informazioni fanno comprendere la complessità del progetto dell'opera, nel 1967 in cui gli strumenti di calcolo erano davvero limitati rispetto ad oggi.

Ecco il piano di esecuzione

Il piano esecuzione è stato diviso in tre fasi successive:

  • getto dell'antenna e del cavalletto
  • getto simultaneo dei tratti C-D ed EF della travata
  • costruzione delle guaine di calcestruzzo e loro messa in funzione

Morandi in questa parte dell'articolo entra nei dettagli, riprendendo quindi tutti i passaggi per la realizzazione di questa fase davvero delicata di costruzione del viadotto, ricordando le precauzioni che sono state adottate per evitare problemi, come per esempio "La costruzione delle guaine di calcestruzzo è avvenuta avendo affidato ai tiranti le casseforme che hanno poi contenuto i getti. In un primo tempo tali getti sono stati suddivisi in conci di lunghezza di 3m, e questo perchè la variazione catenaria che si andava producendo nei tiranti per effetto del peso della guaina non inducesse in esso tensioni pericolose per distorsione".

L'articolo si conclude con una parte sui costi e sulle attività di collaudo.

Infine Morandi non si dimentica di ricordare e ringraziare chi, con lui, ha partecipato al progetto e alla realizzazione.

Conclusioni

Ho cercato di ricordare le parti principali dell'articolo di Riccardo Morandi, ma non posso che consigliarne la lettura integralle (l'articolo è allegato qui in fondo al testo.).

L'attenzione ai particolari, alla descrizione delle soluzioni adottate rende evidente la complessità dell'opera da una parte, e la competenza e il genio con cui Riccardo Morandi seppe trovare le soluzioni, anche in tema di durabilità, considerando che oltre all'azione del gelo disgelo, delle nebbie saline per la vicinanza al mare ci si trovasse in una zona di produzione metallurgica e quindi con un agressione anche di altra natura.

E' davvero un peccato pensare che nei cinquantanno successivi in cui l'opera ha funzionato non siamo stati in grado di proteggerla ed evitarle questo crollo. Un crollo che non intacca ne i meriti ne il valore di Morandi, ne della scuola dei ponti italiana, che è stimata in tutto il mondo. Molte invece sono le questioni che restano aperte sia su come queste opere siano monitorate, che come vengano gestite.


Sul tema del crollo del ponte di Morandi INGENIO ha realizzato un approfondimento con numerosi articoli, commenti e richiami a notizie anche di cronaca. Lo troverete a questo LINK: Crolla il ponte Morandi a Genova: problema strutturale, ma perchè ?

 

 

 

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