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Gravi vizi dell'opera anche quelli che non impediscono completamente l'uso dell'immobile. I particolari

Cassazione: sono gravi difetti dell'opera anche quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell'edificio, e non sulle singole proprietà dei condomini

Gravi difetti dell'opera: occhio anche agli immobili abitabili

Non solo i difetti che impediscono l'utilizzo di un immobile sono considerabili come "gravi vizi dell'opera", ma anche quelli che "...al di fuori dell'ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante ii normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo".

E' molto importante, ciò che ricorda la Corte di Cassazione nell'ordinanza 24320-2018 dello scorso 4 ottobre, dove si sottolinea che "i gravi difetti che ai sensi dell'art.1669 c.c, fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.19868 del 15/09/2009, Rv.610578).

Quindi, in definitiva, rientrano tra tali gravi difetti anche quelli non totalmente impeditivi dell'uso dell'immobile, come ad esempio quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell'edificio, e non sulle singole proprietà dei condomini.

Gravi difetti dell'opera: non conta se l'immobile era abitabile

Nel 'nostro' caso, ci si ritrova di fronte ad un edificio nel quale erano ubicati gli immobili da loro acquistati non aveva conseguito l'abitabilità, presentava fessurazioni nei muri esterni e conseguenti problemi di statica e non era dotato di impianto fognario a norma di legge, tanto che il Comune aveva intimato il progettista, il direttore dei lavori e l'impresa esecutrice, con ordinanza apposita, a presentare progetto di modifica da eseguirsi entro 90 giorni e a comunicare, all'esito, la fine lavori.

Il motivo di ricorso che ci interessa nello specifico è il terzo: la base difensiva è che la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere l'eccezione di prescrizione dell'azione e ritenere insussistenti i profili di responsabilità di cui agli artt.1669 e 2697 c.c., poiché gli attori avevano conseguito il possesso degli immobili nel 1994 ed avevano denunziato i vizi di cui è causa per la prima volta soltanto nel 1999.

In pratica, oltre al momento della denuncia che sarebbe troppo tardivo (il famigerato dies a quo), non si tratterebbe di vizi rilevanti ai fini dell'azione ex art. 1669 c,c, poiche gli attori hanno potuto usare le loro abitazioni per oltre vent'anni, e ciò dimostrerebbe la non incidenza dei difetti sul libero godimento del bene. Infine, sempre ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe considerato che l'edificio aveva conseguito il certificato di agibilità, né avrebbe graduato la colpa del venditore, del costruttore, del progettista e del direttore dei lavori.

La conoscenza dei difetti e l'incidenza sul libero godimento del bene

Per la Cassazione, tutto ciò è inamissibile perché:

  • il dies a quo per il computo dei termini previsti dall'art.1669 c.c. va individuato a partire dal momento in cui l'attore acquisisce la "conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata fa gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.1463 del 23/01/2008, Rv.601284; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n_10048 del 24/04/2018, Rv.648162 Cass. Sez. 1, Sentenza n.2460 del 01/02/2008, Rv.601449; Cass. Sez. 2, Sentenza n.20853 del 29/09/2009, Rv.610290; Cass, Sez. 21Sentenza n.11740 del 01/08/2003, Rv.565596);
  • in merito al fatto che gli attori abbiano abitato gli immobili di cui è causa, ciò non esclude l'incidenza dei vizi sul libero godimento del bene, posto che la valutazione va eseguita in termini oggettivi, dovendosi dare rilievo ai vizi che "al di fuori dell'ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante ii normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.5632 del 18/04/2002, Rv. 553832). Più precisamente, "i gravi difetti che ai sensi dell'art.1669 c.c, fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone ia normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.19868 del 15/09/2009, Rv.610578);
  • per quel che invece concerne la rilevanza del certificato di agibilità dell'edificio, va ribadito il principio secondo cui la valutazione delle prove appartiene al sindacato riservato al giudice di merito e la censura relativa alla "...insufficiente giustificazione logica dell'apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà (attuale, poiché è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l'unica possibile" (Cass. Sez. 1, Sentenza n.25927 del 23/12/2015, Rv.638292).

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