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BIM, CAD o Tecnigrafo? Le Mappe Elettive della Digitalizzazione in Italia

Parafrasando la recente chiamata in Italia alle urne ... Quali sarebbero i risultati elettorali di una elezione che vede in lizza BIM, CAD e il tecnigrafo?

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La mappatura, a livello territoriale, degli esiti elettorali offre sempre una rappresentazione efficace della distribuzione dei voti e, se sovrapposta ad altre mappe tematiche, spesso pure una sua convincente spiegazione.

Se si fosse, per assurdo, in grado di svolgere una analoga visualizzazione di ipotetiche prassi e preferenze per il «BIM», per il «CAD» o per il «Tecnigrafo», ammesso che queste categorie evocative abbiano un significato preciso, cosa assai improbabile, che cosa se ne potrebbe trarre?

Ovviamente, la classificazione non potrebbe essere articolata per sezioni, per comuni, per circoscrizioni, e quant’altro, bensì anche per tipologie di committente e per segmenti di mercato, poiché nei territori conviveranno livelli di acculturamento digitale talora persino incomunicabili o incommensurabili.

Si potrebbe, quindi, immaginare di vedere, anzitutto, l’entità del «ritardo» e comprendere se esso si disponga in maniera omogenea o eterogenea.

Ciò che, tuttavia, più conterebbe sarebbe sovrapporre e correlare quelle mappe con il grado di sviluppo immobiliare e infrastrutturale dei territori, con la struttura societaria e dimensionale degli operatori, nonché con altri criteri.

Quello di cui, infatti, si avrebbe bisogno, un elemento oggi forse solo disponibile grazie alle Data Analytics relative alle pubblicazioni sulle riviste elettroniche, è una comprensione capillare della diffusione culturale e operativa dei metodi e degli strumenti rispettivamente analogici e digitali.

Quali sarebbero i risultati elettorali di una elezione che vede in lizza BIM, CAD e il tecnigrafo?

Quali proiezioni si potrebbero, dunque, proporre, di là degli osservatorî e dei questionari, sugli sviluppi futuri?

Continuando nella parafrasi, in presenza di un «elettorato» volatile, potremmo ipotizzare una rapida crescita o una lenta regressione di ciascuna delle tre categorie proposte inizialmente?

Tra l’altro, potrebbe darsi una geografia dei territori committenti, professionali e imprenditoriali diversificata tra chi ritiene di effettuare autonomamente importanti investimenti e coloro che invocano misure di supporto e di facilitazione.

È palese, infatti, che, in assenza di una strategia industriale reale sul medio termine, gli sviluppi della digitalizzazione nel settore sarebbero soggetti a una elevata variabilità, facilmente condizionabile da tendenze e da sentimenti legati, ad esempio, a un rigetto potenziale della «cultura del dato» o, più semplicemente, dall’onerosità degli investimenti necessari all’interno di circostanze relativamente caduche.

Per concludere la suggestione, i risultati «elettorali» domestici andrebbero contestualizzati entro un quadro europeo e comunitario sulla evoluzione digitale del comparto che risente delle culture e delle strutture dei mercati locali.

Fuor di metafora, o di parafrasi, la questione reale riguarda il fatto che il grado di complessità effettiva della digitalizzazione implichi, come già si constata in altri Paesi, un certo disorientamento di coloro che, vedendo altri andare «oltre il BIM», faticano a realizzare la complessità del fenomeno digitale e, di conseguenza, forse potrebbero desiderare un «BIM» riduzionista, semplificato, che, in definitiva, resti «prima del BIM».

Di là delle incognite, anche etiche, che la digitalizzazione impone alla società e all’economia, resta la constatazione che una autentica maturazione digitale crei divisioni e differenziali all’interno del settore e del mercato.

Di conseguenza, il dilemma che bisogna affrontare ha a che fare con la eventuale inclusività della «innovazione» che la articolazione dei fenomeni richiede.

D’altronde, raffigurando il collasso di un ponte tra due sponde che affacciano sul baratro, sarebbe facile la tentazione degli avanguardisti di lasciarsi indietro i ritardatari senza esitazioni, per sfruttare il vantaggio competitivo e per evitare di compromettere lo sforzo, ma, al contempo, lasciarseli alle spalle significherebbe disabilitare catene e filiere che, peraltro, andrebbero, comunque, riconfigurate.

È un dilemma non facilmente risolvibile.

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