Dopo aver avviato, con un primo articolo, le riflessioni sul tema deil Legal Bim e dei Contratti Collaborativi in sistema digitalizzato degli appalti e delle costruzioni, e aver ripreso il tema con un articolo molto provocatorio della prof. Sara Valaguzza, Ordinario di Diritto Amministrativo presso l'Università degli Studi di Milano, dal titolo "Chi ha paura del Legal BIM? Facciamo chiarezza" proseguiamo l'approfondimento con questo articolo, sempre della Prof. Valaguzza.
Qui in 10 punti ci viene spiegato cosa si intende per collaborazione nei Contratti Pubblici.
Ringraziamo l'autore per questo nuovo impegno su INGENIO.
Andrea Dari - Editore INGENIO
Per come oggi strutturato, il mercato dei contratti pubblici vive nel conflitto: il committente pubblico e gli operatori privato parlano lingue differenti e aspirano a realizzare obiettivi spesso contrapposti.
La struttura giuridica del rapporto contrattuale, tipicamente antagonista, favorisce scontri e tensioni.
Lacerazione, contraddizioni, conflitti, contenziosi, anomalo andamento dei lavori, extra costi, errori di progettazione, vizi dell’opera, inerzia e burocrazia, distinguono, inesorabilmente, le vicende che riguardano i contratti stipulati con le amministrazioni.
Una spinta alla collaborazione tra stazioni appaltanti, progettisti, appaltatori e filiera dei subcontraenti, attraverso l’impiego di schema contrattuali dialogici e di tecniche di alliancing, appare la risposta giusta per risollevare il settore
La normativa dei contratti pubblici è principalmente concentrata sulla fase di selezione dell’operatore e non sulla fase esecutiva. Con gli accordi collaborativi ci si concentra invece sulla fase esecutiva dei contratti pubblici, per portare valore pubblico aggiunto attraverso la cooperazione del committente con tutte le parti coinvolte, a diverso titolo, in una iniziativa di interesse pubblico.
Si tratta di un accordo, non necessariamente avente contenuto patrimoniale, volto a disciplinare le relazioni di rete, ossia quelle interazioni che, per la presenza di elementi giuridici o di fatto, si creano tra diversi rapporti giuridici, regolati da fonti autonome, ma reciprocamente interferenti.
Elementi giuridici che creano interferenza tra un rapporto giuridico ed un altro sono, per esempio, quelli che si generano quando un contratto qualifica come fatto del terzo, dunque non imputabile all’appaltatore, un evento che dipenda dall’azione di un altro soggetto, a sua volta titolare di un diverso rapporto giuridico interferente. La disciplina della rete oggetto dell’accordo collaborativo dovrebbe occuparsi di regolare questa interferenza, costituendo un ambiente favorevole alla collaborazione dell’appaltatore e del committente oltre che del terzo, in vista del condiviso interesse a creare valore realizzando il programma (di interesse pubblico) a cui tutti i componenti della collaborazione concorrono, sebbene a titolo diverso.
Elemento di fatto che crea interferenza può essere un qualsiasi accadimento imprevisto, che possa alterare il cronoprogramma delle attività anche di competenza di soggetti diversi; in tale caso, il framework della collaborazione si occupa di convogliare le forze e le energie di tutti i componenti dell’alleanza per affrontare l’imprevisto, facendo sì che si ponga in essere ogni sforzo del gruppo per evitare che si creino maggiori costi o si generino maggiori tempi.
L’accordo collaborativo, identificando la rete, crea una alleanza nella quale gli operatori economici e il committente si riconoscono, accettando di unirsi per perseguire un obiettivo comune e convogliando le energie di tutti per cogliere le opportunità che emergono nella fase di esecuzione dei rispettivi rapporti contrattuali.
La legislazione vigente si connota per una particolare rigidità ed esclude, di regola, la possibilità di introdurre modifiche o variazioni inizialmente non previste, sia pure ove abbiano l’obiettivo di migliorare il progetto. Tuttavia, accertato che l’imprevisto fa parte della realtà, coerenza vuole che una certa flessibilità sia riconosciuta nella fase esecutiva dei contratti pubblici, senza che “a pagare” sia sempre e solo il committente pubblico e senza che si innestino articolati contenziosi.
Affiancare al contratto di appalto o di concessione un accordo collaborativo vuol dire siglare un’alleanza in cui tutti i componenti della collaborazione si impegnano ad affrontare in maniera proattiva il contesto che li circonda, facendosi promotori di iniziative che consentano di migliorare l’efficienza della riposta fornita alle esigenze che il committente ha evidenziato con la procedura di selezione, ma anche alle eventualità non previste che potrebbero influire sui tempi e sui costi di esecuzione.
Così, il contesto cessa di essere invocato per giustificare varianti o riserve, diventando invece un riferimento sfidante per gli appaltatori e per tutta la filiera delle imprese coinvolte nell’esecuzione di un contratto pubblico, che avrebbero sottoscritto un impegno a migliorare le proprie prestazioni, confrontandosi in maniera trasparente e costruttiva.
Il Codice dei Contratti Pubblici, anche implementando le direttive europee in argomento, si occupa di disciplinare le modalità di affidamento e, in parte, di esecuzione dei contratti di appalto e di concessione, gli accordi collaborativi intendono, invece ed in aggiunta, riconoscere e regolamentare un oggetto diverso: la rete.
La fonte che legittima il ricorso agli accordi collaborativi è la capacità generale di agire dei committenti pubblici. Gli accordi collaborativi, qualificabili come accordi atipici, trovano il loro fondamento nell’art. 1322 c.c..
La sfida di proporre tecniche contrattuali innovative, che consentano di creare valore nel settore dei contratti pubblici attraverso la costituzione di una rete di soggetti unita da un comune intento, è stata intrapresa dal Centro per il diritto e management delle costruzioni e, in particolare, dall’Università degli Studi di Milano, con il progetto di ricerca che ha portato alla stesura del Framework dell’Accordo Collaborativo FAC-1, in partnership con il King’s College di Londra.
Il FAC-1 Framework di Accordo Collaborativo – tradotto e adattato al contesto italiano dall’Università degli Studi di Milano, sulla base di una licence concessa al Rettore dal King’s College di Londra e dall’Association of Consultant Architects il 21 dicembre 2016 – è lo strumento più sofisticato e completo oggi a disposizione degli operatori che intendano realizzare sinergie in commesse complesse. Si tratta di un modello di accordo collaborativo che consente di regolare i rapporti giuridici fra più soggetti coinvolti nella realizzazione di uno o più progetti, mettendo in relazione più contratti nell’ottica di favorire la collaborazione e il coordinamento delle diverse attività.
L’impiego del FAC-1 consente di:
Inoltre, il FAC-1 è volto a costruire un supporto giuridico solido per l’utilizzo del BIM nel settore delle costruzioni, attraverso:
Il Framework dell’Accordo Collaborativo è già stato sperimentato in Italia nel contesto di un appalto pubblico volto alla realizzazione di un edificio con progetto in BIM
L’applicazione del FAC-1 è in discussione per un grande progetto di costruzione in project financing, del valore di circa 40 milioni di euro.
Il Centro, assieme ad Assimpredil Milano, ha inoltre elaborato un accordo collaborativo tipo, totalmente italiano, che sarà lanciato nei prossimi mesi.
Per approfondimenti sugli accordi collaborativi, si suggerisce la lettura di:
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