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Le Intelligenze Artificiali saranno i nostri Giudici e Arbitri nel prossimo futuro?

Intelligenza artificiale e ambito giuridico: ecco l'analisi del professore Agostino Bruzzone, Ordinario di Ingegneria dell’Università degli Studi di Genova e dell'avvocato Paolo Gaggero, Associato di Diritto privato dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Intelligenza Artificiale, i primi impieghi in ambito giuridico

Da sempre l’uomo è affascinato dall’idea che una “Giustizia Superiore” possa soprassedere alle proprie attività, sia essa quella menzionata nel mito di Er nella Repubblica di Platone o le ordalie del passato ispirate a molteplici religioni. Le motivazioni sono diverse, ma sicuramente includono l’oggettività e l’equilibrio del giudizio oltre alla qualità del medesimo.

La rivoluzione tecnologica ha portato da tempo a pensare a una capacità cognitiva artificiale e la stessa fantascienza ha ipotizzato robot o meglio Intelligenze Artificiali (Artificial Intelligence, AI), capaci di essere tutori della legge, procuratori e/o giudici, spesso abbozzando caricature di società utopiche in questo senso.

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In generale, su questo tema, conviene fare riferimento al concetto di AI, ovvero un sistema complesso capace di dimostrare una sua intelligenza nell’affrontare problemi, dato che l’AI è anche, evidentemente, il cervello di qualsiasi sistema robotizzato si possa concepire in questo contesto.

Adottando una visione professionale e tecnica, bisogna sottolineare che esistono articoli scientifici datati oltre mezzo secolo fa che hanno affrontato il problema, per esempio pensando a come trovare e correlare, in modo intelligente, informazioni sulla giurisprudenza (Buchanan & Headrick 1970).

Negli anni seguenti, lo studio di queste tematiche è proseguito, sempre in ambito giurisprudenziale, usando sistemi esperti che tuttavia hanno dimostrato grandi limiti per le possibili incoerenze sull’insieme delle regole da definirsi (Susskind 1986).

Gli studi sono proseguiti portando a interessanti risultati, per esempio con riferimento a casi legati a controversie legali in materia commerciale, ove l’AI recuperava precedenti simili e li utilizzava per elaborare argomentazioni legali, evidenziando analogie e contro-esempi, ma fornendo anche indicazioni di giudizio finale (Ashley 1991).

Da queste considerazioni affiora che in termini d'interesse scientifico e applicativo, nonché di dimostrazioni metodologiche e tecnologiche, già da molti anni si stanno ottenendo indicazioni positive.

Va sottolineato che le esigenze che emergono in relazione ai procedimenti legali comprendono anche i profili dell’efficienza e dei costi, aspetti molto critici a livello di sistema: esiste cioè un vivo interesse a creare ausili in questo campo che sveltiscano i processi e riducano i costi dei procedimenti legali, garantendone congruità e affidabilità.

Vi sono esempi in Europa e Nord America d'impiego di sistemi di base come supporto per i magistrati, sistemi con limitate capacità cognitive, tanto che anche in Italia sono stati sviluppati applicativi in questo senso, spesso legati a peculiarità del nostro diritto (e.g. quod non est in actis, non est in mundo): vi rientrano assistenti software per i magistrati della Corte di Cassazione per trattare i fascicoli, ma anche per auto-comporre capi d'imputazione di routine (Asaro 2012).

Nella situazione corrente, è evidente che questi sistemi embrionali sono risultati spesso lontani dall’essere “intelligenti” e “cruciali” nell’ovviare ai problemi di stampo legale.

Più recentemente e in molti Paesi, sono state attivate efficaci soluzioni su piattaforme informatiche che supportano la negoziazione nel caso di divorzi, affidi, dispute condominiali (Matlack, 2016).

Un altro ambito applicativo in cui si è iniziato a lavorare è quello dei contratti e degli arbitrati, settori nei quali le AI possono dare un interessante ausilio nella risoluzione dei claims (Governatori et al. 2018).

Il potenziale dell'AI in ambito legale

Nel 2017, Ashley ha redatto un apprezzabile survey su come le AI abbiano dimostrato il loro potenziale in ambito legale e vi siano casi applicativi in molteplici settori: recupero di precedenti, contestualizzazione e correlazione della giurisprudenza, generazione di giudizi, valutazione dei rischi dell’azione legale, argomentazione giuridica oltre che ausilio all’investigazione.

AI, cosa è cambiato oggi rispetto a quanto studiato negli anni passati?

Sicuramente la digitalizzazione ha reso accessibile una più vasta base di dati ove cercare riferimenti e casi e la capacità di formalizzare e strutturare opportunamente i dati legali è certamente uno degli aspetti fondamentali che richiede particolare attenzione per registrare successi in questo campo.

Con riferimento a questa condizione, oggi si possono adottare metodologie di Intelligenza Artificiale più robuste ed efficaci di un tempo (e.g. machine learning): tecniche più onerose dal punto di vista computazionale sono oggi supportate dalle moderne capacità di elaborazione e aprono nuove frontiere.

AI e la Legal Analytics

Le tecniche di AI si sono evolute e integrate permettendo di trovare nuove soluzioni efficaci per questo contesto applicativo superando alcune criticità.

Per esempio, un grande valore aggiunto ha lo sfruttamento delle capacità cognitive, di correlazione, ma anche auto esplicative delle moderne tecniche di intelligenza artificiale che convergono in quella che viene definita Legal Analytics (Nissan 2017).

In questa prospettiva, la sfida per conseguire il vantaggio competitivo associato all’uso di AI è la capacità di rendere comprensibili le motivazioni giuridiche dei suoi esiti.

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In effetti, quando il “giudizio” generato da una AI viene corredato anche da una sua giustificazione, è allora che si realizza un presupposto di controllabilità dell’esito che ne favorisce l’uso in ambito legale, in cui può agevolmente divenire un supporto alla negoziazione e alla risoluzione di dispute.

Sotto questo profilo, tecniche avanzate come la Fuzzy Logic e la Analytic Hierarchy Process, possono essere un grande ausilio per generare una spiegazione delle proposte prodotte da un’intelligenza artificiale e diventare un moltiplicatore di forze in questo campo (Chen & Wang 2009; Bruzzone et al., 2011).

Facendo un esempio concreto, negli arbitrati relativi a controversie in materia contrattuale, l’uso delle AI ha un enorme impatto potenziale e, con i metodi auto esplicativi suddetti, si possono ottenere notevoli vantaggi in termini di costi, tempi ed efficienza del procedimento.

In questi casi, la disponibilità di AI e l’inserimento nelle pattuizioni che contemplano l’arbitrato di una clausola che ne preveda l’impiego per l’arbitrato medesimo, potrebbero fornire un vantaggio competitivo nella decisione o nella composizione delle controversie ai soggetti che risultino dotati di quello strumento (siano essi Stati, altri enti pubblici o sovranazionali, privati che operino in ambito legale o imprenditori).

Intelligenze Artificiali: giudici o arbitri del futuro?

La domanda allude ad un tema in fase di concreto sviluppo con grandi potenzialità e opportunità, come dimostrano i recenti articoli scientifici al riguardo (Re et al., 2019) ma ci pare convenga fornire una risposta specificamente articolata assumendo due distinti punti di vista: ingegneristico e giuridico.

La risposta dell’ingegnere è positiva, ma pragmatica e articolata: potenzialmente la cosa è fattibile anzi questa è già, in parte, in essere, ma bisogna specificarla per ciascun settore applicativo, svilupparla e renderla affidabile con test e sperimentazione.

Critico risulta il coinvolgimento degli esperti del settore a fianco degli ingegneri e degli scienziati per definire i margini e i criteri per valutare l’affidabilità delle nuove AI per la Legal Analytics. Inoltre, bisogna procedere attentamente sia nella parte di verifica che in quella di convalida e nella creazione dell’intera architettura in modo integrato con i processi in essere e i diversi sistemi (e.g. basi dati).

Infatti, un aspetto critico a questo riguardo è il rischio di perdita di fiducia da parte del settore o della comunità a seguito di errori o criticità. È evidente che l’uso di AI in questo campo è un tema sensibile e tali aspetti vanno curati attentamente, sia dal punto di vista tecnico che comunicativo.

In modo analogo, bisognerà considerare il rischio che al diffondersi di questi aspetti corrisponda una “meccanizzazione” dei processi legali, portando ad una progressiva riduzione della presenza umana anche al di sotto di quei livelli che sono auspicabili per garantire i principi del diritto medesimi.

Anche in questo caso, il coinvolgimento delle criticità segnalate in precedenza sarà fondamentale non solo nello sviluppo, ma nell’aggiornamento e mantenimento di questi sistemi.

Altrettanto fondamentale sarà sviluppare le AI, come per altro andrebbe sempre fatto, perché possano agire e interagire con gli utilizzatori in modo da divenire uno strumento efficace, magari con la capacità di prendere in considerazione anche aspetti fondamentali di “filosofia del diritto”, ma anche predisposto a interagire con i soggetti coinvolti per considerare le peculiarità legate ai casi in essere rispetto ai limiti dei modelli.

Ovviamente, l’aspetto fondamentale è quello di risultare capaci di modellizzare il contesto legale e sviluppare queste nuove AI. Se facciamo riferimento al caso succitato di un arbitrato, oltre a disporre di un AI specifica, si crea la necessità di attivarla, configurarla, personalizzarla e definirne il contesto in riferimento allo specifico contratto; tutte attività che richiedono una specifica e altamente qualificata competenza sia scientifica che legale oltre a un approccio transdisciplinare, con approfondimenti, formazione e sviluppo di nuove competenze.

La Legal Analytics e le sue AI: un nuovo business

Queste considerazioni evidenziano quindi come la Legal Analytics e le sue AI risultino potenzialmente un nuovo business sector con una valenza realmente strategica (Bruzzone 2019); sotto questo profilo tali tematiche si sposano molto bene con la nuova disciplina dell’Ingegneria Strategica che combinando modelli, AI e Data Analytics, mira a supportare le decisione in moltissimi settori compreso quello legale.

La risposta in prospettiva giuridica è che certamente l’AI e le sue applicazioni hanno progressivamente guadagnato l’attenzione del diritto e dei giuristi, in connessione con la funzione propria dell’uno e degli altri di configurare la disciplina dei fatti che concorrono a comporre la realtà.

Una disciplina, quella giuridica, che dà corpo a un ordinamento normativo concepito astratto e applicato in concreto, chiamato a dettare i canoni conformativi delle relazioni sociali.

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Alla tecnologia e alla tecnica si deve l’evoluzione socio-economica la cui sintesi è costituita dalla cosiddetta società digitale che ha articolate manifestazioni e ricadute sul piano culturale, economico, delle relazioni intersoggettive e, in genere, dei rapporti sociali.

Internet, Smartphones, Social Networks, Big Data, Cloud Computing, Droni, Robot, Smart Cars, Internet of Things & Internet of Everything, Blockchain, Smart contracts, FinTech non costituiscono ipotesi futuribili, bensì appartengono – sia pure ciascuna con diversa intensità e frequenza rispetto alle altre – alla diffusa quotidianità di ampia parte della popolazione mondiale.

Così pure sta accadendo per l’AI, che si affaccia dalle quinte con una doppia anima: da un lato, componente ulteriore del catalogo delle manifestazioni della moderna tecnologia che connota la società digitale contemporanea; dall’altro lato, strumento che s'innesta sulle accennate fenomenologie caratteristiche di quest’ultima divenendone fattore che ne determina gli svolgimenti ulteriori, tendenzialmente potenziandone gli effetti.

Intelligenza Artificiale e GDPR: la tutela dei dati personali

Al diritto e al giurista si ripropongono, così, classiche questioni, tra cui svetta quella della difesa dei diritti fondamentali della persona.

In seno essa, a esempio, il problema della tutela della riservatezza e dei dati personali che è affrontato dal General Data Protection Regulation (Regolamento UE 27 aprile 2016, n. 679, c.d. GDPR, che ha abrogato la Direttiva CE n. 95/46 dettando una nuova disciplina in materia uniforme per le esperienze nazionali degli Stati membri dell’UE).

Esso si pone in relazione all’articolo 2 Cost. e all’art. 8 (più che all’art. 7) della Carta dei diritti fondamentali UE che ha imposto la revisione del c.d. Codice sulla Privacy (a cui ha provveduto il d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101) e che attende di essere completato dal Regolamento UE c.d. e-privacy (che è ancora in veste di proposta e comporterà l’abrogazione della Direttiva 2002/58/CE) più direttamente collegato all’art. 7 della menzionata Carta (il quale ha a che fare con la salvaguardia della vita privata, familiare, domestica e delle comunicazioni, mentre l’art. 8 – a cui è in più diretta connessione il GDPR – contempla la protezione dei dati personali).

L’erompere dell’AI – e l’evoluzione delle sue applicazioni – s'insinua in questa trama come un fatto nuovo che merita attenzione.

Si presentano infatti anche questioni nuove. Talvolta perché si accentuano o, comunque, si atteggiano diversamente quelle più tradizionali, in relazione ai rischi, agli interessi, alle esigenze che si associano di volta in volta alle innovazioni tecnologiche e tecniche, da esse via via recati (o anche soltanto accresciuti), toccati e poste: accade – riprendendo l’esemplificazione dinanzi operata – con riferimento alla tutela della riservatezza e dei dati personali, in relazione alle maggiori potenzialità lesive della cosidetta privacy digitale che si annettono all’uso dell’AI, in specie a un’opaca pervasività dell’algoritmo e all’opacità con cui l’algoritmo può penetrare e attingere alla dimensione digitale e conseguirne il dominio.

AI e giurisprudenza: strumento da configurare e utilizzare

Si prospettano temi e vicende nuovi, che insistono su terreni vergini: è il caso della responsabilità civile per danni arrecati da macchine munite di AI o, più in generale, causati da eventi determinati da scelte, decisioni assunte da un sistema, una struttura dotata di AI; o dello smart contract come modalità, tecnica negoziale di esecuzione del programma contrattuale; o della fintech che ha molteplici articolazioni all’interno delle quali l’AI può guadagnare spazi (a esempio l’acquisizione digitale di clienti, la consulenza finanziaria, l’esecuzione di operazioni di investimento e disinvestimento, e così via).

Il raggiungimento di nuove frontiere da parte dell’innovazione tecnologica e tecnica – qui da parte dell’AI – dà luogo ad applicazioni, dunque a vicende effettuali inedite rispetto alle quali i modelli, le categorie, le discipline giuridiche esistenti possono rivelarsi insufficienti: semplicemente imperfetti, oppure carenti o, senz’altro, inadeguati all’esito di una valutazione non solo specialistica (tecnico-formale di stampo prettamente giuridico), ma anche assiologica.

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Non occorre, per questo, attendere che l’inedito travalichi il confine oltre il quale entra nel campo della bioetica: il nuovo – in ragione dei rischi che annuncia, degli interessi con cui entra in contatto e, dunque, dei valori con cui interferisce – esige la verifica e, casomai, la revisione delle norme giuridiche esistenti se (ogni volta che) non risultino rispetto a esso espressione di un acconcio contemperamento degli interessi e dei valori in gioco, conforme alla metodologia del loro bilanciamento orientato alla razionalità del componimento del contrasto e, ove provviste, dalle gerarchie valoriali riferite dalle fonti di vertice (la Costituzione, ma non solo).

Il quadro delineato in cui l’AI si colloca nell’immagine che ne può cogliere lo sguardo del diritto e del giurista, peraltro, si arricchisce ancora un poco perché, per questi ultimi, essa non è – unitamente a ciò che di essa si serve – soltanto oggetto da configurare, ma strumento da utilizzare.

Così, l’AI può trovare applicazione a esempio, in diverse aree: quella della redazione di atti giudiziari nell’ambito della professione dell’avvocato, a cui può essere di ausilio nel dare contenuto a quelli; quella della negoziazione dei contratti, nella prospettiva dell’individuazione della soluzione negoziale che rappresenta il componimento ideale, sul piano oggettivo-razionale, dei contrapposti interessi delle parti in posizione formale di conflitto avuto riguardo alle attese da ciascuna manifestate e alle condizioni di contesto; analogamente – parrebbe anche – dell’interpretazione, in particolare, della clausola della buona fede potendo servire a isolare, sul detto piano, il punto di equilibrio sul quale centrare la valutazione di correttezza, rispetto al quale cioè misurare la lontananza del comportamento contestato, limitando così la discrezionalità interpretativa o rendendone più controllabile la manifestazione rinvigorendo il ruolo della motivazione; della decisione giudiziaria o arbitrale.

Gli impieghi dell'AI e le sue implicazioni

Solo il primo si può congedare come un uso strumentale dell’AI prettamente ancillare all’attività di chi se ne serva, al cui controllo e, dunque alla cui responsabilità restano affidati i contenuti degli atti che faccia propri, che costituiscono segmenti della propria attività ancorché generati con l’ausilio di applicazioni dell’AI.

Più delicato è il compito che a quest’ultima si riservi in relazione alle altre tipologie di impieghi esemplificate, poiché tange le categorie dell’autonomia privata e della funzione giurisdizionale, il ruolo dell’interprete e, segnatamente, del giudice, ma anche degli arbitri.

La criticità del ricorso all’AI nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto appare più accentuata se lo s’imponga e si attribuisca carattere vincolante ai risultati a cui conduca, ma non scema fino ad azzerarsi neppure se non si assegni loro l’attributo dell’assoluta inderogabilità.

Ciò in quanto non solo l’affidamento pedissequo dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto, della decisione del caso all’AI, ma anche la più moderata alternativa del riconoscimento di un ruolo proficuo all’AI nei delineati ambiti postula l’adesione a un’opzione ideologica che esclude (o almeno reputa marginale) l’incalcolabilità del diritto.

È questo un tema discusso, essendo discussa l’idea stessa del diritto, la sua nozione, le sue consistente, risultando – per quanto qui rileva – inappagante e riduttiva l’istituzione d’una sua corrispondenza a un catalogo di regole operazionali attinte dalla giurisprudenza (neppure selezionate potendo fare affidamento sulla doctrine dello stare decisis o binding precedent peculiare dei sistemi di common law, ma) ricostruito includendovi quelle statisticamente prevalenti isolate con ricognizione effettuata con criterio rigorosamente casistico; risultando altresì naturalmente limitata l’utilità della regola del caso, che è ritagliata sulle circostanze di fatto a quello specificamente peculiari e solo accidentalmente riscontrabili identicamente in altri; e risultando, infine, niente affatto trascurabile il rischio che si dia un diritto incalcolabile antitetico alla “calcolabilità giuridica” che Max Weber riteneva coessenziale al capitalismo.

Un rischio che oggi proviene in primo luogo dal testo normativo che si presenta instabile (mutevole, provvisorio, per i rapidi mutamenti della realtà con cui si confronta); di discutibile fattura (sul piano linguistico, ma anche concettuale); di eterogenea provenienza (per la permeabilità dell’ordinamento domestico, innanzi tutto, al diritto dell’Unione europea, sovente contingente e frutto di compromessi tra diverse tradizioni giuridiche); carente di sistematicità (per le anzidette concorrenti ragioni).


 

Riferimenti

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