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Cosa impareremo da questa emergenza

"Dobbiamo usare la tecnologia oggi più che mai e valorizzare il controllo dei processi e non subirne solo le conseguenze"... Una riflessione di Dimitri Dello Buono

Vivevamo in un mondo frenetico fatto di comunicazione spicciola, di tanto virtuale inutile e di valori che si stavano allontanando tantissimo dalla vita reale. I nostri soldi che ormai sono un numero su un sito di Home Banking, un lavoro che vive per il tramite di un oggetto chiamato cellulare o tablet, relazioni con colleghi e con amici che si susseguono via messaggini. Gli auguri viaggiano su Messenger e su WhatsApp ed addirittura le condoglianze ormai sono ad appannaggio di SMS.

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La vita reale non è più quella di una volta

Ormai viviamo in una famiglia dove per comodità siamo tutti nel raggio di un metro ma con la testa e col pensiero siamo distanti centinaia di km chattando e inseguendo messaggi inutili di amici e di colleghi che spesso servono davvero a poco e poco hanno a che fare con il reale che ormai non sappiamo più riconoscere.

Nello stesso tempo, pervasi da una tecnologia che ci coinvolge e ci sconvolge la vita, riusciamo ad evitare alcune cose che invece la tecnologia potrebbe darci. Non abbiamo mai fatto una scuola a distanza degna di questo nome anche se i termini e-learning sono in giro da anni. Insegnanti che ritengono di conoscere la tecnologia solo perché utilizzano una LIM di cui forse non ricordano neppure il significato e che qualcuno fa accendere ai propri alunni, perché non sono proprio certi della procedura di accensione e di spegnimento, che comunque sono fisicamente presenti in aula.

Libri di testo che da anni dovevano diventare e-book ma che mai lo sono diventati. Anzi se qualche alunno si azzardava a presentarsi in classe con un Kindle probabilmente veniva fermato con l’affermazione che sarebbe stato discriminatorio nei confronti di chi un kindle non può permetterselo. Nel contempo nessuno dice nulla sul fatto che le classi dello stesso istituto usino libri di testo diversi per la stessa materia (qualcuno mi spiegherà un giorno il perché anche se credo di saperlo già).

Avvocati, principi del foro, cancellieri e magistrati che con la tecnologia si scambiano di tutto ma quando debbono realmente interagire e velocizzare le ormai centenarie procedure giudiziarie vanno ancora in giro per fotocopie e consegnano faldoni di documenti cartacei che non si sa neppure più dove mettere e come trovare. Due ore di viaggio, altre due ore di attesa per un’udienza in cui l’unica attività è depositare un foglio di carta e decidere una data per un aggiornamento.

Incredibile come il reale sia così distante da noi e come utilizziamo male la tecnologia

In questi giorni forse potevamo banalmente chiedere (o imporre) ai contagiati di attivare la loro posizione sul cellulare e controllarla a distanza da una sala operativa che poteva verificare gli spostamenti e gestirne i flussi ma qualcuno avrà sollevato di sicuro problemi di privacy o, peggio ancora, non ci avrà neppure pensato. In Corea del Sud lo hanno fatto ma l’Italia non è la Corea nel bene e nel male.

Oggi però Oracle dichiara di acquisire dati da oltre 7 miliardi e mezzo di dispositivi nel mondo e di profilare le richieste di tutti noi dalla rete, classificandole e vendendole a chi le richiede non in un mese o in una settimana ma in meno di un secondo. Nel 2017 scrissi che una nostra richiesta in rete impiegava qualche minuto per generare una offerta economica che ci venisse proposta. All’epoca dicevo che la vendita di un’auto e la voglia di andare a sciare generavano l’offerta di acquisto di un’auto con portasci e soggiorno di una settimana per due compresa nel prezzo. Oggi siamo oltre perché in tre anni nel mondo della tecnologia a volte cambia tanto e qualche volta anche tutto. 

La burocrazia e la pubblica amministrazione quella invece no. Non cambia. La resilienza dell’amministrazione è davvero forte e non siamo in grado spontaneamente di sovrastarla.

Questo piccolo, odioso, pericoloso virus senza gambe, invece, sta sconvolgendo la nostra vita

È riuscito a cambiare in una notte l’atteggiamento della classe insegnante che ha fatto quello che in anni non aveva fatto e che forse neppure veramente deciso di fare. Decine di migliaia di insegnanti che stanno affannosamente e velocemente cercando di capire in primis cosa significhi e-learning e poi stanno cercando disperatamente di recuperare il gap, a volte chiedendo ai propri alunni come utilizzare gli strumenti (il professore diventa alunno e l’alunno professore). Gli avvocati che non riescono a capire se la decorrenza dei termini si applica o meno ai loro atti e stanno, finalmente, utilizzando l’informatica in “modalità evoluta” scrivendo, da casa, atti e documenti che trasmetteranno e depositeranno finalmente in modo telematico.

Cosa riesce a fare un odioso essere inutile. 

La nostra coscienza e il nostro buon senso si attiva quando non vorremmo neppure pensare ma solo stare a guardare ed invece ci ritroviamo come i nostri nonni in tempo di guerra.

Ogni cosa riprende il senso che avrebbe dovuto avere da tempo.

Ogni giorno stiamo bruciando miliardi di euro e quei numeri dell’home banking e delle borse ci dicono che ora una compagnia che valeva 100 oggi qualcuno ha deciso che vale 60 e domani forse varrà 50. Tutti stiamo dando letteralmente i numeri ma i numeri non sappiamo affatto gestirli.

In pochi hanno modelli e sanno leggere e governare quei numeri o quelle informazioni che ora decidono il nostro destino.

Stavamo da poco capendo il BIM e provando a disegnare i gemelli digitali delle nostre infrastrutture e di corsa dobbiamo invece capire ed utilizzare la versione 2.0 del BIM, il CIM

Infatti il BIM (Building Information Model) si sta proiettando verso il CIM, il City Information Model, per capire come le infrastrutture e le persone popolano e vivono le nostre città.

Ora che un litro di alcool passa da 1 € a 5 € e non si trova, che l’amuchina vale più del Brunello di Montalcino e che una mascherina da imbianchino è merce rara capiamo come si possono e si devono ottimizzare le risorse che abbiamo e dare il giusto valore alle cose che ci circondano.

Dobbiamo usare la tecnologia oggi più che mai e valorizzare il controllo dei processi e non subirne solo le conseguenze

Il telelavoro domani sarà quella cosa che il virus ci ha fatto conoscere, i modelli il modo di gestire i processi e le risorse. L’edilizia forse scoprirà la realizzazione di interi edifici in fabbrica ed il loro montaggio fatto sul cantiere come quando da bambini usavamo i lego, il terziario che i computer servono per qualcosa di meglio che usare la posta elettronica e qualche foglio di excel, i professionisti che i loro clienti hanno bisogno dei loro consigli non della loro presenza, i dottori che un kit diagnostico e uno scanner possa essere più utile di decine di sedie nelle loro sale di attesa, un chirurgo che un esoscheletro sia qualcosa di utile e che possa aiutarlo a operare anche a distanza e con la collaborazione di colleghi lontani fisicamente.

Conosco personalmente un ortopedico che ha messo a punto un esoscheletro che riduce i tempi di installazione di una protesi d’anca a poche ore senza l’aiuto di nessun assistente, un gruppo di ricerca che ha realizzato un naso elettronico che riesce a diagnosticare malattie e presenza di sostanze utile sia per la safety che per la security.

Nel Decreto Genova lo scorso anno avevamo introdotto i concetti di un sistema informatico che realizzi i fascicoli digitali di edifici, infrastrutture, processi e tutto ciò che accade nella pubblica amministrazione e nel mondo delle infrastrutture, la stampa 3D ormai riesce a creare case in meno di due giorni e la produzione ibrida di edifici prefabbricati garantisce case antisismiche e totalmente autosufficienti energeticamente, anzi con surplus produttivo.

Qualche giorno fa, prima di questo delirio, avevamo fatto due conti ad Avellino in un convegno con il Capo Dipartimento di Casa Italia e abbiamo stimato che la cifra potenziale di mercato per l’attuazione di sisma ed eco bonus, solo per l’Italia, è 320 miliardi di euro. L’Inghilterra, invece, stima in 600 miliardi di sterline questo settore.

Dopo l’emergenza c’è sempre la ripresa, almeno lo speriamo tutti.

Se riusciamo a connettere i neuroni buoni della nostra dura cervice e razionalizziamo l’uso della tecnologia e delle nostre capacità forse le centinaia di miliardi che metteremo in campo oltre ad un enorme debito produrranno qualcosa di concretamente utile e che potremmo goderci per molto tempo: il rilancio di una economia che forse attendeva uno scossone forte per prendere coscienza di se stessa.