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Il BIM per la progettazione e la costruzione delle opere impiantistiche e infrastrutturali: il modello HERA

L’uso del Building Information Modeling (BIM) per la progettazione, la costruzione e la gestione degli edifici comporta enormi vantaggi: dal controllo dei costi all’ottimizzazione dei tempi costruttivi, fino all’utilizzo dei dati per una corretta manutenzione dell’opera.

Ma consente anche di migliorare la progettazione e la realizzazione delle opere impiantistiche e infrastrutturali?

Quali vantaggi comporta sviluppare progetti in BIM di depuratori, vasche di laminazione, impianti di distribuzione del gas o termovalorizzatori e come si integra tutto ciò, con gli strumenti GIS? 

Lo abbiamo chiesto all'Ing. Fabrizio Mazzacurati, direttore Ingegneria HERAtech, la società del Gruppo HERA che realizza impianti, reti e allacciamenti per la multiutility presente in 330 Comuni tra Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Toscana e Veneto. 

 

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Centrale Termica Teleriscaldamento Cogen Barca - Bologna

 

Cosa fa la Direzione Ingegneria di HERAtech

Quando è nata la Direzione Ingegneria di HERAtech, quali attività svolge e quanti professionisti vi lavorano?

«La Direzione Ingegneria di HERAtech è nata nel 2017 e vi lavorano circa 200 professionisti, tra ingegneri, periti e geometri. Opera in tutte le filiere produttive del Gruppo in una logica sovraterritoriale e di sovrafiliera, per cui ci occupiamo di una gamma diversificata di interventi: dal mondo dei rifiuti, quindi termovalorizzatori, discariche e biodigestori, a quello del gas ossia prelievo trattamento e misura da metanodotti SNAM, trasporto e distribuzione, fino alla filiera idrica, ossia captazione delle acque grezze, potabilizzazione, adduzione e distribuzione delle acque ai clienti finali, sistemi fognari depurativi, quindi collettamento delle acque reflue e impianti di depurazione. Infine, tutta la filiera della produzione energetica, per cui spaziamo dagli impianti di produzione energetica classica con turbine a vapore e turbine a gas, a impianti di tipo cogenerativo, con produzione combinata di energia elettrica e termica per alimentare le reti di teleriscaldamento urbano. La Direzione Ingegneria di Heratech è il frutto di una progressiva unificazione organizzativa di realtà che erano preesistenti a livello provinciale che sono state via via unificate fino a raggiungere l’assetto attuale. Gli interventi che trattiamo vanno da qualche decina di migliaia di euro a centinaia di milioni di euro. Attualmente abbiamo in sviluppo oltre 400 interventi significativi per un valore a vita intera di oltre un miliardo di euro». 



 

L'introduzione del Building Information Modeling in HERA

Quando è iniziato il percorso di introduzione del BIM e quali cambiamenti ha comportato all’interno dell’azienda?



«Hera ha cominciato a introdurre gli strumenti e le metodologie BIM nel 2018 sia sull’onda di un «pressing giuridico» e quindi della progressiva obbligatorierà disposta dal DM 560/17, sia per una naturale attenzione alle evoluzioni tecnologiche e strumentali caratteristica distintiva del Gruppo. Così come siamo passati dal tecnigrafo al CAD, stiamo oggi migrando verso strumenti e metodologie di lavoro più evolute. L’introduzione della piattaforma BIM ha ovviamente portato a una significativa variazione nelle modalità di lavoro: nuovo hardware, nuovo software, nuovi assetti organizzativi, nuove procedure per la gestione dei progetti. Abbiamo istituito un ufficio BIM, guidato da un BIM manager affiancato da quattro collaboratori che oltre ad elaborare procedure, standard e amministrare il sistema, supportano il lavoro di tutti i capi progetto per calare il BIM in ogni singola iniziativa e gestire al meglio il percorso evolutivo intrapreso».

I

lI ruolo di BIM Manager a chi è stato affidato?

«All’Ing. Erika Carloni, project manager, che dopo aver maturato anni di esperienza nello sviluppo di progetti di impiantistica complessa, ha dato corpo al primo nucleo organizzativo dedicato interno ad HERA. Ovviamente si sono fatte anche assunzioni mirate, portando nella macchina organizzativa risorse con già una formazione specifica. Devo dire però che oggi in Italia, escludendo il mondo dell’architettura, non si trovano molti professionisti formati e con adeguata esperienza applicata nel mondo impiantistico in questo settore».



 

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L'applicazione del BIM in campo impiantistico

HERAtech si occupa, sia per il Gruppo HERA sia verso terzi, di progettazione e realizzazione di impianti e reti. In quali ambiti viene applicato il BIM? 



«Abbiamo deciso di partire con un’applicazione intensiva in campo impiantistico perché la varietà di impianti e la loro intrinseca eterogeneità, ci ha spinto ha ragionare in termini di normalizzazione, che è uno degli elementi chiave dell’applicazione del BIM, ossia creare degli standard componentistici e anche di assetto per migliorare la qualità e i tempi della progettazione e realizzazione di tali opere. Però come Gruppo, abbiamo anche avviato un progetto pilota sul mondo delle reti».



 

Il BIM per la progettazione delle reti? Il contesto è complesso

Perché avete scelto di applicare il BIM al mondo delle reti solo in un secondo momento?



«Innanzitutto perché è un settore che, per sua struttura intrinseca, è già fortemente standardizzato, inoltre è più semplice, parliamo di tubazioni o di componenti di linea, quindi da più tempo esistono standard in tutte le aziende che si occupano di distribuzione e che codificano tipologie di materiali e soluzioni. In più, è un ambito in cui in tante Multiutility evolute esistono già dei sistemi corporate di gestione delle informazioni legate alle reti, ossia i GIS, che sono strumenti ad accesso plurimo e amministrati da strutture centrali a cui ovviamente tutti i tecnici interessati sia alla gestione sia alla progettazione possono accedere. Quindi esiste già un sistema governato e supportato informaticamente che facilita il processo di progettazione e gestione delle reti.
 In campo impiantistico la situazione è molto diversa, per cui abbiamo deciso di partire da lì. L’altro elemento che ci ha indotto a partire con le reti in un secondo momento, è il fatto che devono essere posate in un contesto, il sottosuolo, dove tanti “mettono le mani”. Nel sottosuolo lavora chi si occupa di distribuzione del gas, di energia elettrica, di illuminazione pubblica, di telecomunicazioni e posto che uno degli elementi fondamentali per un buon impiego del BIM è l'inquadramento del contesto e dello stato di fatto dell’opera, in questo ambito è tutto molto «magmatico», «evanescente», perché non esiste un catasto del sottosuolo amministrato dal pubblico a cui un operatore possa fare riferimento per recuperare lo stato di fatto dell’area nella quale intende posare o ha già posato, la propria infrastruttura. Il contesto come intuibile è complesso e per essere pienamente trattato con il BIM richiederebbe la costruzione di relazioni e protocolli tra diverse istituzioni, Gestori di infrastrutture, Regioni, Città Metropolitane, Comuni. Da qui la scelta descritta in precedenza».



 

I vantaggi del BIM per la gestione delle opere impiantistiche

Tornando al discorso del BIM in ambito impiantistico, cosa intende esattamente?



«Abbiamo applicato il BIM ad uno spettro ampio di tipologie impiantistiche che consentisse al Gruppo di cimentarsi subito in tutte le filiere: dalla potabilizzazione alla depurazione della acque passando per la cogenerazione, il trattamento rifiuti fino alla produzione di biogas e la termovalorizzazione. Nel dettaglio attualmente stiamo sviluppando in BIM otto depuratori, cinque vasche di laminazione in campo fognario, un potabilizzatore, due impianti di trattamento e distribuzione di gas e una centrale cogenerativa per l’alimentazione di un sistema di teleriscaldamento, inoltre un sistema di compostaggio e produzione di biogas a Sant’Agata Bolognese (uno dei primi in Italia per taglia e dimensioni) e infine il potenziamento del termovalorizzatore a Trieste, attualmente in cantiere. Tutte queste iniziative impiantistiche sono state lanciate nel 2018 e sono già state impostate attraverso strumenti e metodologie BIM».

L'introduzione della progettazione parametrica e del processo BIM, hanno permesso di migliorare le modalità di progettazione e costruzione delle opere impiantistiche e civili? Perché? 



«Assolutamente sì. Partiamo da un dato di fatto: ogni infrastruttura utilizzata dall’uomo si compone in linea generale di una parte civile, una meccanica e una elettrica e il BIM consente di gestire le interferenze che possono nascere tra queste diverse componenti sin dalla fase di sviluppo progettuale, oltretutto con un livello di dettaglio più spinto e uno sforzo a regime inferiore. Un vantaggio che non si può ritrovare con gli approcci classici».

Può farci un esempio?

«Volendo rappresentare l’aspetto in modo semplificato e schematico consideriamo un progetto impiantistico sviluppato con strumenti classici: normalmente il primo a lavorare è l’impiantista/processista che dopo aver dimensionato apparecchiature e tubazioni, le distribuisce nello spazio disponibile in modo ragionato e funzionale. L’impiantista passa poi il progetto all’elettrico che deve dimensionare quadri e linee di alimentazione coerentemente con le esigenze delle apparecchiature previste dal collega. Il lay out così elaborato viene successivamente passato al civile per lo sviluppo dell’edificio industriale necessario al contenimento di tutti gli elementi e delle sistemazioni esterne, ebbene, se in questo flusso di lavoro subentra un aspetto critico, per cui ad esempio, una soluzione proposta dal meccanico non è compatibile con le norme che deve seguire l’elettrico o viceversa, s’instaura un meccanismo di passaggio di informazioni e file da un tecnico all’altro non supportato da alcuno strumento che può produrre fraintendimenti e comportare il rischio di non intercettare in modo puntuale la globalità delle problematiche con tutti i riverberi conseguenti sul cantiere e quindi sui tempi di realizzazione e costi dell’opera. 
Lavorare su una piattaforma comune, secondo regole codificate, come avviene con il BIM, consente di strutturare questo dialogo all’interno di un ambiente unico. Volendo fare un analogia, è un po’ come se per esprimere un concetto a più persone anzichè usare il telefono e contattare ciascuna separatamente, si utilizzasse uno strumento per la gestione di call conference chiamando contemporaneamente tutti gli interessati e definendo regole precise per partecipare ed esprimersi e registrando la discussione. Il risultato finale è che porto a cantiere un progetto che offre meno spazio a imprevisti, se poi questa metodologia di lavoro viene applicata anche alla fase costruttiva, è chiaro che ho un’ulteriore amplificazione dei benefici, perché non si può parlare del BIM solo sotto l’aspetto strumentale, è anche un modo di operare diverso».

 

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Esempio Modello caldaia con componenti a bordo macchina

 



In particolare, tra i progetti sviluppati in BIM, c’è n’è qualcuno di particolare importanza per cui questo tipo di approccio si è rivelato fondamentale per una gestione ottimale del processo?



«Un esempio è sicuramente il progetto del termovalorizzatore di Trieste, che ha un doppio livello di complessità: il primo è che si tratta di un intervento di manutenzione straordinaria su un impianto esistente e ciò comporta una serie di problemi di gestione delle interferenze in un’opera che deve rimanere in esercizio, il secondo è che si tratta di un intervento dimensionalmente importante con numerose apparecchiature meccaniche ed elettriche da posizionare e collegare e opere civili, strutturali di pari rilevanza; se fosse stato sviluppato con strumenti meno evoluti, avrebbe certamente richiesto più tempo e probabilmente l’output non sarebbe stato di qualità equivalente».



 

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Termovalorizzatore – Organizzazione del Cantiere Trieste

 

L'integrazione BIM e GIS nel settore impiantistico

Il metodo BIM applicato alle opere che hanno forti relazioni con il territorio come quelle infrastrutturali, necessita di un’interazione sempre più profonda con i dati geografici e con gli strumenti GIS. Come ha lavorato Hera su questo fronte?



«Il GIS per noi è un po’ il “pane quotidiano”, nel senso che la nostra fabbrica si sviluppa nel territorio. Anche se realizziamo e gestiamo diverse tipologie di grandi impianti, sono tutte opere che alimentano un «sistema a rete» complesso ed è proprio questo il cuore della nostra “fabbrica”. Per cui avere una rappresentazione georeferenziata dei nostri asset è fondamentale. Per noi, l’inserimento nel GIS di un impianto o di una rete, rappresenta il primo passaggio per integrarlo/a in una logica BIM. Le informazioni che raccogliamo nel GIS, come a esempio la localizzazione dell'asset, la profondità a cui è posato (se si tratta di una rete), il tipo di materiale con cui è costruito o l’anno in cui è stato realizzato, sono elementi che si integrano nel BIM e qui vengono arricchiti. Il GIS quindi diventa (l’entry gate), il canale di accesso alla gamma di informazioni più articolata e completa che è residente all’interno del modello BIM di quell’opera. In sintesi: il GIS è la rappresentazione sintetica dell’infrastruttura dove è possibile cogliere le interazioni tra impianti e sistema a rete, il BIM entra nel dettaglio delle caratteristiche e della storia gestionale dell’infrastruttura». 



Lo sviluppo dell’implementazione della metodologia BIM ha portato alla creazione di standard, template, procedure operative e l’integrazione con quali altri software?



«Certo, come sempre, se a una complessità strumentale e metodologica non si associa un processo di standardizzazione con elaborazione di procedure, istruzioni, specifiche e librerie, non è possibile ottenere gli effetti migliorativi insiti nell’implementazione dello strumento stesso. 
È evidente che l’applicazione del BIM ai progetti impiantistici che le ho precedentemente descritto ci ha indotto a standardizzare costruendo poi librerie di componenti che possono essere portati all’interno dei progetti con processi molto semplici». 



In percentuale, da quando è stato introdotto a oggi, quanti progetti sono stati sviluppati in BIM?



«Per quanto riguarda i progetti impiantistici siamo già a un buon 40 per cento delle opere di natura impiantistica sviluppate in BIM, parlo però in valore economico. Siamo più cauti a prefigurare un’applicazione sistematica della metodologia BIM al mondo delle reti, per questo abbiamo avviato dei progetti pilota nel settore delle reti idriche e gas che stiamo sperimentando nel Nord Est insieme ai colleghi di AcegasApsAmga che è la struttura del Gruppo HERA che opera in Friuli e in Veneto. L’obiettivo è capire quanto sia efficace e portatore di valore l’estensione sistematica dell’utilizzo BIM per la gestione delle infrastrutture interrate. Non abbiamo quindi ancora degli obiettivi codificati ma è ovvio che sul piano dell’organizzazione del lavoro, l’ambizione sarebbe poter arrivare a trattare tutti i progetti con la stessa strumentazione e la stessa metodologia».



 

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Potabilizzatore di Bubano Sezione Fanghi - Imola

HERAtech: i progetti in cantiere 

Su quali nuovi progetti da sviluppare in BIM state lavorando?



«Al momento stiamo lavorando alla realizzazione in BIM di cinque importanti vasche di laminazione che saranno realizzate sulla costa romagnola nel perimetro tra Rimini e Ravenna, a tutela della qualità delle acque marittime e della balneazione, vari impianti di depurazione sia in Emilia sia in Romagna, un impianto di trattamento gas a Ravenna e in più il termovalorizzatore di Padova. È un carnet importante e l’obiettivo è quello di riuscire dal 2025 a sviluppare qualunque progetto di natura impiantistica con questo approccio». 



 

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Vasca di Laminazione – Organizzazione del Cantiere - Cattolica

 

Compatibilità tra release e interfaccia semplici: le richieste al mondo delle software house

Cosa chiedono progettisti e mercato al mondo delle software house in merito allo sviluppo degli strumenti BIM?



«Le richieste sono diverse, una riguarda la compatibilità tra le varie release dei software via via sviluppati. In una logica di evoluzione, chiediamo anche di ragionare e investire sulla user-friendlyness, perché strumenti dalle forti potenzialità comportano anche dinamiche di utilizzo proporzionalmente più complesse, per cui avere un occhio alla semplicità dell’interfaccia con l’applicativo è molto importante, soprattutto se vogliamo stimolare la rapida diffusione di questi strumenti. Poi c’è il tema del rapporto con le aziende manifatturiere, se le software house più grandi si prodigassero per stimolarle allo sviluppo in BIM di librerie dei materiali e componenti che producono, certamente agevolerebbero il nostro lavoro e più in generale di tutte le realtà di ingegneria BIM oriented».

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