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Tecnologie e interventi mirati per la riqualificazione funzionale e antisismica di alcuni ponti esistenti in c.a.

Fibre Net ringrazia il Prof. Ing. Poluzzi per aver condiviso le proprie esperienze tecnico-progettuali rendendo disponibile il seguente articolo in cui si affrontano due interventi di rinforzo strutturale su ponti in c. a. risalenti agli anni ’50. Differenti per geometrie e caratteristiche strutturali, necessitavano entrambi di essere riqualificati e adeguati sismicamente; la scelta è stata l’impiego di FRP quale tecnologia in grado di rispettare in modo efficace la riqualificazione in ordine agli attuali impegni di traffico e alla risposta nei confronti di eventi sismici secondo quanto prescritto dalle vigenti Normative.  

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Intervenire sui ponti esistenti

Il recupero dei ponti esistenti, caratterizzati da necessità di manutenzione, da carenze strutturali in ordine alle attuali normative, è oggi uno dei rilevanti problemi nell’ambito delle infrastrutture pubbliche. La manutenzione si pone sistematicamente come indispensabile se si pensa che la costruzione di moltissimi ponti soprattutto di cemento armato (spesso anche con travi in precompresso) data diverse decine di anni ponendosi in periodi in cui la tecnologia del calcestruzzo e più ancora l’accuratezza nei controlli di qualità non erano allo standard attuale e, in un certo senso, si attribuiva al cemento armato una vita ben più lunga di quanto l’esperienza ha poi manifestato.

Molteplici possono essere le tecniche di intervento per le esigenze imposte dalle revisioni normative sui “Carichi” e dagli oneri connessi alla “Sismica”, stante la grande varietà dei casi che si presentano condizionando orientamenti e scelte per il gestore ed il progettista.

Il presente contributo si riferisce a due interventi in Emila Romagna (in particolare Provincia di Ravenna) su ponti di diversa configurazione, costruiti alla fine degli anni’50 e richiedenti entrambi lavori di manutenzione e riqualificazione funzionale ed antisismica; si tratta di:

- Ponte detto “dell’Albergone”, a servizio della SP253 San Vitale (ex SS 253) sul fiume Lamone;

- Punte “Lungo”, a servizio della SP 302 su un torrente affluente del fiume Lamone (sinistra idraulica) all’inizio della città di Brisighella. 


Collaboratori alla progettazione: Dott. Ing. Fiammetta Frabbi, strutturista, Dott. Ing. Andrea Montalti, strutturista; Collaudatore del “Ponte Lungo”: Dott. Ing. Paolo Palai, strutturista; RUP Ing. Chiara Bentini della Provincia di Ravenna.


 

Gli aggiornamenti normativi, che hanno risentito di una evoluzione nei mezzi di trasporto commerciali in fatto di pesi e di portate, oltre che di lievitazioni nella frequenza dei transiti, hanno imposto “Carichi accidentali” più impegnativi rispetto a quelli delle precedenti norme (ferme dagli anni ’90, prima delle NTC 2008 e 2018). Similmente l’introduzione della zonizzazione sismica con tutto quanto consegue relativamente agli oneri sui manufatti e, nel caso specifico sui ponti, comporta la necessità di prevedere sollecitazioni assai maggiori rispetto a quelli dell’epoca della costruzione. Se degli oneri sismici risentono in entità in genere modeste gli impalcati (per ponti a travate), ben più ne risentono pile, spalle e fondazioni tal da richiedere significativi interventi di rinforzo, quando, al limite, non si possa intervenire sul sistema di vincolamento con l’introduzione di dispositivi di isolamento o dissipazione.

Il progettista, grazie all’acquisizione di documentazione di archivio (nella misura in cui può essere disponibile), all’effettuazione di rilievi geometrici e materici, alla presa d’atto, possibilmente anche con sopralluoghi, delle eventuali criticità dell’opera, deve concepire la portata degli interventi necessari accompagnata da scelte mirate sulle tecnologie da mettere in campo senza dimenticare gli aspetti generali dell’opera, come fu ideata all’atto della costruzione.

 

L'intervento di rinforzo del Ponte “Dell’albergone” sul fiume Lamone

Il ponte “dell’Albergone” sul fiume Lamone, ponte di cemento amato, si configura a tre campate organizzate, all’atto della costruzione, a schema Gerber, di lunghezza complessiva m 61.00 e larghezza originale m 9.00. La messa in sicurezza richiedeva un modesto allargamento finalizzato alla posa e al vincolo di barriere di sicurezza, ma soprattutto interventi di rinforzo per adeguamento ai carichi di normativa ed un miglioramento - adeguamento alla normativa sismica.

La documentazione reperita consentì di conoscere le armature delle travi e il sistema di fondazione su pali di modesto diametro e limitata lunghezza (come peraltro prevedibile).

Lo stato del ponte manifestava frequenti affioramenti delle armature con ossidazione delle stesse, oltre ai sistematici degradi delle selle Gerber e incertezze sulla tipologia degli appoggi.

Fu deciso di potenziare la soletta con riporti di cemento armato solidarizzati alla struttura originale e di eliminare i giunti intermedi rendendo continue e rinforzate le travi longitudinali.

Per l’adeguamento sismico, richiesto dal concomitante cambio di schema strutturale sopra indicato, si provvide alla sostituzione degli appoggi di spalla rendendoli multidirezionali e al trasferimento degli oneri alle spalle grazie all’introduzione di accoppiatori oleodinamici. Le spalle furono potenziate con micropali laterali e tiranti a tergo delle spalle stesse.

Gli interventi sopra indicati richiesero il ricorso a tecnologie varie in ragione delle esigenze specifiche come di seguito schematizzate:

 connessioni fra strutture esistenti e riportate, quindi essenzialmente “piolature”;

 rinforzi e potenziamento delle travi ottenuti con impiego di “fibre di carbonio” solidarizzate all’esistente tramite resine epossidiche;

 impiego di barre da precompressione tipo Dywidag per la giunzione delle travi nella conversione da Gerber a travi continue;

 realizzazione di micropali e tiranti per il potenziamento delle spalle.

L’intervento sulle cerniere Gerber è stato finalizzato a risolvere ed eliminare i problemi di degrado delle zone dei giunti e rendere continue le travate con applicazione di armature integrative, di acciaio in estradosso e di carbonio in intradosso ottenendo benefici sugli aspetti flessionali, oltre a benefici localizzati per gli sforzi di taglio.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

Infrastrutture: come rinforzare elementi in ca e cap mediante materiali compositi (FRP)

Una delle modalità operative di intervento più frequente dei ponti in c.a. è il rinforzo di elementi in ca e cap mediante l’utilizzo di materiali compositi, in particolare con FRP (Fiber Reinforced Polymer). Nell'articolo si illustrano due differenti casi di intervento in contesti infrastrutturali realizzati con materiali in carbonio di recente esecuzione.

Le spalle, potenziate con tiranti di tipo geotecnico, sono state predisposte per essere sede di una coppia di Shock Trasmitter (per spalla) aventi lo scopo di assorbire la sollecitazione sismica longitudinale dell’impalcato, contrastati ad esso mediante un apposito telaio ubicato tra la prima coppia di travi in esterno.

Si riportano alcuni disegni d’insieme nei quali sono leggibili sia gli schemi originali sia, se pure in termini sintetici, quelli di progetto (Figura 2-1). Si riportano altresì grafici di dettaglio e fotografie per illustrare particolari degli interventi effettuati; nello specifico:

-   dettagli della continuizzazione dei giunti Gerber ove oltre alle barre Dywidag si notano anche i rinforzi in fibre di carbonio sia longitudinali in intradosso (è appena da richiamare che la “continuizzazione” comporta anche presso il giunto la presenza di flessioni e di segno alterno a seconda della presenza dei carichi mobili) sia verticali per migliorare le resistenze al taglio (Figura 2-2, da notare che la fibra verticale collega anche la soletta, come risulta anche dal dettaglio in Figura 2-3);

- rinforzi intradossali e a taglio per tutta la lunghezza delle travi ancora con fibra di carbonio (Figura 2-3);

- particolari grafico e fotografico dei Shock Trasmitter (Figura 2-4);

- rinforzi e tirantatura di spalla.

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Si annota che il dimensionamento delle barre dywidag è stato effettuato tale da equilibrare l’intera azione che la trave portata trasmette alla mensola portante, tuttavia, dopo una conveniente “sutura” degli spazi di giunto la tesatura è stata limitata all’equilibrio verticale dell’azione permanente per non indurre se pure modesti distacchi o sconnessioni; alla restante capacità resistente delle barre è rimesso l’effetto dei carichi accidentali in transito.

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