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Acciaio, luce e trasparenza

Il grattacielo attualmente più alto d’Europa è realizzato su uno dei nodi di transito più attraversati della città, interamente trasparente e sfaccettato nella forma piramidale slanciata, frammentata e aperta verso l’alto. La costruzione è definita da una geometria irregolare in cui otto lati di facciata in acciaio e vetro variamente inclinati si agganciano a un nucleo centrale in calcestruzzo come schegge di cristallo.

London Bridge Tower, Renzo Piano
Building Workshop, London, 2012

Il grattacielo attualmente più alto d’Europa è realizzato su uno dei nodi di transito più attraversati della città, interamente trasparente e sfaccettato nella forma piramidale slanciata, frammentata e aperta verso l’alto. La costruzione è definita da una geometria irregolare in cui otto lati di facciata in acciaio e vetro variamente inclinati si agganciano a un nucleo centrale in calcestruzzo come schegge di cristallo. Architettura interrotta, fotosensibile e sospesa verso il cielo ha inciso una traccia ‘tagliente’ e decisa nel fitto contesto di architetture iconiche della città.

La riqualificazione di un quartiere congestionato
La London Bridge Tower è realizzata in un contesto caratterizzato da edifici medio bassi a sud-est del London Bridge, il ponte che collega il distretto economico della città (la City) al quartiere di Southwark a sud del Tamigi, area caratterizzata fino a pochi decenni fa solo dalla presenza delle grandi industrie ottocentesche e storicamente meno densamente urbanizzata dell’area a nord del fiume (figura 1).

Fig. 1 - Vista del grattacielo dal Millennium Bridge: in primo piano il London Bridge e sullo sfondo il Tower Bridge (© Michel Denancé)

Il sito di progetto, piccolo e irregolare, è immediatamente a ridosso dei binari della stazione di London Bridge, la più antica di Londra, con più di dieci binari già nel 1860 e una delle prime e più grandi coperture in ferro e vetro, fino alla realizzazione del Crystal Palace poco più a sud. L’area bombardata nella seconda guerra mondiale era occupata da un edificio a torre, che è stato demolito per avviare la nuova costruzione, ed è delimitata a sud da una delle strade romane più antiche della città (figura 6). Il progetto è nato dall’iniziativa economica di un importante imprenditore inglese, proprietario dell’edificio esistente, e dalla strategia politica e urbana di densificazione e riqualificazione dei grandi nodi di interscambio, sostenuta dal precedente sindaco della città. Oggi la stazione di London Bridge ospita quindici binari per i treni regionali, due linee di metropolitana in profondità, la più grande stazione dei bus della città ed è attraversata da circa 300.000 persone al giorno collegando la città alla periferia a sud e alle coste sudorientali del paese. L’idea è stata pertanto concepita dallo studio di architettura RPBW esplorando e facendo convergere gli aspetti storici, scientifici, formali ed espressivi sulla visione della città e del futuro, ed è stata sviluppata dal 2000 in un “avventuroso” processo, durante il quale si sono intrecciate diverse vicende politiche, normative ed economiche, che ha portato all’avvio dei lavori di costruzione nel 2009. Il concept del progetto delineato già dalle fase iniziali è stato quello di un edificio totalmente sviluppato in altezza viste le dimensioni ridotte del sito, con la compresenza di diverse funzioni, dove la residenza si mescola con il terziario e con gli spazi pubblici al fine di garantire una costante presenza di abitanti (figure 2 e 3).

Fig. 2 - Schizzi di studio della torre in relazione ai binari della ferrovia con la forma frammentata lungo l’altezza © RPBW)

Fig. 3 - Schizzi di studio con l’identificazione in planimetria dello spazio pubblico della piazza e la relazione con il contesto del grattacielo e dello spazio per uffici (London Bridge Place); a sinistra la cattedrale di Southwark (© RPBW)

L’idea di una forma piramidale slanciata verso l’alto che svettasse nel panorama della città e sparisse nel cielo è stata immediatamente prefigurata, frammentata in più punti per ridurne la mole e alleggerirne la presenza. La morfologia rastremata della torre con una base ampia di circa 4000 m², quasi interamente occupata dalla stazione, si riduce lungo i 306 m di altezza fino a una superficie di circa 350 m² per la piattaforma panoramica in cima. La geometria irregolare è generata dalle diverse inclinazioni in pianta di otto lati interamente trasparenti che seguono le direttrici del contesto e salgono in verticale con un’angolazione di circa sei gradi verso l’interno per poter riflettere il cielo e non gli edifici di fronte. Le facciate in acciaio e vetro variamente inclinate non si toccano mai l’una con l’altra, non poggiano a terra e in cima terminano in un ‘vuoto’ in cui la leggerezza dell’acciaio e del vetro ha permesso di realizzare l’effetto di vere e proprie schegge (shard) di cristallo. Le immagini suggestive a cui Renzo Piano si è ispirato sono quelle dei dipinti di Canaletto e di Monet con le numerose guglie che salgono eteree nell’atmosfera rarefatta della città e spariscono nel cielo, così come quelle dei velieri che attraccavano sul Tamigi. L’assottigliamento in altezza con i piani di facciata agganciati a una struttura portante mista in calcestruzzo e acciaio e gli angoli dei piani di facciata staccati e aperti ottimizzano la struttura dal punto di vista aerodinamico riducendo gli effetti dovuti alle azioni del vento. Il basamento della torre è caratterizzato da un arretramento della facciata vetrata ma verticale, con solo le colonne perimetrali in acciaio che poggiano a terra secondo l’inclinazione dell’involucro, alleggerendo in questo modo l’impatto a terra della costruzione sia sul livello della stazione ferroviaria che sul livello più basso di St. Thomas Street (figura 5). Il rivestimento del basamento su St. Thomas Street, dove si trovano gli ingressi ai piani interrati e al parcheggio, è realizzato con mattoni prodotti a mano nello Yorkshire utilizzando un’argilla simile per colore e consistenza a quella usata in quest’area antica della città. Pensando in particolare al pubblico e alla leggerezza dell’impatto sull’intorno è stato tolto volume ai livelli inferiori e a terra sono stati realizzati spazi aperti pubblici e attraversabili. Il progetto si è ampliato fino a comprendere la riqualificazione dell’atrio della stazione ferroviaria e un piano di inquadramento di tutta l’area, con l’obiettivo di rendere accessibile e vivibile lo spazio esistente, intricato e affollato nei veloci transiti quotidiani (figura 4).L’atrio della stazione è stato riorganizzato attraverso la sostituzione della copertura esistente degli anni settanta e il rifacimento della pavimentazione in continuità con quella dello Shard e la stazione dei bus è stata spostata verso nord e allineata con i binari ferroviari creando una connessione visuale continua fino al London Bridge. Il committente ha acquistato in seguito la proprietà di fronte alla stazione per realizzare un nuovo edificio per uffici (London Bridge Place) ed è stato possibile pertanto realizzare una piazza aperta pubblica che connette tutti i nuovi interventi. Le pensiline degli ingressi dello Shard, la nuova copertura della stazione e le pensiline dei binari dei bus e dei punti di sosta dei taxi sono tutte realizzate con una struttura in acciaio verniciato bianco-grigio e vetro serigrafato per la schermatura solare, giustapposte a diverse altezze per creare luoghi a scala umana e relazionarsi con le altezze degli edifici al contesto.


 

Fig. 4 - Planimetria generale dell’intervento nell’area a ridosso della stazione di London Bridge, a sud del Tamigi (© RPBW).
Fig. 6 - Vista del grattacielo sul lato sud dal livello di St. Thomas Street, la strada da cui si accede all’hotel, alle residenze, ai 48 posti auto del parcheggio e ai piani interrati (© Michel Denancé).

Fig. 5 - Prospetto sud dell’intero London Bridge Quarter da sinistra: la cattedrale di Southwark, il nuovo edificio per uffici (London Bridge Place) e The Shard con in evidenza il livello più basso di St. Thomas Street (© RPBW).

Sommario tratto da Costruzioni metalliche n. 4 - 2013.
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