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INGEGNERI DIPENDENTI: rischio emergente di una dequalificazione professionale

La ricerca del Centro Studi del CNI sugli ingegneri dipendenti mette in evidenza il rischio emergente di una dequalificazione professionale.

L’indagine nazionale sugli ingegneri dipendenti di enti o amministrazioni pubbliche e di soggetti privati restituisce, grazie al numero davvero elevato di risposte (oltre 3500), un ampio spaccato del sistema professionale ingegneristico alle dipendenze presente oggi in Italia e un quadro piuttosto analitico delle dinamiche in atto dentro questo segmento assai qualificato del mercato del lavoro nazionale.

 

Il principale dato che scaturisce dalla lettura complessiva dell’indagine attiene all’emergere di un accentuato dualismo professionale che distingue nettamente le prospettive dei giovani neoassunti, cui spettano minori tutele e sotto-inquadramenti iniziali che condizionano la progressione di carriera, dalle condizioni ormai acquisite dalle coorti più mature cui sono ancora attribuite prerogative e benefici avanzati. 

In quest’ultimo gruppo più strutturato, che rappresenta l’area più ampia e consolidata del lavoro dipendente ingegneristico, la progressione di carriera, collegata soprattutto all’anzianità professionale, dispiega i suoi effetti più rilevanti con inquadramenti più elevati e ampia presenza di livelli dirigenziali e quindi livelli retributivi maggiori. 

Gli ingegneri dipendenti con elevata anzianità professionale, e tra essi soprattutto quelli che appartengono al settore privato del centro nord, godono maggiormente dei vantaggi connessi allo status di lavoratore alle dipendenze, ovvero stabilità professionale, inquadramento adeguato, riconoscimento del ruolo professionale, retribuzione corrispondente alla qualità e quantità della attività prestata; essi sono, perciò, anche quelli più soddisfatti. 

 

Sebbene la crisi abbia colpito anche il comparto industriale e soprattutto il settore manifatturiero, fortemente rappresentato nel gruppo degli intervistati, per gli ingegneri alle dipendenze di imprese private con maggiore anzianità di servizio, concentrati peraltro in segmenti produttivi di maggiori dimensioni e quindi più in grado di affrontare la competizione, non sembra vi siano stati effetti dirompenti sulle prospettive professionali come attesta l’ampia soddisfazione manifestata. 

Spostando, invece, la prospettiva dal gruppo più rappresentato dall’indagine, formato dalle corti adulte e mature e quindi osservando la componente più giovane dell’occupazione professionale alle dipendenze, il quadro cambia decisamente: tra i giovani ingegneri dipendenti emergono i maggiori livelli di insoddisfazione anche perché è la stessa stabilità professionale - fattore che condiziona maggiormente la scelta di operare alle dipendenze - che comincia ad apparire meno certa. 

Tra i giovani ingegneri dipendenti (tra i quali la componente femminile è più ampia), sotto-inquadrati quasi sempre a livelli impiegatizi, soprattutto se occupati al Sud, quasi il 40% si ritiene poco e addirittura per niente soddisfatto del lavoro che svolge: la remunerazione è ritenuta troppo bassa, i sotto-inquadramenti ed il mancato riconoscimento del proprio ruolo professionale sono la norma. Da segnalare la forte accentuazione di questa problematicità tra i dipendenti pubblici che stentano sempre più a trovare nei contratti spazi per dare un effettivo valore al proprio specifico ruolo professionale anche laddove esso coincide con una effettiva prestazione specialistico professionale. Per il pubblico impiego la dequalificazione dell’apporto professionale è un tratto ormai generalizzato, mentre il dato nuovo è che la problematica è ormai emergente anche nel settore privato, con i giovani maggiormente esposti. 

L’assenza di soggetti in grado di offrire una tutela adeguata, mancando di fatto una specifica rappresentanza, con i sindacati che appaiono comunque troppo distanti per poter raccogliere anche questa tipologia di istanze, crea le condizioni per un nuovo protagonismo ordinistico tra il lavoro dipendente. 

L’indagine nazionale, pur non avendo la valenza di una indagine campionaria statisticamente rappresentativa, offre, stante l’ampiezza del campione, come osservato, una importante e dettagliata rappresentazione delle caratteristiche degli ingegneri dipendenti presenti oggi in Italia, fornendo indicazioni sulla loro distribuzione per settore economico, tipologia di laurea, genere, posizione professionale funzione aziendale e attività prestata, carriera, ruolo, inquadramento professionale, professionalizzazione e formazione, autonomia e tutele ma anche soddisfazione e aspettative sulla propria attività. 

 

Un quadro di sintesi 

Il campione di indagine (composto da oltre 3.500 ingegneri), caratterizzato dalla larga prevalenza di iscritti all’albo professionale, è risultato formato in maggioranza (oltre il 70%) da ingeneri occupati da datori privati con una prevalenza industriale (55%) di tipo manifatturiero (35%). 

In maggioranza uomini (84%) e di età adulta (con la classe tra 31 e 50 anni pari ad oltre il 73% del totale del campione), gli ingegneri intervistati in larga parte sono risultati essere in possesso di lauree del vecchio ordinamento con indirizzo soprattutto civile, ambientale e industriale. 

Il tratto che accomuna la condizione di lavoro dei professionisti è l’elevata stabilità lavorativa, come attestano sia il dato secondo cui l'88,6% degli intervistati ha un contratto a tempo indeterminato, sia l’anzianità di servizio alle dipendenze - quasi sempre almeno decennale - come pure la circostanza che la maggioranza degli ingegneri intervistati lavorano soprattutto nelle grandi imprese o grandi enti e amministrazioni. 

A fronte della ampia presenza di datori privati, poco meno di un terzo degli ingegneri dipendenti (28,7%) lavora presso un ente pubblico, in particolar modo negli enti locali o in un’amministrazione regionale (30,2%). Da osservare che solo il 39% degli ingegneri dipendenti pubblici svolge la propria attività professionale presso un ufficio tecnico. 

Il campione esaminato, pur rappresentando tra gli ingegneri la componente più matura e più tradizionale rispetto al settore di laurea, evidenzia anche le nuove dinamiche registrate all’interno dell’intera categoria: dalla crescita della componente femminile - registrata dall’indagine soprattutto nella componente più giovane della categoria professionale- alla ormai significativa presenza di ingegneri dell’informazione; quest’ultima sta ad indicare chiaramente la rilevanza crescente del terzo settore anche per il mondo professionale alle dipendenze sia in contesti privati che in quelli pubblici, per effetto della strategicità delle specializzazioni tecniche che presiedono le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, soprattutto nelle strutture di maggiori dimensioni più complesse e organizzate. 

Sebbene l’inquadramento a livello impiegatizio rappresenti la tipologia di inquadramento più numerosa tra gli ingegneri dipendenti (45%), emerge tra i restanti una forte capacità di presidiare i segmenti più elevati e specialistici, con una maggioritaria presenza di funzionari, quadri e dirigenti. La progressione di carriera appare però collegata soprattutto all’anzianità lavorativa e quindi soprattutto all’età. 

La condizione alle dipendenze non limita la qualità della prestazione lavorativa. La progettazione appare infatti come l’attività prevalente (53,2%), seguita dalla gestione organizzativa (44%) e quindi dalla attività di ricerca e sviluppo. 

Se le competenze professionali degli ingegneri rappresentano un valore per le aziende e una opportunità professionale in termini di spessore dell’attività prestata, l’inquadramento molte volte non segue la responsabilità comunque attribuita. La valorizzazione dei percorsi professionali potrebbe passare allora, come sottolinea la stragrande maggioranza degli ingegneri, da inquadramenti contrattuali ad hoc, così come avviene per altri professionisti. 

La peculiarità della figura dell’ingegnere spiega anche la difficoltà dei dipendenti professionisti nel trovare forme di rappresentanza in grado di convogliare le istanze o offrire tutele. Il sindacato appare agli ingegneri perciò poco adatto a garantire la valorizzazione di apporti professionali e l’iscrizione è quindi una pratica poco diffusa, soprattutto tra i dipendenti delle imprese ed enti privati. 

La crescita professionale per una larga maggioranza di intervistati passa anche attraverso la leva della formazione. Per una componente così specializzata del mercato del lavoro l’aggiornamento delle conoscenze rappresenta infatti un elemento necessario per svolgere al meglio la propria attività specialistica, mentre nel contesto lavorativo alle dipendenze la formazione rappresenta anche una occasione per migliorare la posizione occupazionale. 

A fronte del 70% degli ingegneri che ha la possibilità di svolgere attività di aggiornamento promosse dall’azienda/ente presso cui lavora, si rileva però un 25% circa di ingegneri a cui al contrario non è offerta alcuna possibilità di formazione permanente. 

Il senso di appartenenza alla categoria, seppur molto diffuso, non riguarda tutti gli intervistati: l’universo dei rispondenti si divide infatti in parti uguali tra coloro che rivendicano le proprie peculiarità ingegneristiche e coloro che invece si considerano dipendenti alla stregua di tutti gli altri colleghi, con una profonda differenziazione, come era da attendersi tra chi è iscritto all’albo, più propenso a riconoscersi come ingegnere, e chi no che tende a considerarsi invece soprattutto come dipendente. 

Per quanto riguarda l’esercizio di attività libero professionali a fronte di quasi il 60% degli ingegneri dipendenti che può comunque svolgere attività libero-professionale solo una minoranza (20%), svolge effettivamente la libera professione in aggiunta a quella del lavoro alle dipendenze, ma si tratta quasi sempre di attività marginali soprattutto rispetto alla capacità di integrare il reddito. 

 

Per leggere il rapporto: www.centrostudicni.it/temi/professione/644-gli-ingegneri-che-svolgono-attivita-di-lavoro-dipendente-in-italia