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Dal DNA al BIM passando per il Covid

Alcune riflessioni dell'Ing. Adriano Castagnone, Presidente ASSOBIM, sul ruolo della digitalizzazione partendo dal primo modo di trasmettere la conoscenza fino al BIM dei giorni nostri.


L’adozione del PNRR ha prepotentemente richiamato la questione della digitalizzazione, proponendo da una parte scenari affascinanti in temini vantaggi e potenzialità, dall’altra evidenziando percorsi ancora incerti per la sua concreta applicazione.

E per valutare l’importanza della digitalizzazione basta pensare all’impatto dell’informatica in occasione della recente epidemia e cosa sarebbero stati i nostri giorni senza il web e le risorse messe a disposizione.

 

Col COVID nuove modalità di lavorare

La diffusione massiccia di nuovi modi di operare, come lo smartworking, hanno subìto un’inattesa accelerazione con la scoperta e la necessaria adozione di nuovi modelli organizzativi, sino a poco tempo fa impensabili e improbabili.

Tutto questo grazie al software, che nel giro di pochi anni è diventato una delle principali fonti di ricchezza nel mondo. 

Lo sviluppo e l'uso del software è cresciuto più velocemente di qualsiasi artefatto nella storia dell'uomo. Probabilmente nessun argomento nella storia ha accelerato il suo ritmo di pratica come ha fatto il software. 

Oggi possiamo parlare di "economia della conoscenza", ponendo enfasi sulla conoscenza, appunto.

 

Definire il software non è semplice: è un prodotto?

La sua natura immateriale (intangible) lo allontana dal concetto classico di prodotto, dotato di materialità e quindi percebile dai sensi.

Il software si manifesta solo attraverso oggetti fisici (computer, schermo, stampante), guidati e controllati dal software stesso.

L'unica manifestazione fisica può essere la traccia magnetica presente sul supporto che lo contiene, ma certamente di nulla utilità se consideriamo il mero aspetto materiale.

Una definizione più vicina alla natura del software è di considerarlo come un "medium", destinato alla trasmissione della conoscenza, l'ultimo ritrovato per la trasmissione della conoscenza apparso sulla terra.

 

L'origine della trasmissione della conoscenza: il DNA

La trasmissione della conoscenza è da sempre un problema connaturato alla possibilità stessa dello sviluppo e del perpetuarsi della vita sulla terra.

Circa 2 miliardi di anni fa, la metà del tempo di esistenza del nostro pianeta, la natura ha sviluppato un meccanismo di memorizzazione della conoscenza che ha permesso alle specie di apprendere e memorizzare tale conoscenza in modo che potesse essere trasmessa ai loro discendenti.

La conoscenza istintiva, in quanto inconsapevole, è stata immagazzinata e trasmessa in filamenti di acido desossiribonucleico (DNA). Il DNA è stato il primo mezzo di memorizzazione della conoscenza.

Tra gli 8 e i 5 milioni di anni fa, è opinione diffusa, che si siano evoluti i primi antenati riconoscibili della razza umana. Questi proto-umani possedevano una concentrazione di cellule nervose che era quantificabilmente diversa dagli animali che li circondavano. Questo ha permesso loro di cambiare il loro comportamento e adattarsi a diverse situazioni e ambienti, per imparare e riapprendere. Il cervello è stato il secondo mezzo di memorizzazione e trasmissione della conoscenza.

In seguito, la capacità di creare strumenti (seppur primitivi come le asce di selce) derivava principalmente dall'abilità o dalla conoscenza dell'artigiano che la creava.

La confezione di questi oggetti ha consentito di trasferire la sua conoscenza, creando dei dispositivi di archiviazione della conoscenza, anche se in modo implicito.

Mentre i primi due passaggi perivano con il perire del portatore (cellula o cervello che fosse) con il terzo passaggio si è creata una memoria fisica, visibile ancora oggi negli oggetti primitivi ritrovati e che testimoniano il livello di conoscenza dell'autore.

Il quarto passaggio è stata l'invenzione del libro, cioè la trasposizione del linguaggio su di un materiale fisico. 

I primi libri riconoscibili apparvero intorno al 3500 a.C. in Medio Oriente e furono creati utilizzando tavolette di argilla. Intorno al 2500 a.C., le persone dell'Asia occidentale scrivevano su pelli di animali e gli egiziani iniziarono a usare il papiro per registrare i loro pensieri, istruzioni, transazioni e leggi. Ma è stato solo circa 600 anni fa, con l'invenzione dei caratteri mobili, che i libri hanno iniziato a essere realmente utilizzati nella società per registrare, archiviare, trasmettere e riutilizzare la conoscenza. 

Infine, il software.

A John von Neumann è generalmente attribuita la prima affermazione del concetto di programma memorizzato nel 1945.

 

Torniamo alla domanda di prima: cos'è il software?

Il software è il quinto mezzo di memorizzazione e di trasmissione della conoscenza.

Rispetto ai quattro punti precedenti il software dispone di una caratteristica unica ed eccezionale: essere conoscenza attiva.

La sua capacità di elaborazione, seppure in modo codificato, producendo autonomamente risultati, ne costituisce la grande potenzialità.

Un libro, e non è poco, offre spunti, trasmette teorie, informa, ma è sempre l'uomo che deve elaborarne il contenuto.

Il software produce risultati in modo autonomo: conoscenza resa attiva.

Possiamo quindi valutare il software su di una dimensione diversa da quelle a cui solitamente ci riferiamo: il contenuto di conoscenza presente nel software.

 

Infine il BIM

Per quanto sopra esaminato è evidente che il BIM rappresenta un salto qualitativo eccezionale per il mondo delle costruzioni, proprio per il contenuto di conoscenza in esso presente.

Infatti il BIM è in prima istanza un modello organizzativo, offre soluzioni decisamente più efficienti per la gestione dei processi attraverso procedure collaborative che ottimizzano il lavoro riducendo tempi, costi ed errori.

Certamente dispone di anche di strumenti e soluzioni informatiche grafiche e di gestione dei documenti, ma quest'aspetto non avrebbe senso se fosse avulso dal modo di operare, la cosiddetta "interoperabilità"

L'essere un modello organizzativo, e possiamo aggiungere ad alto tasso di conoscenza, lo rende non così immediato, come è stato il passaggio dal disegno manuale al CAD.

In questo caso l'uso del CAD prevede solo la conoscenza dei comandi del software, mantenendo la stessa logica del progetto al vecchio e mai dimenticato tecnigrafo (per chi ha avuto modo di lavorarci).

Il COVID, in tutta la sua nefandezza, ha però costretto a rivedere l'organizzazione del lavoro quotidiano, scoprendo che, grazie all'informatica, soluzioni diverse esistono e sono decisamente utili, al punto che molti non rinunceranno alla nuova libertà e a tutti i vantaggi dello smartworking, chi scrive per primo.

In fondo siamo diventati tutti molto più interoperabili, magari controvoglia, e forse non ancora in modo ottimizzato.

Perché allora non continuare su questa strada e sfruttare la spinta che il Covid, purtroppo, ci ha dato?

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