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Niente IRAP per il professionista con un solo dipendente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9451, del 10 maggio 2016, pronunciata a Sezioni Unite, mette fine ad una annosa questione interpretativa avente ad oggetto la legittima applicazione dell'Irap alle persone fisiche (anche società semplici o equiparate) che svolgono un'attività “autonomamente organizzata” diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi. Pur avendo riscontrato la presenza di un dipendente e di beni strumentali, la Corte ha escluso il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini dell'Irap, riconoscendo al contribuente il diritto al rimborso del tributo pagato per gli anni dal 2000 al 2004.

A cura di Euroconference – articolo di Davide De Giorgi
 
Per le Sezioni Unite l'autonoma organizzazione sussiste in presenza di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile. E per chi ha versato scattano i rimborsi.
 
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9451, del 10 maggio 2016, pronunciata a Sezioni Unite, mette fine ad una annosa questione interpretativa avente ad oggetto la legittima applicazione dell'Irap alle persone fisiche (anche società semplici o equiparate) che svolgono un'attività “autonomamente organizzata” diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi.
Pur avendo riscontrato la presenza di un dipendente e di beni strumentali, la Corte ha escluso il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini dell'Irap, riconoscendo al contribuente il diritto al rimborso del tributo pagato per gli anni dal 2000 al 2004.
 
Dal punto di vista ermeneutico i Giudici chiariscono che per potersi configurare una autonoma organizzazione non occorre che il contribuente si doti di una struttura “complessa” e prevalente rispetto al lavoro posto in essere dal soggetto “(...) o addirittura in grado di generare profitti anche senza di lui, ma è sufficiente che vi sia un insieme tale da porre il professionista in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso”.
Utilizzando le parole della Corte di Cassazione, al fine della configurazione del presupposto impositivo, è necessario effettuare un “bilanciamento fattuale” tra l'organizzazione e il lavoro, e solo nel caso in cui i fattori organizzativi “non siano tutto sommato trascurabili”, ma apportino un “effettivo qualcosa in più” al lavoro autonomo, il contribuente dovrà corrispondere il tributo Irap.
 
Così argomentando, la pronuncia si colloca in mezzo ai due filoni principali che si sono contrapposti in questi anni, dove da un lato, una parte della giurisprudenza era granitica nel ritenere sussistente l'obbligo di pagamento del tributo Irap ogni qualvolta il contribuente, per l'espletamento della propria attività, si dotasse di una pur minima organizzazione di mezzi, e dall'altro, un filone giurisprudenziale più “permissivo”, riconosceva come dovuto il pagamento del tributo solo nel caso in cui l'organizzazione assumesse particolare rilevanza.
Per far sorgere l'obbligo di pagamento del tributo basta, a detta dei Giudici, l'esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista.

In altri termini, il professionista, l'artista o l'imprenditore individuale non è obbligato a pagare il tributo solo nel caso in cui sia dotato di una organizzazione che impiega un solo collaboratore che esplica mansioni di segreteria o meramente esecutive. 

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