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Ciribini: Il Futuro delle Costruzioni, una storia ambigua

Gli scenari che sono abitualmente proposti per il settore delle costruzioni hanno, inevitabilmente, molti tratti comuni, centrati sulla triade circolare/digitale/sociale che, in realtà, celano molte incognite, assai meno ireniche ed entusiastiche di quanto non si possa immaginare: basti pensare alle ambiguità insite in Deep Learning, Uberification, Co-Housing.

D'altra parte, per una buona porzione, tutti i temi che sono stati ricompresi in «Casa Italia» parlano, direttamente o per antitesi, di distretti culturali, di agglomerazioni urbane, di infrastrutture intelligenti, e così via.

In altre parole, grazie a molti centri di ricerca scientifica ed economica, il racconto esaustivo del Futuro delle Costruzioni è ormai completamente disponibile, tanto nella versione analogica di un Aravena o di un Olmo, che criticano l'aspetto ideologico della Smart City, quanto nell'edizione digitale, opposta, ma, a ben vedere, per nulla antitetica, che, al contrario, la esaltano.

Tutto ciò per dire che la storia si può declinare sicuramente con toni apollinei, ma pure con accenti dionisiaci.

Una volta che si sia acquisita la bontà di tutte le intenzioni relative al coordinamento della attività di riqualificazione delle città e dei territori e della digitalizzazione del settore delle costruzioni, dovremmo iniziare, forse, una riflessione affatto differente.

Se, da un lato, infatti, giustamente enfatizzeremmo tutte le nozioni che prospettano una grande politica industriale per il Paese, eventualmente supportata da una cultura digitale adeguata, dall'altro canto, saremmo chiamati a riflettere seriamente su quali sia veramente lo stato delle classi committenti, professionali, imprenditoriali.

È, infatti, facile gioco rilevarne tutte le debolezze ormai radicate nei caratteri strutturali, contrapponendole alla dottrina, ma qualora davvero volessimo avviare una strategia industriale, impostata sulla digitalizzazione, per l'appunto, saremmo costretti a ragionare su quali siano le probabilità che il «racconto meraviglioso» possa essere supportato da cambiamenti effettivi, e per questo radicali, di natura strutturale.

Francamente, vi è l'impressione che la narrazione possa davvero gradualmente permeare, in termini affabulatori, gli attori, ma altra cosa sarebbe accertare quanto i modi pensare e le maniere di operare possano mutare.

In effetti, questo genere di racconti è stato più volte proposto, con grande «successo di pubblico», per essere, in definitiva, neutralizzato, depotenziato, nel momento in cui veniva accettato.

È evidente, infatti, che tra orizzonti sempre più ambiziosi e prassi sempre più riduzioniste si apre un divario enorme, facilmente riempibile da una pletora di superfetazioni destinate a lasciare inalterata la sostanza della disputa.

Se, infatti, immaginiamo come cercare di immaginare il Futuro delle Costruzioni, su questo piano argomentativo, possiamo scegliere due strade complementari:

  1. la configurazione degli scenari trasformativi che, in ambito culturale, dovrebbero condurre a una evoluzione del comparto, oggetto evidentemente di seminari, di simposî e, soprattutto, di politiche;
  2. l'esposizione degli strumenti, hard e soft, che possono animare e supportare le linee evolutive sopra esposte.

Tutto ciò è doveroso, potrebbe, persino portare a risultati, parzialmente interessanti, sul medio e sul lungo periodo, ma, in verità, è il «lato oscuro» della faccenda ad apparire assai più interessante.

Se, d'altronde, tutto il plot narrativo implicito nella digitalizzazione, ma anche, per dire, in «Casa Italia», è legato a una sorta di modernizzazione del settore che abbia pure risvolti emozionali ed etici, evidenti per gli accadimenti sismici, e che segni il passaggio dalla «crisi» alla «crescita», al netto di risorse finanziarie che, ad esempio, per la Germania ammontano in termini infrastrutturali in 220 miliardi di euro in dieci anni, il risvolto più interessante concerne, invece, la transizione «silente», che impatta sui fatti reali che si celano dietro ai casi più celebrati, ma, specialmente, nella concreta digitalizzazione dei tessuti più minuti e più atomizzati.

Non dimentichiamo che, al fondo della designazione di certe personalità preposte ai programmi governativi sta la cultura, antica, dell'Ingegneria dei Sistemi, storicamente ostica ai protagonisti del comparto degli ultimi decenni.

Sarà il Cambiamento possibile, colla esplicita, inevitabile, intenzione delle rappresentanze di minimizzarne gli oneri (ma, di fatto, di abbassarne, assieme, l'intensità qualitativa)? Solo per le micro e per le piccole coinvolte nelle catene di fornitura delle grandi e delle medie opere? Ragionevolmente, in caso affermativo, in quanto tempo?

Questa è l'idea della Piattaforma delle Costruzioni: un «luogo» in cui si possa elaborare pubblicamente un brand attrattivo, ma anche nel quale esplicitare (al proprio interno) tutte le tensioni e le opposizioni.

Ecco che, perciò, si potrebbero «mettere in mostra» i metodi e gli strumenti dell'economia circolare e digitale, contestualizzati nell'era dell'Internet of Things e della Smart City, i buoni propositi sistemici di ingegnerizzazione olistica dei sistemi, ma pure, appunto, il «dark side» dei cambiamenti lenti, oppositivi, inerziali, che naturalmente sono nascosti nella adesione nominale al Grande Cambiamento.

Sussiste una evidente contraddizione tra la scarsa produttività del settore, la sua cattiva reputazione industriale, la palese riluttanza ad agire sulle cause strutturali, per un verso e, per un altro, la sua insistenza nel rivendicare la propria identità presente, che è anche quella del passato, reclamando a gran voce il diritto di «sostituire» il prodotto, desueto, che ne è stato storicamente l'emblema principale.

La principale obiezione a questa ipotesi di disincanto proviene da chi, giustamente, evidenzia come, negli stessi «quadranti» rappresentativi, concettuali e geografici, del settore le differenze valgano più delle somiglianze.

Non è una obiezione trascurabile, nel contesto dello Smart Government for Connected Citizens, in cui le relazioni personalizzate pongono in crisi la nozione di standard, di norma.