Da tettoia abusiva a pergolato fotovoltaico con la CILA: come evitare la demolizione
Consiglio di Stato: una tettoia abusiva può essere trasformata in un pergolato fotovoltaico e salvarsi dalla demolizione.
Tra le tante sentenze di normativa urbanistica interessanti, la n.5567/2021 del Consiglio di Stato è senz'altro a se stante in quanto tratta il caso di una tettoia abusiva che, trasformata in pergolato fotovoltaico assentibile con CILA, ha così evitato la demolizione.
Palazzo Spada, confermando le indicazioni fornite dal TAR, ha quindi affermato che può diventare legittima l'opera che perde la sua riconoscibilità e il confinante non può far valere l'inerzia del Comune. Ma andiamo a esaminare meglio la sentenza.
Tettoia trasformabile: i passaggi di un caso particolare
Riassumendo, siamo di fronte a un contenzioso tra due vicini, uno dei quali - realizzando un edificio residenziale - non aveva provveduto a demolire tutti i fabbricati accessori, avendo mantenuto integri una tettoia e un ripostiglio, divenuti abusivi per superamento della volumetria disponibile.
Il Comune ha quindi ingiunto la demolizione della tettoia e del ripostiglio ricostruiti ma il controinteressato ha chiesto il rilascio di un permesso di costruire, al fine di:
- i) trasformare la tettoia, ai sensi dell’art. 48 del regolamento edilizio, in un pergolato destinato a ospitare pannelli fotovoltaici;
- ii) ricondurre il ripostiglio nei limiti di superficie dei depositi di attrezzi agricoli, ai sensi dell’art. 40 delle norme tecniche di attuazione della variante al piano generale territoriale in corso di approvazione.
Il Comune ha respinto la domanda, rilevando che la nuova disciplina urbanistica non fosse ancora entrata in vigore. Il controinteressato ha iniziato la demolizione dei manufatti, lasciando però intatte alcune strutture. Con comunicazione inizio lavori (Cila) depositata il 17 luglio 2019, più volte integrata fino al 7 novembre 2019, il controinteressato ha chiesto l’assenso per i medesimi interventi edilizi oggetto della domanda di permesso di costruire del 27 febbraio 2019.
Il Comune ha quindi acquisito la Cila e ha prescritto il rispetto della distanza minima di cinque centimetri tra i pannelli fotovoltaici, ma l'altra vicina ha presentato ricorso invitato il Comune ad accertare l’inottemperanza del controinteressato all’ordine di demolizione precedentemente impartito, con acquisizione del sedime al patrimonio comunale, e chiedendo altresì l’inibizione della Cila.
Il comune non le ha dato ragione e la signora è ricorsa al Tar, che ha confermato l'operato dell'amministrazione. Si è così arrivati in Consiglio di Stato, dove è stato confermato quanto disposto in precedenza
Trasformazione in pergolato fotovoltaico e silenzio dell'amministrazione
Palazzo Spada osserva che il silenzio della PA per mancata repressione di abusi edilizi, anche a seguito di segnalazione di terzi, presuppone che l’amministrazione sia rimasta completamente inerte ovvero che abbia adottato atti soprassessori o interlocutori finalizzati ad eludere il dovere di procedere. Ma nel caso in esame non si è realizzata alcuna delle situazioni sopra descritte.
Con atto n. 17465 del 2019, il Comune fa infatti riferimento alla relazione di calcolo strutturale del tecnico di parte, dove si comunica che «l’istanza di intende acquisita» e si aggiungono «prescrizioni particolari» consistenti nel rispetto di «una distanza minima di cinque centimetri tra i pannelli fotovoltaici».
Insomma: il comune non era rimasto inerte, la signora non può far valere il cd. silenzio-inadempimento.
Riassumendo: come indicato dal Tar, se l’opera abusiva è privata della sua funzionalità e riconoscibilità, può essere considerata legittima. In questo caso, dal momento che il responsabile ha presentato una CILA e che il Comune ha prescritto una distanza di 5 centimetri tra i pannelli fotovoltaici, il manufatto può evitare la demolizione.
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