Edifici esistenti in calcestruzzo armato: diagnostica e soluzioni
La definizione delle procedure per valutare la qualità di una struttura esistente e la stima delle cause, dell’entità e dello sviluppo del degrado, sono logiche che stanno alla base di ogni buon intervento di recupero, da considerare ogni volta che si interviene su edifici in calcestruzzo armato. Le principali tecniche di restauro e ripristino prevedono il coinvolgimento di premiscelati cementizi con polimeri e fibre disperse per la ricostruzione della sezione e di materiali composti (F.R.P.) per il suo rinforzo strutturale.
Inquadramento da NTC 2018
Il capitolo 8 delle NTC 2018 è interamente dedicato alle strutture esistenti, ed illustra i criteri generali e le variabili che consentono di definire lo stato di conservazione in funzione della tipologia di edificio. Sono tre i diversi tipi di intervento che possono essere effettuati su una costruzione esistente:
- interventi di riparazioni o locali: interventi che interessano singoli elementi strutturali e che, comunque, non riducono le condizioni di sicurezza preesistenti;
- interventi di miglioramento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza fissati al paragrafo 8.4.3 delle NTC 2018;
- interventi di adeguamento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, conseguendo i livelli di sicurezza fissati al paragrafo 8.4.3 delle NTC 2018.
La progettazione di un intervento su una struttura esistente non può in ogni caso prescindere da un’adeguata campagna di indagini conoscitive. Per effettuare un’opportuna caratterizzazione meccanica dei materiali e del loro degrado, si procede per livelli di accuratezza progressiva: documentazione esistente già disponibile, verifiche visive in situ e indagini sperimentali.
Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei parametri coinvolti nel modello e definiti i relativi fattori di confidenza, da adottare nelle verifiche di sicurezza. Per poter stabilire il tipo di analisi e i valori dei fattori di confidenza, si distinguono tre livelli di conoscenza con approfondimento crescente: LC1, LC2 e LC3.
Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso. Deve essere posta particolare attenzione all’individuazione dei potenziali meccanismi di collasso locali e globali, duttili e fragili.
Nel rilievo si distinguono tre livelli di indagine che, in funzione del grado di approfondimento, consentono il raggiungimento del relativo livello di conoscenza:
- indagini limitate: analisi visive, rilievo geometrico delle superfici esterne degli elementi costruttivi, saggi localizzati per individuare le caratteristiche della muratura sia sotto intonaco che nello spessore al fine di caratterizzare la sezione muraria. Il grado di ammorsamento tra pareti ortogonali, le aree di ancoraggio dei solai, i dispositivi di collegamento e di bilanciamento delle spinte, consentono la valutazione della corrispondenza tra quanto riportato negli elaborati progettuali originali e quelli effettivamente presenti in situ;
- indagini estese: alle indagini e ai rilievi del punto 1, si aggiungono attività sperimentali-diagnostiche più estese, al fine di caratterizzare i materiali sotto l’aspetto fisico, chimico e meccanico, così da stabilire le modalità costruttive, con la maggior corrispondenza possibile delle informazioni alla effettiva molteplicità della costruzione. Queste indagini si effettuano quando gli elaborati progettuali originali non sono disponibili o sono incompleti;
- indagini esaustive: in aggiunta a quanto indicato al punto 2, si effettuano sondaggi diretti che consentano l’ottenimento di informazioni chiare: sulla morfologia e la qualità delle murature, sia nella parte superficiale sia nello spessore della muratura; sull’efficacia dell’ammorsamento e del collegamento tra pareti; sulle caratteristiche degli appoggi degli elementi orizzontali. Si effettua quando si desidera giungere ad un livello di conoscenza LC3 e non sono disponibili elaborati progettuali originali.
Il piano delle indagini e il rilievo dei dettagli costruttivi nelle strutture in c.a.
Al fine di rilevare i dettagli costruttivi, deve essere effettuato un numero di saggi rappresentativo di tutti gli elementi strutturali: travi, pilastri, setti o pareti. Le caratteristiche e il numero di saggi da effettuarsi, dipendono dal livello di conoscenza da conseguire, dal grado di sicurezza da garantire e dalle esigenze progettuali. Successivamente al rilievo geometrico, è opportuno eseguire:
- una campagna preliminare di indagine in situ per conoscere i dettagli costruttivi più significativi;
- un’analisi preliminare della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica dell’edificio, effettuata estendendo il risultato dei rilievi dei particolari costruttivi ad elementi simili per dimensioni o impegno statico.
Dai risultati delle analisi preliminari può scaturire l’esigenza di incrementare il numero e modifica- re l’ubicazione delle prove in situ e dei saggi. Pertanto, anche le indagini vanno progettate per fasi successive, che consentano di adeguare e graduare il livello di approfondimento in funzione dei risultati ottenuti sino a quel momento. Per le costruzioni in c.a. o c.a.p. il rilievo dei dettagli costruttivi deve permettere di conseguire la conoscenza:
- della geometria, quantità e disposizione dell’armatura longitudinale di travi, pilastri, setti e pareti;
- della quantità di barre d’armatura piegate presenti nelle travi, che contribuiscono alla resistenza a taglio;
- della geometria, quantità e disposizione dell’armatura trasversale nelle zone critiche e nei nodi trave pilastro;
- geometria, quantità e disposizione dell’armatura longitudinale, superiore e inferiore, presente nei solai;
- delle lunghezze di appoggio e tipologia di vincolo degli elementi orizzontali;
- dello spessore del copriferro;
- della lunghezza delle zone di sovrapposizione delle barre e del loro ancoraggio.
Normativa di riferimento e tecniche per il recupero delle strutture in C.A.
Dopo la valutazione e l’analisi del livello di degrado che interessa le strutture in calcestruzzo armato è possibile entrare ragionevolmente in una logica di progettazione e scelta dell’intervento e dei materiali, andando innanzitutto a distinguere le attività di manutenzione ordinaria, dai ripristini locali, ai miglioramenti o adeguamenti sismici.
Gli obiettivi di queste attività possono essere molteplici e di diversa natura e pertanto si può essere coinvolti in progetti/attività che mirano alla manutenzione e recupero estetico superficiale del manufatto così come in interventi che ambiscono invece ad una vera e propria riabilitazione delle strutture portanti.
In questo senso il mercato dei prodotti offre, ormai da diversi decenni, molte alternative che possono entrare a far parte del successo o del fallimento di un progetto. In tale contesto è importante ricordare che quando si affronta il recupero di strutture in c.a., oltre a riferirsi all’apparato normativo nazionale, NTC 2018, è fondamentale rifarsi anche alla Norma armonizzata UNI EN 1504, la quale non solo regola la marcatura CE dei prodotti per la protezione e riparazione delle strutture in calcestruzzo armato, ma in diverse sue parti fornisce elementi fondamentali per la corretta progettazione e accettazione in cantiere dei prodotti, nonché per le verifica della loro corretta messa in opera.
Dopo l’individuazione dell’ammaloramento bisogna procedere con una rimozione di tutte le parti incoerenti per poter valutare la profondità effettiva dell’intervento necessario. In molti casi si adotta una definizione “multi livello” (lieve – medio – profondo – molto profondo) per descrivere il degrado, appunto in funzione dello spessore interessato dalla sezione da ricostruire. Tuttavia è bene specificare che l’entità di un degrado non è definita esclusivamente da un parametro geometrico, ma anche da aspetti di natura chimica ed elettrochimica che vanno attentamente considerati e, se necessario, misurati o perlomeno stimati.
Nel processo di definizione di un intervento di ripristino e dei relativi prodotti, un altro aspetto estremamente importante che va tenuto presente in concomitanza coi precedenti, è la posizione del degrado sia nella globalità della costruzione (ad esempio trave / pilastro / elevazione fuori terra o interrata), sia nella singola parte d’opera (ad esempio intradosso / estradosso / nodo trave-colonna, etc.) con una contestuale valutazione delle azioni locali che possono interessare l’elemento.
Esempio pratico: ripristino di sezioni in c.a. nella facciata di un edificio
Tali interventi, sia di natura corticale che di profondità più ragguardevoli, vengono eseguiti con l’impiego di materiali a base cementizia, contenenti generalmente cementi, aggregati selezionati, fibre e additivi, prodotti in stabilimenti industriali sotto il controllo del processo di fabbrica che ne tutela la qualità produttiva nei confronti delle prestazioni richieste per la marcatura CE.
Ipotizzando la necessità di ripristino di una facciata di un edificio con elementi in calcestruzzo che hanno subito fenomeni di espulsione del copriferro localizzato in diversi punti, è possibile delineare la seguente procedura generale:
- pulizia delle barre di armatura con la rimozione dei composti della corrosione (ruggine);
- trattamento rialcalinizzante delle barre di armatura attraverso malta cementizia monocomponente pennellabile ad azione passivante e protettiva per le armature, a base di polimeri idrodispersi, leganti cementizi e inibitori di corrosione tipo Dracosteel Mono. L’applicazione avviene con pennello a setole dure in 2 mani successive a distanza di 2-3 ore (ed entro le 24 ore), realizzando uno spessore totale di circa 2 mm. È importante coprire uniformemente tutta la superficie esposta delle barre d’armatura;
- in funzione di dimensione, profondità e posizione dell’ammaloramento sarà possibile optare per la ricostruzione con malte tixotropiche o colabili, con malte a basso modulo elastico (meno rigide) oppure malte con modulo elastico a compressione secondo EN 13412 maggiore di 20 GPa; ipotizzando in questo caso di procedere con ripristini di piccola entità, si potrebbe considerare una malta a consistenza tixotropica e a presa rapida tipo Flueco Blitz R4, malta cementizia a rapido indurimento, pronta all’uso, indicata per il ripristino rapido e la finitura di superfici in calcestruzzo e c.a. danneggiate sia in verticale sia orizzontale. Per questo genere di prodotti, è molto importante attenersi per le preparazioni e alla messa in opera alle procedure indicate in scheda tecnica;
- in ottica di durabilità ed in accordo con principi e metodi contenuti nella UNI EN 1504 è molto importante prevedere anche un idoneo rivestimento dei ripristini di sezione che, seppur realizzati con prodotti marcati CE e regolarmente posati, è bene possano godere di uno strato protettivo superficiale avente caratteristiche di elasticità e protezione particolari. Questo obiettivo specifico si può perseguire attraverso 2 passaggi fondamentali: l’impiego di Magiflex, rivestimento impermeabilizzante cementizio a base di inerti selezionati, leganti idraulici, additivi e polimeri (componente A) da miscelare con lattice sintetico micronizzato (componente B); l’introduzione di un elemento scossalina a protezione del rivestimento e con funzione di rompi-goccia capace di evitare la percolazione di acqua l’ungo l’intradosso della soletta a sbalzo in c.a., evitando l’accentuazione delle problematiche di degrado tipiche del calcestruzzo armato.
Esempio pratico: rinforzo strutturale di un nodo trave – pilastro
Proseguendo con la simulazione pratica di intervento sulla facciata dell’edificio in c.a., si ipotizza anche l’esistenza di una problematica di natura strutturale, come può essere la carenza di resistenza in uno dei punti più importanti del telaio in c.a. ossia il nodo trave – pilastro, dove si sono manifestate delle preoccupanti lesioni.
Quando è necessario riordinare la corretta gerarchia delle resistenze tra gli elementi, incrementando le resistenze a taglio di trave e pilastro, nonché la duttilità del calcestruzzo del pilastro, nel punto di convergenza, è possibile valutare l’impiego di fasciature FRP (fasciando la trave a taglio e cerchiando il pilastro, in entrambi i casi con fasce di tessuto unidirezionale). Questa tecnica migliora anche la capacità dissipativa del nodo alle azioni sismiche. Per rinforzare il pannello nodale è possibile seguire la seguente procedura applicativa generale:
- sulla sezione di calcestruzzo sanata e ricostruita, dovrà essere applicata a pennello una mano di primer Armoprimer 100 per la preparazione del supporto;
- entro 2 ore potrà essere steso l’adesivo di incollaggio specifico per i tessuti in fibra di carbonio Armofix MTX sul quale dovranno essere posate sia il foglio di tessuto quadriassiale, sia le fasce di carbonio unidirezionale Armoshield C-Sheet tagliate a misura per la realizzazione del rinforzo a taglio per le travi e la cerchiatura sui pilastri, quest’ultima con sovrapposizione di almeno 30 cm nel senso delle fibre;
- Il tessuto in carbonio ARMOSHIELD C - SHEET dovrà essere steso sullo strato di resina Armofix MTX ancora fresca, orientando la trama secondo progetto. È opportuno verificare che il tessuto sia ben disteso senza grinze o pieghe, ed esercitare una pressione con rullo dentato ARMOROLLER per favorire la completa impregnazione delle fibre ed eliminare eventuali bolle d’aria. Dopo circa 1 ora stendere una seconda mano di adesivo Armofix MTX e ripetere il ciclo se sono previsti più strati di rinforzo. Sulla mano finale di adesivo Armofix MTX potrà essere applicata della sabbia di quarzo fresco su fresco qualora si dovessero realizzare intonaci o rivestimenti successivi in aderenza. La protezione finale, se prevista, viene applicata al fuori tatto dell’adesivo.
Anche in questo caso l’intervento potrà essere protetto con rasature cementizie elastiche e successivamente verniciate con pitture a base acrilica conformi alla UNI EN 1504-2.
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