Edifici in muratura esistenti con orizzontamenti deformabili: controventi metallici e analisi con Namirial CMP
L’impiego del software CMP nell’analisi di un edificio in muratura portante esistente consolidato con controventi metallici, al fine di migliorarne la portanza verticale e la rigidezza nel piano.
I bonus edilizi di questi anni hanno reso di grande attualità gli interventi di miglioramento sismico dei fabbricati esistenti. Il patrimonio edilizio italiano vanta numerosissimi edifici che non rispettano i requisiti imposti dalla normativa sismica; tra essi una sostanziale parte, soprattutto tra gli edifici storici, presenta una struttura portante in muratura.
Le carenze di questa tipologia di edifici nei confronti degli eventi sismici sono le più diverse: materiali costruttivi di scarsa qualità, mancanza di ammorsamento tra i setti, discontinuità verticale delle strutture portanti. Anche nel caso in cui tutte queste problematiche potessero essere considerate inesistenti, per garantire una buona risposta sismica all’azione orizzontale è necessario che la struttura manifesti un comportamento “scatolare”, con le varie pareti in pianta collegate fra loro da solai sufficientemente rigidi e resistenti, tali da costituire un unico sistema strutturale.
In questo articolo si descriverà un intervento di consolidamento sui solai esistenti, finalizzato a migliorarne la portanza verticale e la rigidezza nel piano, riesaminato ora con nuove funzionalità disponibili nel software di calcolo CMP Analisi strutturale, prodotto da Namirial s.p.a.
Scarica la demo di CMP Analisi strutturale
Intervento di consolidamento di solai esistenti in edifici in muratura
Il caso di un edificio del XIX secolo con solaio costituito da travi in acciaio e voltine in laterizio
La quasi totalità dei fabbricati in muratura realizzati nella prima metà del 1900 e precedenti presentano solai a struttura in legno-laterizio, acciaio-laterizio, oppure a volta. Tutte queste tipologie costruttive hanno in comune il fatto di avere scarsa capacità di ripartire le azioni orizzontali tra gli elementi portanti verticali che li sostengono.
L’intervento di irrigidimento più efficace sarebbe senza dubbio la realizzazione all’estradosso dei solai di una cappa armata in calcestruzzo, collegata con la tecnica delle perforature armate ai muri di contorno. La messa in opera della stessa, tuttavia, presuppone la demolizione del pavimento per consentire l’inserimento della cappa collaborante; molto spesso questo procedimento è considerato troppo invasivo, soprattutto nel caso di edifici storici soggetti a tutela.
L’esempio riportato è un progetto di CairePro, Cooperativa Architetti e Ingegneri – Progettazione di Reggio Emilia, su di un edificio costruito alla fine del XIX secolo.
Si tratta di un corpo di fabbrica con discreta regolarità, a pianta rettangolare, in muratura di mattoni pieni di due o tre teste, un primo solaio con travi in acciaio e voltine in laterizio, sottotetto e copertura in legno.
La scelta: intervenire all'intradosso e all'estradosso a seconda del solaio
La scelta è stata di intervenire all’intradosso, in particolare sull’impalcato del primo piano, realizzando telai in carpenteria metallica con elementi di contorno collegati in continuità alle murature esistenti, travi intermedie che funzionano da rinforzo ai solai quando questi nello stato di fatto non fossero sufficienti a garantire la portata necessaria ai carichi verticali, tutto controventato con tiranti diagonali.
Si tratta di un intervento che consente di conservare quasi integralmente la struttura esistente, quando non troppo degradata, garantendo reversibilità e minimo aggravio di masse strutturali.
Il solaio di sottotetto è stato irrigidito con cappa armata leggera all’estradosso, in questo caso accessibile senza difficoltà, mentre sulle falde di copertura è stato realizzato un doppio tavolato incrociato.
L’intervento di collegamento fra le pareti è stato di per sé sufficiente a garantire il funzionamento dell’edificio secondo la normativa vigente all’epoca della realizzazione.
Modellazione numerica: le possibili tipologie di modelli
In CMP Analisi Strutturale sono in fase pre-release una nuova serie di funzionalità dedicate al calcolo delle murature, utili ad approfondire l’analisi iniziale dei progettisti e a svolgere alcune considerazioni che riporteremo in sintesi con l’ausilio principale delle immagini.
Sono state realizzate due serie di modelli:
- la prima, più sofisticata (non necessariamente più “esatta”), che utilizza elementi bidimensionali tipo lastra/piastra;
- la seconda con modelli a telaio equivalente, più agile e comoda per applicare i criteri fortemente convenzionali imposti dalla normativa.
La prima è stata utilizzata principalmente per lo studio del sistema di controventamento, con ipotesi di solai deformabili, proprio per mettere in evidenza gli sforzi che si devono trasmettere tra le varie pareti murarie, a livello di impalcato, al fine di realizzare un comportamento unitario dell’intero sistema strutturale, il citato comportamento scatolare.
La seconda serie invece si presta meglio allo studio del comportamento del sistema murario essendo, come già accennato, più aderente ai metodi convenzionali decritti in normativa, con onere computazionale decisamente più leggero e con risultati, in generale, di più facile e immediata lettura.
Nell’ipotesi che i controventamenti siano efficaci, per questa serie di modelli il comportamento degli impalcati è stato considerato rigido o semirigido, come nel caso della copertura, il cui doppio tavolato incrociato è stato modellato con elementi membranali.
Il confronto tra i risultati dei due, in ogni caso, è utile per raggiungere la necessaria convinzione della validità delle analisi: passaggio irrinunciabile, in particolare in presenza di strutture complesse e metodi numerici non lineari, come in questo caso.
Il confronto tra i risultati delle due modellazioni
Modelli con elementi lastra-piastra e non linearità al continuo
I pannelli murari sono stati modellati con elementi lastra-piastra. Sono state svolte sia analisi lineari modali sia analisi di pushover, ipotizzando un comportamento non lineare della muratura secondo la teoria di Drücker-Prager che, con opportuna taratura dei parametri, consente di evidenziare le zone più soggette a crisi per resistenza del materiale.
Modelli a telaio equivalente
La realizzazione è avvenuta mediante l’utilizzo di elementi ausiliari che con strumenti grafici consentono di definire la geometria delle strutture portanti in muratura e di avere in pochi passaggi lo schema del telaio con maschi murari, fasce sottofinestra e soprafinestra.
Nelle immagini che seguono sono rappresentate queste fasi. Le parti più scure dei maschi murari indicano tratti rigidi che servono negli incroci con le fasce di piano. In questo caso è stato adottato il noto criterio proposto dal prof. Dolce, risolto in modo automatico dal software. Nel modello sono incluse anche tutte le strutture in carpenteria metallica, le membrature in legno e i relativi rinforzi presenti nel modello con elementi lastra-piastra, necessariamente adattati al nuovo schema statico, non più diffuso, ma puntiforme.
Gli impalcati del primo solaio e di sottotetto sono considerati rigidi, mentre nelle falde del tetto è stata conservata la modellazione con elementi membrana, che schematizzano il tavolato incrociato previsto in progetto.
Confronto dei risultati
Con entrambe le serie di modelli a diposizione è naturalmente venuta la curiosità di esaminare le analisi di pushover che, essendo globali, consentono un confronto semplice in base alle curve di capacità estratte. Le differenze dei due metodi sono elevate, quindi non ci si può attendere una corrispondenza troppo fedele.
Dalle immagini riportate di seguito si nota come le curve del modello al continuo, con elementi lastra-piastra, non presentino un tatto discendente: questo è dovuto al fatto che il modello di Drücker-Prager implementato non prevede un deterioramento della resistenza all’aumentare della deformazione plastica. Questo sarebbe possibile in linea teorica, ma complica ulteriormente l’individuazione dei parametri da utilizzare nel calcolo e in ogni caso non consente una riproduzione esatta dei criteri di normativa, che indicano come parametro per la determinazione del raggiungimento della resistenza ultima del pannello murario uno spostamento relativo, a meno di moti rigidi, della sommità del pannello stesso rispetto alla sua base, considerato nella sua interezza e non con plasticità locali diffuse, come nel modello al continuo.
Il leggero andamento crescente che si nota nelle curve con modello Drücker-Prager è inoltre dovuto al fatto che la non linearità è presente solo nel comportamento nel piano del pannello stesso. Il comportamento fuori piano, pur di poca rilevanza, si fa sentire con spostamenti elevati. Si è ritenuta accettabile questa situazione: una modellazione con elementi solidi non lineari avrebbe risolto la questione ma avrebbe comportato un aggravio di oneri computazionali non opportuni in questo contesto.
Ulteriore difficoltà nel modello al continuo è individuare i modi principali della struttura che sono influenzati dai molti modi di vibrare locali di ogni parete al di fuori del proprio piano.
Le curve ottenute con modello a telaio equivalente mostrano un andamento pressoché orizzontale del ramo plastico e, in particolare per la direzione x, la fine dell’analisi è determinata dalla discesa della curva di capacità, dovuta al raggiungimento dello spostamento ultimo di uno più elementi.
Si nota una buona corrispondenza del ramo elastico, mentre le variabili che possono influenzare il diverso progredire delle plasticizzazioni sono molte, oltre all’ovvio comportamento meccanico differente dei due tipi di elementi finiti. Per citarne alcune, senza essere esaustivi: le forze di pushover nel telaio equivalente sono concentrate ai nodi, quindi applicate quasi completamente a livello di impalcato, mentre nel modello al continuo le masse e le conseguenti forze orizzontali sono distribuite lungo la superficie delle pareti; nel modello a telaio equivalente c’è distinzione netta fra meccanismi di rottura a taglio e meccanismi di rottura a flessione e il primo caso che si verifica determina decisamente la forma della curva di capacità nei passi successivi; nel modello al continuo non è possibile questa distinzione.
Altre curve che per brevità e chiarezza non sono state riportate in questo documento non si discostano in modo significativo dai dati mostrati; questo conforta la validità numerica delle analisi svolte che, lo ricordiamo spesso nei nostri interventi, devono essere sempre controllate con occhi critici, consapevoli delle approssimazioni e delle ipotesi che stanno alla base delle analisi numeriche, in particolare di quelle non lineari.
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