Tempo di lettura stimato: 2 min
Data Pubblicazione:

Esalazioni e fumi in condominio: i principi sulle distanze

Cassazione: la disciplina in tema di distanze legali nei rapporti fra proprietà singole non opera nell'ipotesi dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale abitabilità dell'appartamento

In tema di distanze ed immissioni condominiali, assume particolare rilevanza la recente sentenza 20555/2017 del 30 agosto scorso della Cassazione civile, che ha respinto il ricorso di una condòmina per l’intollerabilità delle esalazioni e dei fumi provenienti dalle caldaie degli appartamenti vicini e sottostanti.

Per i giudici supremi, infatti, negli edifici condominiali, "la disciplina in tema di distanze legali nei rapporti fra proprietà singole non opera nell'ipotesi dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una completa e reale abitabilità dell'appartamento, intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e lo sviluppo delle moderne concezioni in tema di igiene, salvo l'apprestamento di accorgimenti idonei ad evitare danni alle unità immobiliari altrui".

Per la Corte, se pur la disposizione dell'art.844 c.c. si può applicare anche negli edifici in condominio nell'ipotesi in cui un condomino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini, in tale applicazione deve aversi riguardo alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari.

Talvolta, quindi, "è necessario tollerare propagazioni intollerabili da parte dei proprietari dei fondi vicini; per contro, la stessa convivenza suggerisce di considerare in altre situazioni non tollerabili le immissioni che i proprietari dei fondi vicini sono tenuti a sopportare".

Dipende quindi da caso a caso, con la discriminante che diventa, per la Cassazione, la condizione 'di fatto', consistente nel confine in senso orizzontale e verticale tra le unità abitative: se il fabbricato non adempie ad una funzione uniforme e le unità immobiliari sono soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 cit., impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali (artt. 14, 31, 47 Cost.) le esigenze personali di vita connesse all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali.

In tema, poi, di immissioni di fumo o di calore, le disposizioni dettate, con riguardo, nella specie, all'installazione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia o della tutela dall'inquinamento ambientale (disposizioni che attengono a rapporti di natura pubblicistica tra la P.A., preposta alla tutela dell'interesse collettivo della salvaguardia della salute in generale, ed i privati, prescindendo da qualunque collegamento con la proprietà fondiaria) non regolano direttamente i rapporti tra i proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina dell'art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse.