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L'Ordine professionale come il "Castello" di Kafka

Il 90% delle risorse umane ed economiche dell'Ordine va in burocrazia, è ora di cambiare le cose e utilizzare modelli adatti al presente

Lettera aperta ad Ingenio a firma del Presidente dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Alessandria

Quell'incomprensibile macchina burocratica che è diventato l'Ordine

Il castello di Kafka

Mi è capitato spesso di varcare la soglia dell’Ordine e sentirmi negli stessi panni del Signor K., il protagonista del romanzo “Il Castello” di Kafka. Mi è capitato spesso di provare il suo stesso straniamento di fronte all’incomprensibile macchina burocratica che è per l’appunto, nel suo caso, il Castello e, nel mio, l’Ordine professionale, così come è diventato oggi. 

Ogni servizio del Castello è gestito da un sistema i cui individui sono solo degli esecutori di un ordine prestabilito e superiore al cui senso non hanno alcun accesso. I membri del castello sanno solo che c’è un sistema, che è vincolato da alcune regole molto precise, ma non sanno indicare quale sia la sostanza, il perché di tale sistema regolare. Ciò che sanno è che devono applicare il regolamento, così come i popolani sanno che lo devono rispettare. 

Il 90% delle risorse umane ed economiche dell'Ordine va in burocrazia

Allo stesso modo, la natura giuridica dell’Ordine professionale lo configura come un Ente pubblico non economico. L'essere equiparati ad una P.A. fa si che l'Ordine venga oberato di infiniti adempimenti burocratici, anticorruzione, trasparenza, privacy, sicurezza informatica, conto economico - solo per citarne alcuni - assolutamente ingiustificati e immotivati soprattutto per realtà medio piccole come la nostra ad Alessandria. Il risultato è che il 90% delle risorse umane ed economiche dell'ente viene investito in burocrazia senza che gli iscritti traggano il benché minimo vantaggio e nelle cui maglie, spesso, finiscono per cadere anche loro. E tutto a scapito di una vera politica di categoria che abbia un più ampio respiro e che non si riduca ad un mero parare i colpi quotidiano.
Gli Ordini non gestiscono soldi pubblici ma solo quote private degli iscritti che però, nelle realtà piccole, vengono quasi interamente impiegate per adempimenti di natura pubblica dell’ente.

Come possiamo oggi parlare di attrattivita' degli ordini in un sistema dove i Consiglieri e il Presidente esercitano il proprio ruolo (ricordiamolo, a titolo gratuito e volontario) per gestire mera burocrazia senza poter reinvestire le quote degli associati in politiche di categoria a tutela della collettività e della professione di ingegnere? 

Dobbiamo domandarci se in questo modo stiamo servendo adeguatamente la società e gli iscritti e la risposta, a mio avviso, è negativa.

I tempi sono cambiati e non è possibile continuare ad utilizzare modelli ormai obsoleti, figli di una società che non esiste più

Il rischio è quello di arrivare al paradosso del Castello: i personaggi kafkiani preferiscono questa perpetua condizione di non senso, purché vincolata da leggi imperscrutabili, che accettare una realtà ben diversa: non avere più un castello per non avere leggi.

Che fare dunque del castello? 

Pur condividendo le parole del Presidente nazionale Ing. Zambrano, in risposta al mio intervento durante l’Assemblea dei Presidenti di Matera, in merito al fatto che essere un Ente Pubblico non economico e garantire un ruolo pubblico, sia una delle peculiarità delle organizzazioni professionali italiane che debba essere conservata e che conferisce un prestigio e un’autorevolezza infinitamente superiore rispetto ad una semplice associazione di categoria, rimane la necessità di ripensare al sistema ordinistico in modo nuovo e con coraggio.

Quanto osservato fin’ora, tuttavia, non deve portare ad eccessive semplificazioni: il sistema Ordinistico non diventerà immediatamente più attrattivo ed armonico con la società semplicemente  esentandolo da tutti gli obblighi formali derivanti dall’essere Ente pubblico NE che ne sottraggono energie.

Occorre ripensare completamente il “nostro” Castello partendo dalla base, cercando di comprendere a fondo le trasformazioni della nostra società e della professione, con un occhio particolarmente attento alle “nuove ingegnerie”, caratterizzate da attività quasi sempre non regolamentate. 

E’ chiaro che questo sarà possibile solo quando i Consigli degli Ordini potranno tornare a fare gli ingegneri e non i meri burocrati. 

E se è vero che questo tema è stato già dibattuto in passato, l’interesse altissimo che suscita ancora da nord a sud, ci da la percezione di quanto sia necessario esplorarlo ulteriormente. 

In conclusione, mentre per gli abitanti del Castello, Kafka non intravede alcuna forma di salvezza, noi, e soprattutto mi rivolgo ai Presidenti degli Ordini degli Ingegneri d’Italia, a differenza del libro rimasto incompiuto, abbiamo la responsabilità di operare una vera rivoluzione e scrivere un finale diverso. Prima che qualcuno lo faccia al nostro posto.