#ideeinrete #sicurezza
Rubrica a cura del Network Giovani Ingegneri
di Domenico Condelli (Ordine degli Ingegneri di Reggio Calabria)
Contenuto elaborato e condiviso da NGI (Network Giovani Ingegneri)
La scossa delle 3.36 dello scorso 24 Agosto ha fatto rivivere nelle nostre menti i ricordi ancora vivi delle ultime scosse sismiche verificatesi in Italia in tempi non lontani. I cittadini di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Pescara del Tronto e località vicine hanno avuto sconvolta la propria vita. E questi sono quelli che sono stati fortunati in quanto gli altri, purtroppo, non si sono mai svegliati.
Eppure verrebbe da dire…. Ma non si poteva evitare tutto questo? Ed è proprio nella risposta a questa domanda che entra in gioco l’Ingegnere, quale esperto delle strutture. Partiamo dal presupposto che riguardando la domanda un argomento molto complesso, la risposta non potrà essere sicuramente semplice, ma verrà trattata in modo divulgativo limitando gli aspetti tecnici.
Per affrontare l’argomento è necessario definire di seguito alcuni concetti fondamentali. Il rischio sismico è definito come la probabilità che si verifichi o che venga superato un certo livello di danno o di perdita in un prefissato intervallo di tempo ed in una data area a seguito di un evento sismico. Tale concetto è legato all’insieme dei possibili effetti che un terremoto di riferimento è in grado di produrre in un intervallo di tempo assegnato, all’interno di una determinata area territoriale, in relazione alla sua probabilità di accadimento ed al relativo grado di intensità (severità dell’evento sismico).
Il rischio sismico è quindi legato a tre fattori principali: pericolosità, esposizione e vulnerabilità. La stima quantitativa del rischio è il risultato della combinazione di questi tre fattori e può essere definita con la seguente relazione:
R =P x V x E
dove R è il rischio sismico, P è la pericolosità sismica, V è la vulnerabilità sismica, E è l’esposizione.
La pericolosità è un parametro associato agli eventi sismici attesi nell’area territoriale in oggetto ed esprime la probabilità che si verifichi, in un dato luogo (o entro una area determinata) e durante un intervallo di tempo assegnato, un terremoto capace di causare danni (terremoto di scenario). Per pericolosità sismica di base si intende la misura dello scuotimento al suolo atteso in un determinato sito. Essa è legata alle caratteristiche sismo-tettoniche, alle modalità di rilascio dell’energia alla sorgente sismica, al percorso di propagazione delle onde sismiche dalla sorgente al sito ed alla loro interazione con la geologia e geomorfologia locale. Quindi la suddivisione in zone sismiche del territorio Italiano non è altro che una rappresentazione della pericolosità sismica di base. Pertanto il rischio sismico dello stesso fabbricato posto in Sardegna o in Sicilia non potrà mai essere uguale, anche se il fabbricato è identico.
L’esposizione è correlata alla presenza ed al valore degli oggetti esposti ed alle possibili conseguenze sull’incolumità delle persone. L’esposizione sismica è una misura dell’importanza dell’oggetto esposto al rischio sismico. I principali fattori che determinano il grado di esposizione di un edificio sono: la destinazione d’uso, il valore economico dell’edificio e dei suoi contenuti, il valore artistico-storico dell’immobile, le attività svolte al suo interno, il numero di persone coinvolte (moltiplicato per il fattore di presenza che rappresenta il grado di “occupazione” o “affollamento”). Quindi il rischio sismico associato a due fabbricati identici e posti nella stessa zona non potrà essere uguale se uno dei due è destinato ad ospitare un ospedale ed un altro una civile abitazione.
La vulnerabilità sismica è una grandezza che interessa i sistemi esposti al sisma e che hanno un’attitudine al danneggiamento. La vulnerabilità riguarda anche persone, beni o attività che hanno la predisposizione a subire danni o modificazioni a causa di un terremoto. La vulnerabilità sismica di un sistema è definita come quel descrittore sintetico delle caratteristiche strutturali che consente di spiegare un certo grado di danno per un dato livello di azione e può essere quindi considerata come una misura della maggiore o minore propensione del sistema stesso a subire danni per effetto di un terremoto di assegnate caratteristiche.
In altri termini, si può affermare che il rischio sismico è fortemente influenzato dalla dislocazione, consistenza, qualità e valore dei beni e delle attività presenti sul territorio che possono essere influenzate direttamente o indirettamente dall’evento sismico (insediamenti, edifici, attività economico-produttive, infrastrutture, beni di valore storico-culturale, densità di popolazione). Qualsiasi intervento di riduzione del rischio deve operare sui parametri appena descritti. In realtà, mentre la pericolosità è un valore non modificabile dall’uomo, poiché è una caratteristica del territorio soggetto ad eventi sismici, e l’esposizione è un parametro modificabile solo con opportune politiche di gestione, la vulnerabilità è il parametro sul quale si può intervenire con maggiore incisività.
Nell’ultimo quarantennio i terremoti d’intensità moderata e severa in Italia sono occorsi con un intervallo compreso tra i cinque e i dieci anni, evidenziando la vulnerabilità del patrimonio edilizio esistente. Una frequente causa di vulnerabilità è legata all’assenza di interesse nella valutazione del grado stesso di vulnerabilità, che ha indotto a porsi il problema solo dopo che era stata dimostrata da un sisma la sua rilevante fondatezza.
Quindi se in questi giorni si è sentito molto parlare di adeguamento sismico, altro non è che agire sulla vulnerabilità di un fabbricato, anche perché gran parte del patrimonio edilizio nazionale, pur essendo sito in aree pericolose dal punto di vista sismico, risulta comunque vulnerabile alle azioni di tale natura. Ma qual è la norma di riferimento che obbliga i proprietari ad effettuare le verifiche dei propri immobili? L'O.P.C.M. 3274/2003 prevede che al fine di determinare la vulnerabilità degli edifici esistenti "è fatto obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei rispettivi proprietari, ai sensi delle norme di cui ai suddetti allegati, sia degli edifici di interesse strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso".
Allo stato attuale si provvede, pertanto, a redigere studi di vulnerabilità sismica dei soli edifici appartenenti alle classi d'uso III e IV, per come definite al punto 2.4.2 delle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni, trascurando di fatto sia le civili abitazioni che i complessi edilizi particolarmente estesi che non svolgono funzioni pubbliche e sociali essenziali, non essendoci alcun obbligo per gli stessi.
Ed è proprio su questo punto che il Network Giovani Ingegneri (NGI), punto di incontro dei giovani Ingegneri Italiani, ha aperto un’officina (ovvero un tavolo tecnico di lavoro) dalla quale è emerso che sarebbe auspicabile riuscire a sensibilizzare la popolazione alla prevenzione dei danni da sisma, agendo sulla salvaguardia del bene invece che sulla ricostruzione. Le proposte emerse sono state numerose, forse alcune complesse ma comunque applicabili. In particolare il parere unitario è stato quello di incentivare la creazione di un “circolo virtuoso” di maggiore appetibilità degli immobili e valorizzazione degli stessi in funzione della loro “vulnerabilità” e successivamente portando a conoscenza dei cittadini le caratteristiche dell’immobile attraverso un “Mapping Nazionale” eventualmente correlato con altre informazioni (Dissesto idrogeologico, Vincoli Ambientali, etc..). Tale situazione potrebbe essere anche sostenuta dall’obbligatorietà, nella fase di compravendita e di affitto, di allegare le verifiche di vulnerabilità sismica che, nell'ottica analoga della certificazione energetica, possano rendere edotto l'acquirente in merito al bene che acquista o che utilizza.
Alla suddetta proposta si potrebbe affiancare l’incentivazione della valutazione di vulnerabilità sismica, attraverso un’applicazione graduale dell'obbligatorietà della diagnosi sismica come ad esempio per gli edifici di classe II di volumetria significativa (grandi condomini o comunque edifici in cui è previsto un certo affollamento, come centri commerciali, supermercati, ecc..). Naturalmente anche gli Organi di Governo dovrebbero provvedere ad estendere gli incentivi fiscali anche alle spese sostenute dai proprietari per la determinazione della vulnerabilità sismica, che attualmente non sono previsti, dei quali potrebbero usufruire naturalmente tutti i soggetti, anche quelli per i quali non sussiste l’obbligo.
Ed una volta accertato che l’edifico è vulnerabile sismicamente cosa si dovrebbe fare? Orbene anche qui gli Organi di Governo dovrebbero indurre i proprietari anche al successivo intervento strutturale di adeguamento o miglioramento sismico attraverso un sistema premiante e di incentivazione per la riqualificazione sismica. Data la distinzione che le Nuove Normative Tecniche per le Costruzioni (in fase di approvazione finale) faranno per gli edifici esistenti in termini di vulnerabilità sismica, sarebbe importante adeguare il patrimonio edilizio esistente piuttosto che costruire il nuovo, magari prevedendo anche delle premialità quali sgravi fiscali su IMU, TARES, ecc.
Inoltre è sicuramente necessaria una maggiore incisività dei paesi che sono più soggetti al rischio sismico (Italia in primis) a livello di Europa. Difatti attualmente la problematica è pressoché sconosciuta ma potrebbero essere stanziati numerosi fondi europei sull’adeguamento sismico.
Tutto quanto detto però dovrebbe però essere effettuato da tecnici esperti della materia, ed è per questo che la Certificazione delle competenze potrebbe essere fondamentale in questo processo in quanto il proprietario avrebbe la certezza di affidarsi a tecnici esperti del settore.
L'avvio di un'opera di mitigazione del rischio così estesa comporterà un aumento della sicurezza in caso di calamità, il tutto a vantaggio della cultura della sicurezza delle costruzioni.
E per tornare alla domanda iniziale, probabilmente non si poteva evitare del tutto quello che è successo, però si potevano sicuramente limitare i danni, sia agli immobili, ma soprattutto alle persone.