Perché un tecnico/ingegnere dovrebbe conoscere la giurisprudenza in ambito BIM?
L’Avvocato Cristian Barutta e l’Ing. Marzia Folino spiegano le ragioni per cui al profilo tecnico è indispensabile associare la conoscenza legale.
L'approfondimento inizia esaminando la situazione di incertezza normativa legata all'applicazione del BIM e prosegue dimostrando i vantaggi derivanti dalla conoscenza della giurisprudenza in tale ambito.
L’Avvocato Cristian Barutta e l’Ing. Marzia Folino spiegano le ragioni per cui al profilo tecnico è indispensabile associare la conoscenza legale.
L'approfondimento inizia esaminando la situazione di incertezza normativa legata all'applicazione del BIM e prosegue dimostrando i vantaggi derivanti dalla conoscenza della giurisprudenza in tale ambito.
L'evoluzione del Decreto BIM: tra incertezza normativa e giurisprudenza
Come ormai noto, è stato pubblicato il 3 agosto scorso sul sito del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il D.M. 2 agosto 2021, n. 312, rubricato “Modifiche al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 1° dicembre 2017, n. 560”, anche conosciuto come Decreto Baratono.
Il Decreto Baratono è noto per aver introdotto nel nostro ordinamento giuridico la progressiva obbligatorietà dei metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (anche noti ai più sotto l’acronimo BIM, Building Information Modeling).
Il D.M. 2 agosto 2021, n. 312, è stato adottato in attuazione del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, cosiddetto “Nuovo Decreto Semplificazioni”.
Il “Nuovo decreto semplificazioni” all’art. 48, comma 6, prevedeva che “Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili” fossero “stabilite le regole e specifiche tecniche per l’utilizzo dei metodi e strumenti elettronici di cui al primo periodo, assicurandone il coordinamento con le previsioni di cui al decreto non regolamentare adottato ai sensi del comma 13 del citato articolo 23”.
Quel decreto “non regolamentare” di cui al citato dettato dell’art. 48, comma 6, del D.L. 77/2021, altri non è che il D.M. 560/2017, ovverosia il cosiddetto Decreto Baratono.
Tale rimando è stato confermato anche dalla legge di conversione del D.L. 77/2021, la L. 108/2021 che sul punto non ha modificato il dettato dell’art. 48, comma 6, e ha confermato la definizione di “non regolamentare” per il D.M. 560/2017.
Ciò però comporta non pochi problemi dal punto di vista interpretativo visto che il Consiglio di Stato, invece, si era espresso nel 2019 in senso opposto, ritenendo che il D.M. di attuazione previsto dall’art. 23, comma 13, del D.Lgs. 50/2016 dovesse rientrare nel novero dei decreti aventi natura regolamentare.
Con il parere n. 458/2019 emesso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi, in data 18.04.2019, infatti, i Giudici di Palazzo Spada si sono espressi nell’ambito della richiesta effettuata dall’ANAC a proposito della bozza di “Aggiornamento delle Linee guida n. 1, recanti «Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria», in attuazione dell'articolo 213, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, affermando che: “al riguardo, va rilevato che il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 1° dicembre 2017, n. 560, non risulta essere stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato, malgrado lo stesso presenti natura normativa”.
La conseguenza che il predetto parere riconduceva a tale natura era che:
“La mancata qualificazione dell'atto come regolamento da parte della fonte normativa che lo prevede” non valeva ad evitare al Decreto Baratono che per la sua adozione dovessero, “comunque, essere osservate la forma e la procedura prescritte dall'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, nell'ipotesi in cui l'atto abbia effettivamente le caratteristiche del “regolamento”: generalità, astrattezza e innovatività (cfr. Corte Cost. 22 luglio 2010, n. 278 e 21 ottobre 2011, n. 275; Cons. Stato Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 9; Cons. Stato Sez. VI, 27 maggio 2005, n. 2731; Cons. Stato Sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 823)”.
Quanto sopra portava il Consiglio di Stato a sancire che:
“Tale decreto (rectius: regolamento) costituisce antecedente logico e presupposto giuridico delle medesime linee guida. Di contro esso si appalesa illegittimo per violazione dell’art. 17, comma 4 della legge n. 400 del 1988 in quanto non sottoposto al parere del Consiglio di Stato, e come tale non può essere acquisito, in sede consultiva, quale atto normativo fondante l’intervento chiarificatorio da parte delle linee guida dell’ANAC”.
L’intervento del legislatore con il D.L. 77/2021 nel definire il D.M. 560/2017 “non regolamentare” anziché fare chiarezza e risolvere il problema della dichiarata illegittimità ha aggiunto incertezza.
Ed invero, fino al D.L. 77/2021 il D.M. 560/2017 trovava comunque applicazione obbligatoria per tutte le Stazioni appaltanti, perché nonostante quanto affermato dal Consiglio di Stato era in ogni caso valido ed efficace per assenza di un intervento ablatorio diretto sullo stesso.
A far data dal Nuovo Decreto Semplificazioni e dalla definizione di “non regolamentare” del Decreto Barotono, invece, ne viene oggi ridotta la portata.
Per effetto della nuova dichiarata natura, infatti, il Decreto Baratono passa da provvedimento regolamentare a “non regolamentare” e conseguentemente si trasforma da precetto normativo ad atto amministrativo per volontà espressa (c.d. interpretazione autentica) del legislatore.
Tale scelta porta con sé la conseguenza che il D.M. 560/2017 come ridefinito trova applicazione obbligatoria per le sole stazioni appaltanti sottoposte al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e non più per tutte le committenze pubbliche.
Tale scelta del legislatore porta anche ad un’altra conseguenza: pare lasciare senza attuazione il disposto dell’art. 23, comma 13, del D.Lgs. 50/2016, laddove prevede la progressiva introduzione dell’obbligatorietà dei metodi e strumenti elettronici specifici per effetto dell’adozione di un Decreto del Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili che non può che avere natura regolamentare.
Invero il Consiglio di Stato con il citato parere n. 458/2019 ha sancito che quel D.M. previsto dall’art. 23, comma 13, del D.Lgs. 50/2016 debba avere natura regolamentare rientrando a suo avviso nel novero dei provvedimenti regolamentari di cui alla L. 400/1988.
I Giudici di Palazzo Spada hanno infatti affermato che quel D.M. di attuazione dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 50, doveva essere adottato in forma di regolamento, nel rispetto delle procedure previste dall’art. 17, commi 3 e 4, della legge n. 400 del 1988 in via analogica “analogamente a quanto avvenuto in occasione dell’emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 2 dicembre 2016, n. 263, adottato ai sensi dell’art. 24, commi 2 e 5, del d.lgs. n. 50/2016, recante la “definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee”, sul quale il Consiglio di Stato, Commissione speciale, ha espresso il parere n. 2285, all’esito dell’adunanza del 26 ottobre 2016”.
La conseguenza di questa situazione per nulla lineare in materia di “BIM” è soltanto un esempio dell’incapacità del nostro ordinamento giuridico di riuscire spesso a dare risposte chiare ed univoche creando pericolose situazioni di incertezza.
Laddove l’apparato legislativo e amministrativo è incapace di fare chiarezza, tale compito spetta ai tribunali tramite l’interpretazione e l’applicazione delle norme.
La giurisprudenza, infatti, è l’insieme delle pronunce, cioè delle sentenze e decisioni degli organi giurisdizionali di uno Stato su questioni determinate.
Ne ricaviamo che nel caso del BIM, nella situazione di incertezza normativa attuale, con ogni probabilità saranno proprio i tribunali a determinare quali norme ed in che modo troveranno applicazione e a consentire agli operatori del settore di avere gli elementi necessari per determinare in modo consapevole le proprie scelte.
L’analisi della giurisprudenza: un utile strumento per studiare vantaggi e svantaggi di un progetto BIM
In generale si considera con il termine giurisprudenza l'insieme delle sentenze e delle decisioni attraverso cui gli organi giudicanti di uno Stato interpretano le leggi applicandole ai casi concreti che si presentano loro. In questo senso l’analisi della giurisprudenza in ambito BIM risulta di particolare interesse per gli addetti ai lavori per molteplici motivi.
Innanzitutto, la documentazione riguardante l’applicazione delle leggi in casi concreti costituisce di per sé un asset in quanto registro di esperienze altrui.
Di conseguenza tramite tale registro è possibile, per chiunque ne fruisca, tesaurizzare esperienze pregresse di altri: i project manager definiscono questo processo "Raccogliere le lezioni apprese" (Lesson learned), ovvero valutare il progetto e raccoglierne le esperienze a beneficio del progetto corrente e di quelli futuri.
La tesaurizzazione di esperienze pregresse è un processo che viene spesso trascurato in quanto richiede un consistente impegno di energie durante il progetto e alla chiusura. Come illustrato nella ISO 21500-1:2013 nel corso del progetto il gruppo di progetto e gli stakeholder chiave individuano le lezioni apprese circa gli aspetti tecnici, gestionali e di processo relativi al progetto. Le lezioni apprese si dovrebbero acquisire, compilare, formalizzare, archiviare, disseminare e utilizzare in tutto il corso del progetto. L’output è quindi un documento che illustri e sintetizzi le lezioni apprese.
In questo contesto, lo studio della giurisprudenza potrebbe essere un valido supporto per la creazione di quel bagaglio di conoscenze che si acquisirebbe durante lo svolgimento di un progetto. Questo risulta ancora più utile in ambito BIM, dove ogni esperienza (effettuata in prima persona o da altri) risulta un vero tesoro in quanto frutto dell’applicazione di una metodologia innovativa. Dunque il tecnico che conosce anche la giurisprudenza in ambito BIM totalizza un bagaglio di esperienze pregresse superiore, potendo aggiungere alle proprie esperienze anche quelle altrui.
Direttamente da questo tema deriva anche la possibilità, nel conoscere la giurisprudenza, di studiare casi pratici, casi reali.
Quando si parla di BIM si pone spesso l’accento sull'accezione di “metodo” e quindi di BIM come processo che abilita la trasformazione digitale: illustrare (e quindi imparare) l’idea astratta di processo e flussi informativi può essere facilitato dalla presenza di casi studio, esempi pratici di casi reali. In questo senso la giurisprudenza può essere valido supporto per la concretizzazione di concetti teorici, alle volte astratti. In questo modo il tecnico che studia la giurisprudenza acquisisce competenze sia per ricezione sia per scoperta, azione, potendo approfondire casi studio realmente verificatisi.
La raccolta delle lezioni apprese e lo studio di casi pratici confluiscono nei processi di Individuazione e valutazione dei rischi.
Lo scopo del processo di individuazione dei rischi è quello di determinare gli eventi di rischio potenziale e le relative caratteristiche che, se questi avvengono, possono avere un impatto positivo o negativo sugli obiettivi del progetto. Il tecnico che studia la giurisprudenza ha quindi la possibilità di integrare il Registro dei rischi relativo a una commessa BIM con rischi nuovi oppure con rischi già rilevati, identificandoli quindi come opportunità oppure minacce.
Va da sé quindi che la giurisprudenza è anche un utile strumento di integrazione di un'analisi SWOT (punti di forza - Strengths, punti di debolezza - Weaknesses, opportunità - Opportunities e minacce - Threats) effettuata per studiare vantaggi e svantaggi nell’intraprendere un progetto BIM o un progetto di implementazione BIM.
In merito a quest’ultimo caso, ovvero quello di un’Organizzazione che voglia implementare il metodo BIM all’interno dei propri processi, risulta utile la conoscenza della giurisprudenza relativa, in quanto può fornire indicazioni/indici di performance/implicazioni derivanti dall’implementazione a breve e medio termine almeno.
Il tecnico dunque che studia la giurisprudenza può acquisire una visione olistica, su tutti i processi, potendo completare il framework di inserimento anche con la parte legale-contrattuale. Certamente, le norme ISO 19650 non entrano nel merito a riguardo, ma potremmo immaginare di rielaborare la famosa figura a cipolla (cfr semplificazione nel seguito) inserendo un ulteriore strato: aspetti legali-contrattuali-giurisprudenza.
Figura 1 - Rielaborazione figura a cipolla della ISO 19650: framework di inserimento del BIM (Information Management)
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Conclusioni
I motivi per cui un tecnico/ingegnere dovrebbe conoscere la giurisprudenza sono quindi molteplici, tutti in ogni caso diretti a consentirgli di interpretare nel modo più corretto la realtà che lo circonda.
Ciò è tanto più vero nel caso del BIM, un approccio metodologico nuovo per il nostro ordinamento. Un ordinamento incapace ad oggi di esprimere agli addetti del settore delle indicazioni univoche sull’obbligatorietà, ponendo il ricorso all’interpretazione giurisprudenziale come lo strumento fondamentale per interpretare correttamente lo stato delle cose.
Certo ad oggi la giurisprudenza italiana in materia di BIM o di strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture è ancora all’inizio.
Basti pensare che dalla previsione del BIM nel D.Lgs. 50/2016 all’art. 23, comma 1, lett h), sino ad aprile di quest’anno le sentenze, solo dei tribunali amministrativi peraltro, erano complessivamente una quarantina. Non si rinvenivano invece sentenze dei tribunali civili.
Ciò significa che siamo solo all’inizio di quello che per il nostro Paese sarà un vero e proprio cambiamento culturale che caratterizzerà anche per i prossimi anni il mondo delle costruzioni e che, alla luce delle numerose opere da realizzare a breve in attuazione del PNRR e del PNC, vedranno sicuramente un incremento significativo delle pronunce dei tribunali in materia, contribuendo a creare una casistica di riferimento che consentirà agli addetti al settore di tesaurizzare le esperienze degli altri.
* Ringrazio l’Ing. Marzia Folino per aver accettato il mio invito a collaborare alla redazione del presente articolo, per aver fornito il titolo dello stesso e per il fondamentale contributo. Marzia Folino, è ingegnere Edile, laureata al Politecnico di Milano in Ingegneria Edile-Architettura, con un Master di II livello in BIM manager, affronta quotidianamente tematiche legate al BIM. Esperta nell’elaborazione di piani di formazione e linee guida BIM, a partire dall’analisi/ottimizzazione dei processi. Costantemente impegnata nell’aggiornamento e approfondimento delle proprie conoscenze in ambito innovazioni, metodologie e tecnologie.
Avv. Cristian Barutta
*Ringrazio l’Avv. Cristian Barutta per l’opportunità concessami. È sempre un onore e un piacere condividere conoscenze e opinioni.
Ing. Marzia Folino
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