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Sistemi di rinforzo FRP: le novità contenute nella nuova Linea Guida sulla qualificazione

Sistemi di rinforzo FRP: le novità contenute nella nuova Linea Guida sulla qualificazione

frpCon Decreto del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n.293 del 29 maggio 2019, è stata ufficialmente approvata la “Linea Guida per la identificazione, la qualificazione ed il controllo di accettazione di compositi fibrorinforzati a matrice polimerica (FRP) da utilizzarsi per il consolidamento strutturale di costruzioni esistenti”. Il documento è stato positivamente licenziato con Parere favorevole dall’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei LL.PP. n. 4 espresso nella adunanza del 22 febbraio 2019.

La suddetta Linea Guida aggiorna e sostituisce la precedente pubblicata dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici con DP n.220 del 9 luglio 2015 nell’ottica di una sempre migliore garanzia della qualità e sicurezza delle opere e delle infrastrutture, sia pubbliche che private, della prevenzione del rischio sismico e della valutazione e messa in sicurezza del patrimonio costruito esistente.

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Principali aggiornamenti introdotti dalle nuove Linee Guida per la qualificazione di compositi FRP 

Obbligo di un Certificato di Valutazione Tecnica - CVT e precisazioni sulla validità di quelli in essere 

In primo luogo, il testo prevede che i sistemi di rinforzo debbano essere in possesso di un Certificato di Valutazione Tecnica (nel seguito CVT, in precedenza Certificato di Idoneità Tecnica, CIT); in merito a tale aspetto, viene precisato che restano validi, fino alla naturale scadenza, i Certificati di Idoneità Tecnica (CIT) ed i Certificati di Valutazione Tecnica (CVT) già rilasciati dal Servizio Tecnico Centrale ai sensi della precedente Linea Guida; gli stessi saranno poi adeguati alle nuove disposizioni in fase di rinnovo.

In generale, la versione attuale si adegua all’evoluzione normativa del settore, chiarendo alcuni concetti ed alcune procedure sperimentali ed aprendo anche all’utilizzo di rinforzi in fibra di acciaio e di basalto. In merito è previsto un periodo transitorio di 12 mesi, entro il quale, esclusivamente per quanto concerne l’impiego di composti a matrice polimerica (FRP) rinforzati con fibre di acciaio o di basalto, i Fabbricanti che abbiano presentato al Servizio Tecnico Centrale istanza di CVT per compositi realizzati con le suddette fibre, nelle more del rilascio o diniego del certificato possono commercializzare i medesimi prodotti per i quali è stata richiesta la certificazione; in tal caso, tutte le forniture devono essere accompagnate da una apposita dichiarazione – resa sotto la propria responsabilità - che i sistemi in questione sono conformi alle disposizioni della Linea Guida.  

Fibre di basalto e acciaio: sistemi realizzari in situ e preformati 

In particolare, per quanto concerne l’utilizzo di fibre basalto e di acciaio, sono contemplate applicazioni per sistemi di rinforzo realizzati in situ per entrambe le tipologie mentre sono previsti sistemi di rinforzo preformati unicamente per prodotti a base di fibre di basalto (per ovvi limiti tecnologici legati alle fibre di acciaio). 

Alcuni chairimenti sull’utilizzo di sistemi di rinforzo in situ: caratteristiche e restrizioni dei vari sistemi 

Inoltre, al paragrafo 3.2 Sistemi di rinforzo realizzati in situ, sono chiarite alcune caratteristiche che i sistemi introdotti devono possedere. In particolare, per il basalto, le fibre dei tessuti devono essere conformi alle norme UNI 8746 e UNI 9409 (così come avviene per le fibre di vetro), mentre nel caso di tessuti in acciaio sono ammessi unicamente acciai ad alta resistenza (UHTSS – Ultra High Tensile Strength Steel conformi alla ISO 17823:2009) opportunamente protetti nei confronti dei fenomeni ossidativi tramite processo di galvanizzazione o altro procedimento. Per i tessuti in acciaio, la linea guida prevede ulteriori restrizioni in merito al diametro e spaziatura netta tra i trefoli al fine di garantire il trasferimento efficace degli sforzi tra le fibre stesse e la matrice

I sistemi di rinforzo preformati: le novità  

Per ciò che riguarda strettamente i Sistemi di rinforzo preformati, resta inalterata la classificazione qualitativa e quantitativa in base ai valori di due caratteristiche meccaniche, modulo elastico e tensione di rottura, valutate in regime di trazione uniassiale. Tuttavia, la tabella di riferimento per la classificazione di tali sistemi (Tabella 1, par. 4.1 Classificazione) è stata aggiornata con l’inserimento delle classi di sistemi a base di fibre di basalto, le quali sono associate a quelle dei sistemi in fibra di vetro.

Ancora rispetto ai Sistemi di rinforzo preformati, ed in particolare per la loro qualificazione (par. 4.2 Prove di qualificazione), le novità sostanziali riguardano:

  1. i metodi di prova e relativi standard di riferimento per la determinazione della temperatura di transizione vetrosa (Tg) di tutte le resine previste per l'applicazione di un generico sistema;
  2. la determinazione dell’intervallo di temperature di utilizzo;
  3. il numero strettamente necessario alla qualifica del sistema derivante dalla variazione del numero delle prove di condizionamento ambientale.

In merito all’aspetto 1), il par. 4.2.3 Prove per la determinazione della temperatura di transizione vetrosa definisce in maniera dettagliata sia la procedura di prova che di elaborazione dei risultati necessarie per l’individuazione della Tg di tutte le resine polimeriche utilizzate come mezzo impregnante nei compositi o di eventuali resine utilizzate come promotore di adesione (primer) o rasatura (putty), qualora il sistema ne preveda l’impiego. Nella versione precedente della linea guida, il parametro Tg veniva incluso unicamente nella struttura della scheda tecnica tipo contenente le informazioni minime obbligatorie da fornire (da parte dei Produttori). Inoltre, data la possibilità di determinare la Tg attraverso differenti metodi di prova, venivano indicate tre normative di riferimento: ISO 11357-2:1999(E) (attraverso tecnica DSC - calorimetria differenziale a scansione), ISO11359-2:1999(E) (attraverso tecnica TMA – analisi termomeccanica) e ASTM E1640 (attraverso analisi DMA – analisi dinamico-meccanica). Questa circostanza rappresentava fonte di incertezza sul dato della Tg, essendo quest’ultimo un parametro che, anche per gli addetti ai lavori, risulta di difficile determinazione poiché variabile con le condizioni di prova. Al contrario, la versione aggiornata della linea guida prevede l’utilizzo unicamente del metodo di prova DSC (Differential Scanning Calorimetry o calorimetria differenziale a scansione), il cui riferimento normativo è la ISO 11357-2:2013. Quest’ultima prevede che la prova debba essere eseguita su provini di sola resina allo stato solido e non sul composito. Seguendo le prescrizioni del protocollo di prova (cicli di riscaldamento e gradienti), il calcolo della Tg è quindi ottenuto attraverso due cicli di riscaldamento (in particolare per il 2° ciclo si determina il valore della Tg “di riferimento”). Quest’ultimo è quindi quello richiesto tra le prove necessarie alla qualificazione, così come riportato in Tabella 3 delle nuove linee guida.

L’aspetto 2), riguardante la determinazione dell’intervallo di temperatura di utilizzo dei sistemi preformati, rappresenta anch’esso un elemento di novità e risulta strettamente connesso con i risultati ottenibili dalla caratterizzazione della temperatura di transizione vetrosa di un dato sistema; i relativi dettagli sono riportati nel par. 4.2.4 Caratteristiche del prodotto nei confronti delle sollecitazioni termiche ed eventuali prove di comportamento al fuoco. In particolare, viene individuato il valore superiore della temperatura di esercizio del sistema di rinforzo a partire dalla temperatura di transizione vetrosa determinata con il metodo descritto al punto precedente: “ […] il valore superiore della temperatura di esercizio Te può essere individuato sottraendo 15 °C alla Tg determinata al secondo ciclo come indicato al punto 4.2.3”. Il valore minimo della temperatura di esercizio Te è stabilito pari a 42° in relazione al massimo valore della temperatura esterna, intesa come azione sulle costruzioni, prevista al punto 3.5.2 delle Norme Tecniche per le Costruzioni 2018°; ne consegue che è possibile impiegare resine polimeriche caratterizzate da un valore minimo della Tg pari a 57° (a meno di particolari impieghi del sistema di rinforzo, come ad esempio applicazioni in ambienti interni). La raccomandazione proposta dalla linea guida è in linea con la ACI 440.3R-12, ossia la normativa di riferimento americana per la progettazione ed esecuzione di interventi con sistemi FRP.

Il numero strettamente necessario alla qualifica dei sistemi preformati (aspetto 3) è stato ridotto; ciò deriva dalla variazione del numero delle prove da eseguire per la caratterizzazione del comportamento fisico-meccanico a seguito di condizionamento ambientale. In particolare, la versione precedente della linea guida prevedeva nr.4 campioni da sottoporre a prove di durabilità ambientale; la versione aggiornata, invece, riduce tale numero a tre unità (par. 4.2.2 Prove per l’accertamento della durabilità ambientale). Verosimilmente ciò è legato al dispendio temporale necessario alla conduzione di prove di durabilità che varia tra 1000 e 3000 ore per singolo provino.

I sistemi di rinforzo realizzati in situ: le novità 

Nell’ambito dei Sistemi di rinforzo realizzati in situ, le novità sostanziali riguardano:

  1. l’introduzione dei tessuti in acciaio e di basalto all’interno della classificazione ammessa per tali sistemi di rinforzo;
  2. determinazione dei parametri meccanici di riferimento per i tessuti in acciaio;
  3. numero di strati necessari alla conduzione delle prove di trazione;
  4. determinazione della lunghezza di sovrapposizione;
  5. ulteriori prove su tessuto piegato.

Per ciò che attiene ai punti 1) e 2), la classificazione delle fibre di basalto, analogamente a quanto avvenuto per i sistemi preformati, viene posta in associazione a quella delle fibre di vetro. Per l’acciaio invece, viene innanzitutto chiarito che la resistenza a trazione nella direzione delle fibre è da intendersi quale quella allo snervamento (tensione al limite elastico riferita all’area delle sole fibre secche all’interno della sezione retta del rinforzo), “poiché il legame costitutivo post-elastico deve essere escluso dalle prestazioni negli interventi di rinforzo”. Inoltre, nel caso di fibre in acciaio ad alta resistenza, “la tensione di snervamento caratteristica è definita come la tensione caratteristica che corrisponde ad una deformazione residua allo scarico dello 0,1% determinata sul diagramma tensioni-deformazioni”. A partire da tali indicazioni, si introducono classi di sistemi di rinforzo in acciaio realizzati in situ all’interno della Tabella 4 della nuova linea guida.

Nell’ambito delle prove di qualificazione di tipo meccanico, punto 3), nella nuova linea guida viene innanzitutto introdotta una distinzione tra provini realizzati a partire da sistemi commerciali costituiti da non più di tre strati di tessuto (Gruppo A) o superiore a tre (Gruppo B) in relazione al massimo numero di strati dichiarato dal Fabbricante per una data applicazione. A partire da tale distinzione, la nuova linea guida stabilisce che “Ai fini delle prove di qualificazione di tipo meccanico, il Fabbricante deve predisporre 9 campioni ricavati da 3 diversi lotti (3 campioni per ciascun lotto), da sottoporre a prova di trazione monoassiale”. Tale numero di campioni (nr. 9) è sufficiente unicamente per qualificare, dal punto di vista meccanico, sistemi di rinforzo realizzati in situ per i quali il Fabbricante ne prevede l’impiego con un numero massimo di strati non superiore a tre; in tal caso, le prove di trazione vanno condotte su provini costituiti da 3 strati di tessuto la cui certificazione copre anche le applicazioni ad 1 e 2 strati. Al contrario, se il Fabbricante prevede di utilizzare il sistema di rinforzo in ragione di un numero di strati superiore a 3, occorre effettuare ulteriori 9 prove di tipo meccanico su un secondo Gruppo B costituito da 9 campioni ricavati da 3 sistemi realizzati con il massimo numero di strati dichiarato dal Fabbricante. Nella precedente versione della linea guida, il numero di prove per la caratterizzazione meccanica era, indipendentemente dal numero massimo di strati dichiarati dal fabbricante per l’applicazione, pari a 18 ([…]”Il Fornitore deve predisporre, con le fasi commercializzate, e secondo tecniche analoghe a quelle usualmente utilizzate in cantiere, 18 campioni da sottoporre a prova di trazione monoassiale, ottenuti dai seguenti due gruppi di laminati”), richiedendo che al nel Gruppo B fossero inclusi provini realizzati con un numero di strati ritenuto significativo per la propria offerta commerciale. Ciò vuol dire che nel Gruppo B potevano essere inclusi anche provini costituiti da un unico strato se tale configurazione era prevista dal Fabbricante (mentre invece nella versione attuale sarebbero coperti dal Gruppo A). Sicuramente la modifica apportata semplifica le procedure di prova per sistemi caratterizzati da un numero massimo di tre strati di lamine composite e, allo stesso tempo, introduce un dato di resistenza più conservativo in quanto all’aumentare del numero di strati impiegati nella prova, è noto che il valore di resistenza si riduca per effetto degli accoppiamenti interlaminari che introducono difetti nel campione.

Infine, analogamente a quanto descritto per i sistemi di rinforzo preformati, si rileva che gli elementi di novità riguardanti la determinazione della temperatura di transizione vetrosa ed il numero di prove per le proprietà di durabilità dei prodotti, sono replicati anche per i sistemi di rinforzo realizzati in situ. La tabella di sintesi (Tabella 6 delle nuove linee guida) mette in evidenza tali modifiche.

A differenza della precedente linea guida, vengono richieste ulteriori prove di trazione qualora siano previste, nelle applicazioni del sistema commercializzato dal Fabbricante, sovrapposizioni dei tessuti o di strati del composito (punto 4)). Questo aspetto è di notevole importanza in quanto il trasferimento del carico di trazione che avviene per effetto delle tensioni di aderenza è efficace solamente se la sovrapposizione tra i due laminati avviene su di una lunghezza opportuna. Difatti, il par. 5.2.3Prove di trazione in presenza di sovrapposizione dei tessuti stabilisce che la lunghezza di sovrapposizione “è di norma fissata pari a 300 mm, laddove non vengano condotte specifiche prove”. È comunque ammessa la possibilità di sovrapporre strati/lamine con una lunghezza inferiore a 300 mm, a patto che: “nell’ambito della procedura di qualificazione, occorre effettuare ulteriori 9 prove di trazione su campioni realizzati con un unico strato di rinforzo nel quale sia presente una sovrapposizione del tessuto di lunghezza pari a quella per la quale il Fabbricante intende qualificare il sistema”. A valle delle prove, per poter qualificare un sistema che prevede nel suo utilizzo sovrapposizione dei tessuti, è necessario che il valore caratteristico della tensione di rottura, determinato dalla prova di trazione in presenza di sovrapposizione dei tessuti, non sia inferiore al valore della tensione massima caratteristica ricavata dalla prova di trazione (senza sovrapposizione).

Data la reale possibilità che alcuni tipi di tessuto (in particolar modo quelli in acciaio) siano utilizzati in una configurazione con una o più piegature permanenti (come nel caso di alcuni tipi di tessuti con fibre di acciaio), tali da modificare la forma e le prestazioni del rinforzo, la versione aggiornata della linea guida (par. 5.2.4 Ulteriori prove su tessuto piegato) prevede che siano condotte “prove che attestino che la piegatura non riduca significativamente le proprietà meccaniche del tessuto, incluso il caso di condizioni ambientali potenzialmente aggressive”. Le prove ulteriori sono atte a confrontare il comportamento meccanico del sistema piegato nei confronti di quello standard (non piegato) e nei confronti di condizioni ambientali di invecchiamento in ambiente salino. Queste condizioni definiscono un ulteriore gruppo di campioni, Gruppo C, che permetterà la qualificazione se la riduzione della resistenza a trazione ottenuta sia non inferiore al 90% del valore medio della tensione di rottura dei campioni non piegati ovvero al 80% del valore medio della tensione di rottura dei campioni piegati non condizionati. 

Andrea Prota

Professore Ordinario – Dip. di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura (DiSt) - Università degli Studi di Napoli Federico II

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