Valutazione della pericolosità idrogeologica da colate rapide di fango e della sua incidenza sulle aree pedemontane di fondovalle
Articolo tratto dagli atti del 7 IAGIG (Incontro Annuale dei Giovani Ingegneri Geotecnici)
Studio geotecnico ed idraulico di alcuni bacini imbriferi del monte pendolo, (Gragnano - NA), finalizzato alla riperimetrazione di aree a pericolo e rischio da frana del tipo colata rapida
ABSTRACT
Con il presente studio è stata effettuata una valutazione della pericolosità idrogeologica da colate rapide di fango, potenzialmente innescabili sui versanti del monte Pendolo, incombenti sull’abitato di Gragnano (NA) e della sua incidenza sulle aree pedemontane di fondovalle.
L’approccio metodologico utilizzato nel lavoro appresso descritto è stato quello interdisciplinare, derivante da analisi integrate di tipo geologiche, geomorfologiche, idrologiche-geotecniche ed idrodinamiche. Prodromica allo studio di pericolosità geologica, geotecnica ed idraulica esperito, è stata l’anamnesi storica delle frane di tipo colata rapida pregresse che hanno interessato i versanti del monte Pendolo.
Lo studio è stato condotto allo scopo di raccogliere elementi conoscitivi di dettaglio che consentissero di formulare una proposta di riperimetrazione di alcune aree di fondovalle nel Comune di Gragnano (NA), ai sensi dell'art. 41 delle NTA del nuovo PAI dell’Autorità di Bacino Campania Centrale.
1. Premessa
L’area oggetto di studio coincide con i versanti incombenti sull’abitato del comune di Gragnano (NA), appartenenti al monte Pendolo. Il monte Pendolo fa parte della dorsale carbonatica dei Monti Lattari, che costituisce anche l’ossatura della Penisola Sorrentina. Tale rilievo dalla sommità spianata rappresenta il lembo di una paleosuperficie mio-pliocenica dislocata da faglie normali ad orientazione prevalente NO-SE e NE-SO. I depositi carbonatici che costituiscono questo bordo della dorsale carbonatica sono frequentemente ricoperti da coltri di terreni piroclastici, costituiti da depositi da caduta di natura cineritica o pomicea, con spessori appartenenti al range 0,50-2,00 mt. In particolare, lungo i versanti si rinvengono depositi da caduta e subordinatamente depositi da flusso riconducibili all’attività vulcanica dei Campi Flegrei e del Vesuvio. Il deposito da flusso piroclastico più diffuso arealmente è l’Ignimbrite Campana. In tali contesti morfologici si verificano fenomeni di instabilizzazione e successiva più o meno rapida fluidificazione delle coltri di copertura superficiale sciolta di diversa natura, con innesco nella parte alta dei bacini o dei versanti. Laddove è maggiore il volume di materiale potenzialmente mobilitabile e sono favorevoli le condizioni idro-geomorfologiche, le masse in movimento confluiscono ad alta velocità nei canaloni posti a valle, autoalimentandosi di ulteriore materiale grossolano di fondo.
La elevata pericolosità di questi fenomeni deriva dalla apparente assenza di segnali premonitori nella fase di innesco, dalla estrema rapidità in fase di propagazione, dalla forte capacità erosiva e distruttiva, che li rende in grado di trascinare materiali anche di grandi dimensioni e, soprattutto, dalla loro alta mobilità, che conferisce loro la possibilità di percorrere notevoli distanze e produrre effetti disastrosi anche nelle zone a debole pendenza secondo traiettorie imprevedibili e diversificate.
Prodromica allo studio di pericolosità geologica ed idraulica esperito è stata l’anamnesi storica delle frane di tipo colata rapida pregresse che hanno interessato i versanti del monte Pendolo.
Il presente rapporto (studio geologico-morfologico e di modellazione idraulica bidimensionale) è stato elaborato considerando alcune premesse e finalità:
• costituisce un approfondimento (rilevamento geologico, geomorfologico e topografico di dettaglio a carattere locale) dei dati di base già riportati negli elaborati allegati al nuovo Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino della Campania Centrale;
• condivide lo schema metodologico di definizione della pericolosità e del rischio utilizzato dall’Autorità di Bacino della Campania Centrale;
• fornisce le indicazioni per la caratterizzazione dei processi morfoevolutivi da cui derivare la suscettività a franare dell’ambito morfologico;
• fornisce indicazioni sulle aree potenzialmente interessate da fenomeni di invasione/deposito di materiale detritico/piroclastico connessi al verificarsi di eventi franosi di tipo debris-flow;
• fornisce le indicazioni tecniche per la definizione della reale pericolosità da colata fangosa (debris flow) nelle aree di fondovalle, addivenendo, almeno per alcune di queste, ad una proposta di riperimetrazione rispetto al Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, ai sensi dell’art. 41.
A tale scopo sono stati effettuati numerosi sopralluoghi nelle aree di interesse e sono stati presi in considerazione i dati presenti nella bibliografia scientifica per la ricostruzione geologica su ampia scala nonché per la ricostruzione degli spessori delle coltri detritiche di copertura.
Per la taratura del modello idrologico-geotecnico ed idraulico adottato per la simulazione delle frane del tipo colata rapida, potenzialmente innescabili lungo le pendici del monte Pendolo, è stata effettuata una back analysis della frana di Gragnano del 1841.
2. Metodologia di lavoro per lo studio integrato delle frane di tipo debris flow
Le metodologie di studio qui presentate e discusse rappresentano una ragionevole sintesi dell’approccio geologico-geotecnico-idrologico-idraulico al tema della riduzione della pericolosità da frana nelle aree di fondovalle. Lo studio idrologico ed idraulico implementato ha avuto la finalità precipua di simulare, con opportuni approcci a base fluidodinamica, la distribuzione dei volumi mobilizzati nell’ambito delle aree pedemontane.
Lo studio del territorio comunale di Gragnano, per quanto concerne l’aspetto colate rapide di fango, si è basato su alcune fasi salienti, di seguito elencate:
• Acquisizione di una cartografia di dettaglio con rilievo fotogrammetrico digitale.
Il rilievo è stato eseguito con l'ausilio di un Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto ovvero con drone a rotore. Sono state acquisite foto zenitali a bassa quota con un sensore ottico ad alta risoluzione, con le quali si è proceduti alla post-elaborazione finalizzata alla produzione di una cartografia numerica tridimensionale, sulla quale, sono stati evidenziati il piano quotato e le curve di livello. Su questa cartografia aggiornata è stato realizzato il modello tridimensionale che funge da base per analisi e verifiche. Molto utile, al fine di ottenere non solo informazioni quantitative ma anche dati qualitativi utili al successivo studio geologico, è stata l’ortofoto della zona prodotta.
• Indagine bibliografica e d‘archivio.
Tale indagine è stata finalizzata alla ricostruzione di eventuali fenomeni alluvionali già accaduti nell’area di studio o in aree limitrofe.
• Rilevamento geologico-geomorfologico dei bacini imbriferi e delle zone pedemontane.
Per ogni bacino è stata valutata la presenza delle coperture piroclastiche nonché i relativi volumi potenzialmente mobilitabili dai versanti e negli impluvi. Successivamente, sono state applicate metodologie speditive di carattere geomorfologico-morfometriche, quali quella della valutazione delle zone di potenziale invasione da frana di tipo debris flow mediante l’utilizzo del metodo dell’angolo of reach (AUTORITÀ DI BACINO NORD OCCIDENTALE DELLA CAMPANIA, 2010). Nelle zone pedemontane lo studio è stato finalizzato al riconoscimento dei caratteri sedimentologici e geomorfologici utili alla preliminare delineazione delle aree invase negli anni da sedimenti della stessa natura di quelli rilevati nel rispettivo bacino di alimentazione. Particolare attenzione è stata rivolta all’individuazione di eventuali lobi distributori recenti, all’andamento del reticolo idrografico nonché alle interazioni esistenti tra reticolo idrografico ed opere antropiche.
• Approfondimenti geognostici e stratigrafici (campagna di indagini).
Per i versanti del monte Pendolo, al fine di caratterizzare gli spessori delle coltri piroclastiche di copertura sovrastanti il substrato carbonatico, si è adottata una procedura basata su osservazioni e misure dirette in situ attraverso indagini di campagna (fiorettature).
• Ricognizione del reticolo idrografico.
Fondamentale importanza ha svolto, nel presente studio, l’attività di sopralluogo esperita, finalizzata a cartografare eventuali anomalie o restringimenti del reticolo idrografico, sia di origine naturale che antropica per ogni bacino imbrifero studiato. In questa fase è stato effettuato anche il censimento delle opere idrauliche, laddove presenti nel bacino imbrifero, controllandone finanche lo stato di conservazione e l’efficienza.
• Sintesi dei dati raccolti.
Sulla scorta dei dati raccolti nelle fasi operative precedenti si è proceduti alla costruzione di un adeguato modello digitale del terreno (DTM) a maglia quadrata di lato pari a 5 metri.
• Studio idrologico del bacino idrografico di alimentazione.
Tale fase è consistita nella caratterizzazione morfometrica dei bacini idrografici analizzati, ai fini del calcolo dei tempi caratteristici di risposta idrologica dei bacini (tempo di corrivazione), e quindi delle portate meteoriche al colmo di piena per diversi valori del periodo di ritorno.
• Definizione dell’idrogramma dell’evento-colata.
L’evoluzione temporale del volume mobilizzato è stata schematizzata mediante un idrogramma di tipo triangolare.
• Riprimetrazione delle aree di fondovalle.
La delimitazione reale delle aree soggette ad invasione da flussi iperconcentrati (colate di fango) è stata ottenuta mediante l’implementazione di una modellazione idrodinamica bidimensionale sui dieci bacini di alimentazione analizzati, avendo assunto un’opportuna caratterizzazione reologica della miscela sulla base di dati di letteratura. Successivamente, sulla scorta di tali risultati, è stata formulata la proposta di riperimetrazione delle aree di fondovalle in relazione ai diversi livelli di pericolosità da flussi di colata. Alla modellazione idraulica ha fatto seguito un confronto tra i dati geologico-geomorfologici e i risultati della modellazione stessa, dal quale è scaturito un ulteriore perfezionamento delle risultanze sperimentali e quindi una rivisitazione del perimetro delle aree a diversa pericolosità da frana.
Modello utilizzato
È stato utilizzato un modello reologico quadratico (O'BRIEN J.S. & JULIEN P.Y. & FULLERTON W.T., 1993) ossia modello idraulico bidimensionale a fondo fisso (nel caso di colate) oppure mobile (nel caso di trasporto solido), implementato, nel caso di specie, mediante l’ausilio del codice di calcolo FLO-2D.
Esso è utilizzabile per simulare il flusso dell’acqua in corsi d’acqua anche di notevole larghezza o per la simulazione di flussi non-Newtoniani in aree di fondovalle. Il modello, ricevendo come input uno o più “idrogrammi di piena” ed utilizzando un approccio completamente dinamico, predice l’area di inondazione, la velocità e lo spessore del flusso dell’acqua o dei detriti per ogni cella in cui la topografia è stata discretizzata.
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