Valutazione delle caratteristiche autorigeneranti del calcestruzzo fessurato contenente additivi cristallini
Il calcestruzzo con additivi cristallini (CAs) mira a chiudere fessure e recuperare parzialmente la capacità di carico grazie a reazioni chimiche autorigeneranti. Questo studio ne valuta le proprietà usando diffrattometria X, microscopia elettronica e test Ultrasonic Pulse Velocity.
Il calcestruzzo prevede ingenti consumi globali di materie prime ed energia, costituendo a fine vita fonte primaria di rifiuti. Lo stato fessurativo favorisce la penetrazione di agenti aggressivi con conseguente corrosione dei ferri e distruzione della microstruttura. Per il deterioramento ha suscitato interesse la produzione di calcestruzzo con l’aggiunta di additivi cristallini (CAs) dall’effetto autorigenerante. Tali sostanze attive in polvere, reagendo con acqua e cemento producono precipitati che chiudono le fessure e consentono di recuperare parzialmente la capacità di carico. Il conglomerato così progettato necessita di ulteriori test funzionali per validarne l’applicazione. In questo contesto muove il presente lavoro con lo scopo di valutare le caratteristiche autorigeneranti del calcestruzzo contenente CAs. Le tecniche adottate saranno: diffrattometria a raggi X per indagare composizione e formazione delle parti ricostituenti; microscopia elettronica a scansione per valutare il cambiamento della morfologia della frattura; ed i test di Ultrasonic Pulse Velocity per valutare gli effetti autorigeneranti sulle proprietà meccaniche del calcestruzzo.
La corrosione delle armature del calcestruzzo porta ad una riduzione della vita utile delle opere in c.a.
Nel settore delle costruzioni civili è sempre più necessaria la progettazione di calcestruzzi duraturi, capaci di offrire nel tempo un’effettiva stabilità delle caratteristiche iniziali. Le cause del degrado sono di natura chimica (solfati e solfuri, anidride carbonica, cloruri), fisica (gelo-disgelo, ritiro, calore di idratazione, incendio) e meccanica (urto, erosione, sisma, vibrazioni). Tuttavia, il degrado più severo nei confronti della durabilità del calcestruzzo è costituito dall’insorgenza di fessure superficiali e/o più interne.
Le fessure possono comparire prima e dopo l’indurimento del calcestruzzo: il ritiro plastico e il congelamento iniziale, sono alcuni esempi di fenomeni che portano a fessurazione prematura; mentre nel caso del calcestruzzo indurito, con bassa resistenza a trazione, la formazione di fessure è generalmente dovuta a fenomeni di ritiro, per le variazioni di temperatura e di umidità dell’ambiente, a fenomeni di creep, per l’applicazione di carichi permanenti, e a fenomeni di natura fisico-chimica, come la corrosione dei ferri e i cicli di gelo-disgelo.
Le fessure a prescindere dall’epoca di formazione costituiscono facile via d’accesso degli agenti aggressivi nei confronti del calcestruzzo e soprattutto delle armature, predisponendo in quest’ultimo caso all’innesco di fenomeni di corrosione con conseguente riduzione di vita utile delle opere in c.a. Attualmente, i tradizionali interventi che preservano i manufatti da tali fenomeni, si effettuano, o a processo di ossidazione già innescato, per proteggere le parti esterne e ridurre la presenza di ossigeno; oppure si opera a carattere preventivo utilizzando armature passivate con resine epossidiche e/o riducendo la porosità della matrice cementizia, rispettando le limitazioni sul rapporto a/c prescritte da Norma.
Tali accorgimenti non sono sufficienti a garantire una buona impermeabilità all’acqua ed agli agenti aggressivi, ed è per questo che da anni l’attenzione della ricerca si dirige verso un aspetto che gioca un ruolo fondamentale nel migliorare la durabilità del calcestruzzo, ossia l’auto-riparazione autonomica delle fessure. Il materiale su cui si può intervenire è la malta cementizia, per cui l’idea è quella di, entro un determinato range di ampiezza delle fessure, fare in modo che il calcestruzzo si autoripari. Il progetto ingegnerizzato di una malta con capacità di ripara- zione autonomica prevede l’utilizzo di diverse sostanze, quali fibre, batteri, additivi cristallini, poli- meri assorbenti, materiali argillosi assorbenti, agenti riparativi incapsulati, agenti di espansione come sol- fo-alluminato e altri.
Nel presente lavoro l’attenzione si rivolge agli additivi cristallini CAs, componenti che favoriscono la formazione di precipitati cristallini, conferendo alla malta proprietà oltre alle proprietà auto-riparanti delle fessure anche una maggiore impermeabilità in condizioni idrostatiche, una riduzione di ritiro da essiccazione, una minore penetrazione degli ioni cloruro sulla superficie e una migliore resistenza al gelo. L'agente cristallizzante può favorire la chiusura di fessure fino a 0,4 mm di apertura in presenza di agenti espansivi.
Gli obiettivi che gli autori si propongono di perseguire nel presente studio sono: la verifica della capacità autoriparativa delle fessure mediante test di Ultrasonic Pulse Velocity; la verifica dell’eventuale recupero di resistenza a compressione; la definizione delle principali fasi cristalline ricostituenti mediante prove di diffrattometria a raggi X (XRD); il cambiamento della morfologia della frattura mediante prove di Microscopia Elettronica a Scansione (SEM).
Di seguito, dopo una breve rassegna sulle proprietà autoriparanti delle malte cementizie con aggiunta di additivi cristallini CAs, si riporta il piano previsto per la campagna sperimentale e i risultati ottenuti, espressi in una forma utile per una corretta interpretazione tecnica.
Proprietà autoriparante delle malte cementizie con additivi cristallini
L’autoriparazione è una capacità propria delle malte cementizie, secondo il noto fenomeno della ripara- zione autogena, che prevede una chiusura naturale delle fessure: dopo la formazione della fessura, in presenza di umidità, il silicato tricalcico C3S non idratato reagisce e si trasforma in silicato di calcio idrato CSH, depositandosi sulle pareti della fessura per richiuderla.
La capacità autogena di richiusura delle fessure è influenzata dal mix di miscela, dalla temperatura, dall'umidità ambientale e dall’età. Per una malta giovane le particelle non idratate parteci- pano al processo di autoriparazione in presenza di elevata umidità. Nella malta più vecchia, l'idrossido di calcio Ca(OH)2 si converte in carbonato di calcio cristallizzato CaCO3 a seguito dell'esposizione all'atmosfera con anidride carbonica CO2.
Per tale processo è necessaria molta più presenza di acqua, non di umidità, e la dimensione della fessura che può essere sanata varia da 0,05 mm a 0,3 mm. Anche l’aggiunta dei minerali attivi come ceneri volanti, loppe d'altoforno, fumi di silice, polvere di calcare promuovono la guarigione autogena delle fessure nella fase successiva all’indurimento per la presenza di leganti non idratati con reazioni pozzolaniche più lente. Si tratta, infatti, di polveri minerali idraulica- mente attive, a basso sviluppo di calore di idratazione, con proprietà pozzolaniche, ossia cementanti: la polvere reagisce con l’idrossido di calcio Ca(OH)2, o portlandite CH, liberata dall’idratazione dei silicati di calcio C3S e C2S del cemento Portland, e lo tra- sforma per reazione pozzolanica, in silicato di calcio idrato CSH, costituente legante responsabile dello sviluppo di resistenza meccanica.
Si ricorda che l’effetto pozzolanico di questi costituenti migliora anche la durabilità, inquanto i prodotti leganti CSH di reazione riducono le dimensioni delle fessure e dei pori; non solo la bassa presenza di CH impedisce l’innesco delle reazioni chimiche alla base di alcuni fenomeni di degrado, quali: la carbonatazione, responsabile di un abbassamento del PH nella matrice cementizia con predisposizione di ambiente favorevole al processo di ossidazione dei ferri; l’attacco dei sali disgelanti, con effetto dirompente della matrice provocato dal forte aumento di volume che accompagna la reazione; l’attacco solfatico, ossia la reazione con i solfati e alluminati per la formazione di ettringite espansiva; e l’eventuale dilavamento della calce, da parte di acque pure, con conseguente depauperamento delle caratteristiche meccaniche.
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