ZAMBRANO, CNI: NON ABBIAMO BISOGNO DI CALCI NEGLI STINCHI
ZAMBRANO, CNI: NON ABBIAMO BISOGNO DI CALCI NEGLI STINCHI
Recentemente la redazione di INGENIO ha pubblicato un articolo del prof. Ezio Arlati dal titolo Analisi e riflessioni sulle linee del Governo sulle norme di regolamentazione degli appalti pubblici.
L'articolo prendeva spunto dall'intervento del vice ministro Riccardo Nencini in merito alle norme di regolamentazione degli appalti pubblici per analizzarne il valore e le potenzialità, ma soprattutto per porre alcune interessanti riflessioni che ne derivano, soffermandosi su due argomenti che potranno dare vita a un interessante dibattito: il ruolo della progettazione esecuitva nel nuovo processo "trasparente" di gestione degli appalti e il ruolo degli Ordini.
Ingenio, oltre a pubblicare l'articolo, ha chiesto ai soggetti interessati di poter prendere parola e controbattere.
Pubblichiamo di seguito la risposta del presidente CNI, Armando Zambrano.
Il Prof. Arlati, a conclusione del suo articolo, scrive che sarebbe necessario un “misurato” calcio negli stinchi per “smuovere” quelli che fanno finta di non capire, quelli che stanno a guardare, quelli che si limitano a disputarsi aree, meglio brandelli, del mercato della progettazione etc. etc., includendo tra i destinatari di questi “misurati” calci anche e soprattutto gli Ordini professionali.
Forse è colpa nostra che non siamo riusciti a comunicare quanto fatto negli ultimi anni o forse le nostre pubblicazioni e i nostri documenti non sono meritevoli di attenzione da parte dei più autorevoli membri dell’Accademia ma, in ogni caso, il giudizio del prof. Arlati è quantomeno poco documentato.
Come Consiglio Nazionale degli Ingegneri, infatti, non abbiamo avuto bisogno di calci negli stinchi per avviare fin dal 2009, con il nostro Centro studi, supplendo ad una funzione che doveva essere propria dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (abrogata per questa e altre mancanze), un costante monitoraggio sui bandi di progettazione che ha consentito di dimostrare, dati alla mano, le profonde distorsioni che caratterizzano il mercato pubblico della progettazione nel nostro Paese:
- uso intensivo del massimo ribasso nell’aggiudicazione dei bandi per i servizi di ingegneria;
- persistere del fenomeno dei “ribassi lunari” per l’aggiudicazione dei bandi di progettazione, con punte massime del 90% e medie di oltre il 40% (doppie rispetto a quanto registrato nei bandi di esecuzione delle opere);
- uso indiscriminato dell’appalto integrato dove, come è noto, si ribaltano i piani concettuali del costruito in funzione del progetto;
- ricorso eccessivo alla progettazione “interna” alle pubbliche amministrazioni (che stimiamo coprire circa il 50% del totale del mercato della progettazione pubblica), svolta da personale e strutture che raramente dispongono delle qualificazioni richieste ai progettisti esterni;
- incapacità delle decine di migliaia di stazioni appaltanti di applicare correttamene le disposizioni di legge, tanto che oltre il 70% dei bandi di progettazione è viziato da profili di illegittimità.
Non abbiamo avuto bisogno di calci negli stinchi, per raccordare i nostri sforzi con tutte le altre professioni tecniche, costituendo la Rete delle Professioni Tecniche, associazione che include nove Ordini e Collegi (architetti, chimici, dottori agronomi, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari, periti industriali, tecnologi alimentari) in rappresentanza di oltre 600.000 professionisti, e rapportarci al mondo politico ed istituzionale con voce univoca.
Grazie a tale sforzo, siamo riusciti a ripristinare l’obbligo per le stazioni appaltanti di determinare gli importi da porre a base d’asta per l’aggiudicazione dei bandi di progettazione, ponendo fine ad una anomalie che hanno devastato il mercato della progettazione, a tutto detrimento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione pubblica nel settore delle costruzioni. L’emanazione del Dm 143/2013 è il frutto di un’azione caparbia, che ha visto le strutture ordinistiche uscire vittoriose contro forze e interessi consolidati (e spesso non trasparenti) che hanno opposto una strenue resistenza ad un provvedimento più che mai necessario e atteso.
Non abbiamo avuto bisogno di calci negli stinchi per mettere in risalto l’urgenza di una completa revisione delle norme di settore e per fare proposte concrete di modifica dell’attuale quadro normativo sui lavori pubblici, come quelle presentate in occasione del primo convegno organizzato dalla Rete delle professioni tecniche lo scorso 8 maggio, alla presenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Traporti, Maurizio Lupi. Proposte che non sono finalizzate a difendere meri interessi di parte ma hanno l’obiettivo di garantire una maggiore qualità delle prestazioni professionali garantendo sviluppo e occupazione con opere pubbliche di qualità.
Non abbiamo avuto bisogno di calci negli stinchi per capire che l’adozione del BIM (da noi auspicata e sostenuta) presuppone una serie di precondizioni (sociali, organizzative ed economiche) che nel nostro paese sono ancora lontane a venire. E non sono certo i problemi tecnici (in termini di interoperabilità, modelli, conservazione dei dati) quello cui ci riferiamo.
Non abbiamo avuto bisogno di calci negli stinchi per mettere, da sempre, la responsabilità al centro del nostro operato. Come ingegneri, nel corso dell’ultimo Congresso a Brescia, abbiamo offerto la disponibilità di oltre il 90% dei nostri iscritti ad assumere funzioni ora svolte dalla pubblica amministrazione, in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, per semplificare le procedure e consentire di riavviare quel ciclo di sviluppo che da troppi anni manca al nostro Paese.
Più che di calci, abbiamo bisogno del concorso di tutti per proseguire in un’azione che consenta di rivoluzionare il nostro settore dei lavori pubblici, rendendolo adeguato ad una economia che può e deve restare tra le più sviluppate al mondo. Sono sicuro che anche il Prof. Arlati, con il suo prezioso contributo di competenze e conoscenze, vorrà essere dei nostri.
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