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REGOLAMENTO EDILIZIO unico per 8mila comuni nel decreto sblocca-Italia

Regolamento edilizio unico per 8mila comuni nel decreto sblocca-Italia

Il provvedimento al Cdm il 31 luglio. Una norma prevede che alle opere grandi e piccole sia destinato ogni anno lo 0,3% del Pil. Cambia la legge obiettivo

Il Governo marcia a tappe forzate verso il varo dei due provvedimenti per l'edilizia e le infrastrutture. Si tratta del disegno di legge delega per la riforma degli appalti, che potrebbe addirittura andare a sorpresa oggiin Consiglio dei ministri, ma che più probabilmente andrà al Cdm di fine mese, e il decreto legge «sblocca-Italia» pure previsto per il 31 luglio (era stato il premier Renzi ad annunciarlo) ma suscettibile di un piccolo slittamento, soprattutto per recuperare qualche giorno di dibattito parlamentare post-estivo. Certo è che il Governo sta lavorando a tutta macchina e il provvedimento comincia a prendere una sua fisionomia.

La novità più importante è la conferma che nel decreto legge entra il regolamento edilizio standard unico per tutti gli 8mila comuni, salva la possibilità di adattarlo poi alle esigenze territoriali specifiche. È una rivoluzione che nasce da una proposta del Consiglio nazionale degli architetti, che è andata via via conquistando consensi. Ieri il viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, ha confermato all'asssemblea dell'Ance che la norma è già nelle bozze di decreto. Il regolamento standard sarà un atto concreto per superare la frammentazione normativa da comune a comune. La versione lanciata dal Cna aveva altre importanti caratteristiche: raccoglieva al proprio interno anche una serie di regolamentazioni ambientali e di igiene, tanto è che gli veniva dato il nome di «regolamento edilizio sostenibile».

Un altro pezzo del decreto legge che prende forma è quello relativo ai finanziamenti delle infrastrutture. Il ministero di Porta Pia propone esplicitamente (ma qui non è chiaro se sia arrivato o meno il via libera del ministero dell'Economia) un fondo unico destinato al finanziamento di infrastrutture grandi e piccole alimentato dal Tesoro in una misura fissa del 3% del Pil. Stiamo ragionando di cifre dell'ordine dei cinque miliardi annui. La questione era stata oggetto dell'incontro Padoan-Lupi di dieci giorni fa.

Terzo capitolo del decreto legge che prende forma è la lista delle grandi opere da rifinanziare con una quota rilevante dei 2-3 miliardi che dovrebbero sostenere il decreto legge. Una quota di quelle risorse andrà alle piccole opere suggerite dai comuni al premier direttamente per mail e un'altra quota dovrebbe andare a sbloccare una quota delle 671 opere di ogni taglia bloccate e censite dal ministero delle Infrastrutture. Ma la fetta maggiore dovrebbe andare alle grandi opere. Ecco la lista che comincia a prendere forma: alta velocità Brescia-Padova, ferrovia Napoli-Bari, completamento del Quadrilatero stradale Marche-Umbria, sblocco dell'autostrada tirrenica, finanziamento delle opere collegate all'Expo, passante ferroviario di Torino, asse viario Lecco-Bergamo, ferrovia Firenze-Pistoia-Lucca, sistema idrico abruzzese. Una decina di opere cui se ne potrebbero forse aggiungere ancora altre ma che non dovrebbero crescere troppo, visto che la strategia del governo è di finanziare interventi effettivamente strategici per il territorio. Sempre in tema di grandi opere, ormai scontata una profonda revisione della legge obiettivo del 2001, con l'introduzione di nuove semplificazioni procedurali per le infrastrutture strategiche.

Il ministero delle Infrastrutture vuole comunque mantenere un equilibrio fra grandi e piccole opere e per questo rilancerà anche una seconda edizione, riveduta e corretta, del «piano dei 6mila campanili». Rispetto alla prima edizione, saranno individuati criteri per l'accesso ai finanziamenti che siano maggiormente strategici in termini di crescita e sviluppo del territorio.
Infine, le città. Anche qui l'obiettivo è rilanciare il «piano città» che fu lanciato dal viceministro Mario Ciaccia ai tempi del governo Monti. Qui forse il lavoro è un po' più indietro. Anche in questo capitolo si pensa a una seconda edizione ma qui i limiti da superare sono più importanti (anche perché il vecchio piano città di fatto non è partito mai) e soprattutto le richieste avanzate da imprese, professionisti e sindaci sul rilancio di una politica della riqualificazione urbana molto ambiziose.

Fonte: www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com