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IRAP: esente il professionista che svolge attività presso struttura altrui

Cassazione: non è soggetto ad IRAP il professionista che svolga l'attività all'interno di una struttura altrui, in tal caso difettando l'autonomia organizzativa, che è presupposto dell'imposta

Il professionista che svolge un'attivià presso una struttura altrui non è assoggetabile ad IRAP perché non c'è autonomia organizzativa, presupposto fondamentale dell'imposta in questione. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza 6673/2017 depositata il 15 marzo scorso, 'cassando' una sentenza della CTR Toscana secondo la quale, invece, la possibilità di avvalersi di una struttura organizzata ancorché non propria consente di ravvisare il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione.

I giudici supremi, in realtà, hanno richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione 21150/2014), ricordando come il requisito dell'"attività autonomamente organizzata" (art. 2 del d.lgs. 446/1997), ricorre "quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione, e, dunque, non risulti inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse".

Non è quindi sufficiente, per l'assoggettamento ad IRAP, che il lavoratore/professionista si avvalga di una struttura organizzata: la struttura deve essere infatti "autonoma", cioè far capo allo stesso non solo ai fini operativi ma anche organizzativi. Pertanto, non sono soggetti ad IRAP i proventi che il lavoratore autonomo percepisce come compenso per le attività svolte all'interno di struttura da altri organizzata.

Il caso di specie riguarda il parziale accoglimento del un ricorso di un dottore commercialista, per il quale la CTR Toscana aveva ritenuto non dovuta l'imposta IRAP per gli anni 2001 e 2002, nel corso dei quali il contribuente aveva svolto il tirocinio, fruendo di compensi, presso uno studio associato. L'imposta era stata invece ritenuta dovuta per l'anno successivo (2003), quando, dopo aver superato l'esame di Stato con iscrizione successiva all'albo, il commercialista aveva continuato a svolgere la professione presso lo stesso studio. Per la Cassazione, non fa differenza: non c'è autonomia organizzativa, e l'IRAP non va pagata.
 

 

 

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