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Sanatoria edilizia: tutti i presupposti di legge

Consiglio di Stato: anche se l'edificio non è in tutto o in parte fisicamente esistente al momento dell'intervento richiesto (per effetto del crollo), non v’è ragione di classificarlo come nuova costruzione

Un edificio può dirsi esistente non solo quando “esista un organismo edilizio, seppur non necessariamente abitato od abitabile, connotato nei suoi caratteri essenziali, dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua (fedele) ricostruzione” (ex multis C.d.S., V, 10 febbraio 2004, n. 475), ma anche quando la sua più recente consistenza, precedente l’evento sismico o assimilato, sia apprezzabile compiutamente sulla base di aerofotogrammetrie e/o immagini satellitari di sicura veridicità".

E' questa, una delle importanti sottolineature contenute nella sentenza 4759/2017 dello scorso 13 ottobre del Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso di un privato contro il diniego del permesso di costruire in sanatoria da parte di un comune piemontese.

Il fatto
Il Comune di Gassino, nel corso di un sopralluogo effettuato a seguito di un imponente smottamento di terreno proveniente dalla proprietà dei ricorrenti, accertava che i medesimi avrebbero realizzato alcune opere in difformità dalla D.I.A. per opere di consolidamento e messa in sicurezza e, inoltre, parzialmente le opere di restauro e risanamento conservativo, oggetto del permesso di costruire loro rilasciato precedentemente, ma non ancora ritirato. Il Comune ordinava, quindi, la sospensione dei lavori e la messa in sicurezza del versante interessato dallo smottamento. Con provvedimento adottato nella medesima data, inoltre, revocava il permesso di costruire precedentemente rilasciato.

I ricorrenti presentavano successivamente tre istanze di richiesta di permesso di costruire in sanatoria “per ristrutturazione edilizia”.

Il comune denegava definitivamente la sanatoria invocata, a causa del permanere di carenze nella rappresentazione del preesistente segnatamente sul lato nord-ovest, nonché della presenza di materiale concernente il pregresso crollo di parti risultanti riedificate con indebito aumento di volumetria, in contrasto con quanto previsto dalle NTA di natura idrogeologica (art. 22) e dall’art. 69 del Regolamento edilizio comunale, che, con riferimento ad edifici ricadenti in aree di classe IIIb, vietano rispettivamente la ristrutturazione in assenza di interventi di riassetto e messa in sicurezza ad iniziativa pubblica e la sanabilità (e, comunque, l’ampliamento) e la ricostruzione delle parti crollate.

Da qui il ricorso.

La decisione di Palazzo Spada
Secondo il Consiglio di Stato, l'istituto della sanatoria edilizia trova compiuta disciplina all’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il quale dispone che il permesso in sanatoria può essere ottenutose l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”. La fattispecie fattuale oggetto di gravame va, dunque, analizzata alla stregua dei presupposti previsti da tale norma, atteso che, nel caso di specie, è stata proprio tale “conformità” all’astratta fattispecie normativa ad essere stata, essenzialmente, messa in discussione dall’Amministrazione.

La ricostruzione a seguito di crollo non è dissimile, infatti, dalla demolizione e ricostruzione ammesse nell’ambito della ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001, sempreché vi siano elementi sufficienti per provare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio “da ristrutturare”.
Anche se l’edificio non è in tutto o in parte fisicamente esistente al momento dell’intervento richiesto (per effetto del crollo), non v’è ragione di classificarlo come nuova costruzione.

Un edificio può, infatti, dirsi esistente non solo quando “esista un organismo edilizio, seppur non necessariamente abitato od abitabile, connotato nei suoi caratteri essenziali, dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua (fedele) ricostruzione” (ex multis C.d.S., V, 10 febbraio 2004, n. 475), ma anche quando la sua più recente consistenza, precedente l’evento sismico o assimilato, sia apprezzabile compiutamente sulla base di aerofotogrammetrie e/o immagini satellitari di sicura veridicità.

Nel caso di specie, quindi, le parti crollate potevano comunque essere ricostruite, previa compiuta ed analitica verifica degli elementi e requisiti ora ricordati.

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