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SCIA ed Asseverazione (VVF): i contenuti e le responsabilità delle singole figure

un articolo che offre una panoramica di quella che è oggi la SCIA a fini antincendio in termini di contenuti, documentazione e figure coinvolte

Prima della SCIAVVF

fire-impianto-antincendio.jpgL’entrata in vigore del DPR 151 nel 2011 ha rivoluzionato il mondo della sicurezza antincendio o perlomeno ha stravolto i ruoli degli attori ed ha introdotto un cambiamento epocale rimescolando le carte che permanevano sul campo di gioco da quasi venti anni.

Le regole ed i capisaldi indiscussi “dell’arte” della sicurezza antincendio sono stati rimessi in gioco, creando non pochi dubbi ed incertezze, ancora oggi, dopo quasi otto anni dalla sua nascita.

Ma in sostanza cosa è cambiato veramente? La SCIAVVF ha sostituito il Certificato di Prevenzione Incendi? E se fosse vero, in che modo?

Per capirlo, facciamo un piccolo passo indietro, fino al 1984. 

Agli inizi degli anni ‘80, in Italia, le attività che erano provviste di Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.) erano poche e troppe erano quelle che svolgevano l’attività senza averlo e probabilmente senza nemmeno avere la minima sicurezza intrinseca. 

La legge N. 818 del 7 dicembre 1984, introdusse il Nulla Osta Provvisorio, un documento che consentiva alle attività sorte prima del 10/12/1984 e sprovviste di C.P.I., di proseguire nell’esercizio della propria attività, dotandosi, appunto, del Nulla Osta Provvisorio (N.O.P.) entro il 31/12/1991. Questo a fronte di parziali adeguamenti e certificazioni che dovevano dimostrare l’osservanza delle misure reputate minime ma più urgenti ed essenziali contenute nel D.M. 8/3/1985.     

Le dichiarazioni e le certificazioni venivano predisposte da professionisti iscritti negli elenchi del ministero dell’interno (D.M. 25/3/1985), mentre il N.O.P. veniva rilasciato dai Comandi Vigili del Fuoco.

Le misure ritenute urgenti ed essenziali erano relative agli impianti elettrici, agli estintori, al comportamento al fuoco delle strutture, all’aerazione agli impianti fissi di estinzione e all’illuminazione di sicurezza, ai divieti e limitazioni, ai sistemi di vie di uscita al servizio di emergenza in caso di incendio aree a rischio specifico (c.t., autorimesse, depositi, ascensori). 

Se si assolveva a queste, relativamente poche, indicazioni, si poteva operare grazie al N.O.P.

Non tutte le attività però potevano beneficiarie delle semplificazioni derivate dal N.O.P. Per alcune attività era già previsto il rispetto integrale della normativa (depositi di materiale radioattivo, oli minerali, esplosivi, distributori carburanti, piattaforme perforazione, oleodotti).

Il D.P.R. 12/01/1998 N. 37, proseguendo sulla stessa linea, sanciva che il Titolare di una attività che aveva già ottenuto a suo tempo il N.O.P., in assenza di modifiche che comportassero alterazione delle preesistenti condizioni di sicurezza, a fronte dell’osservanza delle misure più urgenti ed essenziali e osservando gli obblighi connessi con l’esercizio dell’attività, poteva mantenere la validità N.O.P. Se viceversa, variavano le condizioni di cui sopra, il N.O.P. decadeva e doveva essere richiesto il C.P.I.

Successivamente il D.M. 29 dicembre 2005, con certe premesse, estendeva la validità del N.O.P fino al 1/6/2009; dopo tale data l’esercizio dell’attività poteva essere consentita soltanto con il C.P.I. (D.I.A.).

Per ottenere il C.P.I. era necessario richiedere il parere di conformità sul progetto ed il sopralluogo secondo gli artt. 2 e 3 del DPR 37/98, veniva quindi introdotta la necessità di un progetto che doveva dimostrare la rispondenza dell’attività alle norme o criteri di prevenzione incendi (tra cui il DM 10 marzo 1998).

Il C.P.I. era rilasciato dal Comando Vigili del Fuoco.

Il DPR 151/2011 e la SCIAVVF 

Tutto cambia però nel 2011 con l’istituzione del DPR 151/2011 che introduce la SCIAVVF.

La sigla SCIA significa: Segnalazione Certificata di Inizio Attività ai fini VVF – acronimo forse infelice per la presenza di altre SCIA, quelle produttive per esempio o quelle edili; coesistenza questa che mette confusione ancor oggi a molti.

Il primo cambiamento è sia nella forma che nella sostanza però.

Nella forma: all’atto della presentazione della SCIAVVF (art. 4 del D.P.R. n. 151/2011) si ha il titolo autorizzativo per l’esercizio delle attività ai fini antincendio, atto che sostituisce quindi il C.P.I.

Nella sostanza: la SCIAVVF è una dichiarazione sostituiva dell’atto notorio con la quale il Titolare dell’Attività segnala l’inizio dell’attività, quindi una sorta di autocertificazione.

Non sono più i Vigili del Fuoco che, prima dell’ 84 con il C.P.I, poi N.O.P e di nuovo il C.P.I., autorizzano l’inizio e la regolarità dell’attività, ma il Titolare dell’Attività stesso con il suo consulente antincendio. Ecco il primo cambiamento epocale.

Si sposta il “controllo” dai Vigili del Fuoco al Titolare e con esso la responsabilità. Se da un lato all’apparenza semplifica l’iter, snellendo la procedura, dall’altro manleva i Vigili del Fuoco dalla responsabilità della verifica.

Vendiamo nel dettaglio da cosa è composto questo documento che autorizza, con l’accettazione da parte del Comando (post verifica correttezza e coerenza formale, non sostanziale della documentazione presentata), l’esercizio dell’attività.

La SCIAVVF: gli attori

La SCIAVVF è un fascicolo composto da più parti sottoscritte da soggetti diversi:

  • Titolare dell’attività
  • Tecnico abilitato (TA)
  • Professionista antincendio (PA)
  • Direttore Lavori e Installatore,

ognuno con ruoli e responsabilità differenti.

L’anno successivo all’introduzione del DPR 151/11, con il DM 7/8/2012, venivano quindi spiegate le disposizioni relative alle modalità di presentazione di queste istanze. 

Abbiamo visto che l’attività, con l’istituzione del DPR 151/2011, può essere esercitata contestualmente all’atto della presentazione (ed accettazione) della SCIAVVF, con la quale il Titolare dell’Attività segnala l’inizio dell’attività. Si ha quindi immediatamente il titolo autorizzativo per l’esercizio delle attività ai fini antincendio, il timbro del protocollo sostituisce il vecchio C.P.I.

Vi sono poi due altri attori: il Tecnico abilitato (TA) ed il Professionista antincendio(PA) ben disciplinati dalla normativa. 

Il Decreto del 7 agosto 2012, nell'articolo 1 definisce che: il "Tecnico abilitato o TA” è: professionista iscritto in albo professionale, che opera nell'ambito delle proprie competenze. In parole povere è l'ingegnere, l'architetto, il geometra o perito iscritto al proprio albo professionale.

Mentre il "Professionista antincendio o PA” è: professionista iscritto in albo professionale, che opera nell’ambito delle proprie competenze ed iscritto negli appositi elenchi del Ministero dell’interno di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Cioè è quel professionista già iscritto al proprio albo professionale ma che ha superato gli esami previsti dal Decreto legislativo 139 del 2006 (ex legge 818/84). Quindi un TA che ha frequentato un corso di 120 ore e superato un esame, quindi una figura più preparata del “semplice” TA.

L’Art. 4 e il PIN 2.1 specifica che l’asseverazione deve essere firmata da tecnico abilitato (TA), e deve attestare e contenere certificazioni e dichiarazioni, atte a comprovare la:

“la conformità della/e attività sopraindicata/e ai requisiti di prevenzione incendi e di sicurezza antincendio”.

Tutto ciò visti anche i progetti antincendio menzionati nell’asseverazione, le normative tecniche di prevenzione incendi, le certificazioni e le dichiarazioni necessarie per comprovare l’adeguatezza degli elementi costruttivi, i prodotti, i materiali, le attrezzature, i dispositivi e gli impianti rilevanti ai fini della sicurezza antincendi per l’intera attività.

Ovviamente ciò comporta l’aver effettuato sopralluoghi e verifiche documentali.

Nella SCIAVVF vi è però una specifica che sottolinea che l’asseverazione, attesta che gli impianti (finalizzati alla protezione attiva antincendi), debbano garantire i requisiti di efficienza e funzionalità.

La stessa asseverazione, dove si deve riferire anche ai prodotti e ai sistemi per la protezione di “parti o elementi portanti delle opere di costruzione ..omissis…, finalizzati ad assicurare la caratteristica di resistenza al fuoco” deve essere a firma di professionista antincendio (PA).

Sempre il succitato DM 7 agosto 2012, l’art. 5 prevede l’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio dopo 5 o 10 anni. Ma del rinnovo periodico parleremo in altra sede.

...continua la lettura nel pdf.


Si ringrazia l'Ordine degli Ingegneri di Milano per la gentile collaborazione

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