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Il braccio di ferro Antitrust contro Notai interessa tutte le professioni, ingegneri e architetti compresi!

L’anno scorso scrissi un articolo, pubblicato da Ingenio, intitolato “Può un ordine controllare i propri iscritti?” che era incentrato sulla vicenda riguardante un procedimento di infrazione promosso dall’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) nei confronti del Consiglio del Notariato Milanese. Non è mia intenzione rinvangare la questione nel merito, ma andare ad analizzare il contorno alla luce della situazione recente. Ancora nel mio argomentare non entro nella questione simpatia di categoria o meno, né voglio rinvangare e commentare soliti argomenti cari a intellettuali e professori universitari relativi alla difesa di previlegi che ritengono medioevali. Neppure mi addentrerò sulla questione, se tutti gli Ordini hanno mantenuto e mantengono sempre fede ai loro compiti istituzionali.

Ritornando al titolo, la “querelle” oggi si è arricchita di due novità: la prima, un comma della Legge di bilancio (Legge 205/2017 art.1 comma 495) e la seconda che l’autorità Antitrust (AGCM nel seguito) sta sollevando alla Corte Costituzionale un’eccezione di Costituzionalità del citato comma, (Bollettino AGCM n°17 del 7/05/2018).

Cerco di inquadrare sinteticamente la prima: in sostanza dice che nel caso di promozione di un procedimento disciplinare viene applicato l’art. 8.2 della Legge 287/1990 (Legge antitrust). Cioè in questo caso se l’impresa persegue un interesse pubblico (ad esempio un organizzazione Ordinistica) non valgono i divieti di intese anticoncorrenziali, abuso di posizione dominante e controllo di concentrazione. 

Questo smonta i  teoremi sempre cari alla AGCM nel perseguire gli Ordini qualora si azzardassero a porre controlli sulle prestazioni con conseguenti interventi disciplinari. Da sempre gli  Ordini hanno il compito di vigilare sulle prestazioni degli iscritti e di intervenire disciplinarmente, prima direttamente ora con gli organi disciplinari, su coloro che si discostano dalle linee deontologiche. Per essere più chiari, esemplificando, se qualcuno fa delle pessime prestazioni a prezzi bassi e non, l’Ordine  ha il dovere di controllare il perché e agire di conseguenza. Ovviamente questo influenza il mercato e ciò non va bene all’Autorità (spiegata la seconda novità). 

Per evitare questa svolta l’AGCM ha scelto, appunto,  di ricorrere alla Consulta. La questione è del tutto irrituale, perché autorizzati a ricorrere sono organi di Magistratura, cosa che l’Autorità non è. Difatti se si va leggere l’ordinanza AGCM del 7/05 circa metà è spesa per far valere il “suo” diritto a promuoversi a organo di Magistratura. Non è la prima volta che l’AGCM si avventura in recinti che non sono suoi. A veder bene, i suoi Giudizi si concludono con assoluzioni o sanzioni amministrative e i soccombenti possono ricorrere al TAR. Per cui quest’ultimo è il primo livello giurisdizionale; quindi sarebbe fuor di dubbio che trattasi solo di Autorità amministrativa cioè senza possibilità di porre eccezioni di incostituzionalità. 

Su questo discorso occorre che TUTTE le professioni facciano quadrato, perché non dobbiamo dimenticare che Giudice della consulta è l’on. Giuliano Amato ex presidente dell’AGCM, per non dire “padre” di quest’ultima. E’ ben vero che la sua serietà è fuori di discussione, ma le sue simpatie sono ben chiare e note a TUTTI. 

A titolo di “curiosità” riporto integralmente l’articolo 41 della Costituzione Italiana:

L’iniziativa economica privata è libera. Non può  svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà , alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Mi chiedo e vi chiedo: quante volte l’AGCM ne ha tenuto conto?