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La «Spinta sul BIM» e la Domanda Pubblica in Italia

Il prof. Ciribini rivisita e amplia un recente Decalogo indirizzato alla Domanda Pubblica pubblicato da Ingenio.

Il lodevole intento che si avverte a proposito dell’intensificazione dei processi digitalizzati all’interno dei contratti pubblici induce lo scrivente a rivisitare e ad ampliare un recente Decalogo indirizzato alla Domanda Pubblica, pubblicato da Ingenio.
 
>>> vedi il DECALOGO del buon Commitente Digitale, pubblicato a maggio da Ingenio


Occorre, tuttavia, prima di tutto, riportare alcune osservazioni che inducono alla cautela a proposito dell’accelerazione di talune dinamiche.
Giova, anzitutto, ricordare un recente intervento di Mark Bew, forse il principale artefice della diffusione della gestione informativa nel Regno Unito assieme a Paul Morell, presso la House of Lords.
In quella circostanza, Mark osservava come il «BIM» (segnatamente il cosiddetto UK BIM Level 2) non fosse altro che un semplice passaggio intermedio nel processo evolutivo del Settore, con il rischio che se ci si fosse arrestati lì si sarebbero conseguite le condizioni peggiori, tanto del vecchio mondo analogico quanto del nuovo mondo digitale.

D’altra parte, la stessa Commissione Europea (specificamente la DG GROW), dopo aver promosso, per il tramite dello EU BIM Task Group, un Handbook che, in realtà, è un documento di indirizzo generale, sollecita lo stesso gruppo di lavoro a produrre riferimenti maggiormente operativi, destinati alla gran mole di stazioni appaltanti e di amministrazioni concedenti comunitarie.

Anche i prossimi determinanti elaborati normativi UNI EN ISO della serie 19650, attesi a breve, costituiscono un testo compromissorio, di mediazione, che, riportando, direttamente o tramite gli allegati nazionali, lo stato dell’arte, dischiudono prospettive ulteriori tutte da promuovere e da verificare.
A proposito di ciò, è da segnalare l’avvio della redazione di un Technical Report esemplificativo in sede CEN.

A livello nazionale, il DM 560/2017, di fatto non coordinato colla bozza di DM sui livelli di progettazione e in attesa del DPCM sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, ovviamente non può essere ancora sottoposto, nei suoi contenuti, al vaglio dell’operatività, non essendo ancora decorsi i primi termini dell’obbligatorietà.
Il testo del DM 560/2017, d’altronde, a indagini sommarie, non pare essere conosciuto da una significativa porzione degli operatori.

Analogo ragionamento si può fare per l’integrazione alle LG 1 di ANAC, mentre le norme nazionali della serie UNI 11337 hanno, per forza di cose, stante la loro recente emanazione e la limitata diffusione dei processi digitalizzati di acquisto, goduto di una applicazione relativamente contenuta, nel momento in cui comprensibilmente non è ancora disponibile un luogo di condivisione delle esperienze sinora maturate.

A ciò si deve aggiungere che la maggior parte dei tentativi volontari sinora perseguiti dalle amministrazioni pubbliche ha evidenziato gravi criticità (tanto da generare già alcuni contenziosi) e le esperienze migliori, o più credibili, hanno evidenziato inevitabili lacune e problematiche, per le quali, anche in questo caso, non è ancora attivo alcun osservatorio pubblico.
Di fatto, il caso italiano di obbligo generalizzato costituisce, peraltro, un unicum a livello comunitario, in attesa delle decisioni di governi come quello ceco o quello spagnolo, mentre i diversi casi britannici prevedono soglie di adozione, quello tedesco riguarda singoli dicasteri (solo per i lavori a livello federale) e il contesto francese non pare orientato in questa direzione.

In una ottica prospettica, d’altra parte, i modelli informativi (a oggi prevalentemente geometrico-dimensionali) sembrano svolgere un ruolo complementare nei confronti di ambienti di condivisione di dati computazionali (alfa-numerici) e non assai più dilatati, e non viceversa, poiché le fonti di generazione digitale si ampliano e gli strumenti della modellazione informativa palesano alcuni limiti.
La questione si farebbe ancor più complessa se si legasse alla istituzione di piattaforme digitali, poiché ciò rimanderebbe alle soluzioni di e-procurement, sinora praticate prevalentemente in occasione di procedure competitive relative alle forniture e a servizi non di architettura e di ingegneria: le stesse piattaforme digitali dedicate ai concorsi di progettazione non sembrano, per ora, BIM-Based.
La tematica più sensibile riguarderebbe, però, la proprietà e l’accessibilità dei Big Data originati in questi marketplace, nel momento in cui l’Artificial Intelligence potenzia la Business Intelligence, oltre che la rarità di quadri contrattuali collaborativi, BIM-Compliant.
Le cautele maggiori attengono, tuttavia, al grado di maturità analogica, ancor prima che digitale, delle strutture tecniche della committenza pubblica in Italia.

A parte il fatto che le migliori esperienze di maturazione digitale di amministrazioni pubbliche italiane hanno richiesto anni di tentativi, il ventre molle dell’apparato pubblico è dato dalla moltitudine di piccole e di medie stazioni appaltanti (e di amministrazioni concedenti) che hanno ostinatamente ostacolato i processi di aggregazione e di professionalizzazione, o si sono dimostrate assai scettiche al riguardo, lamentando carenze di organico, di professionalità, di ricambio generazionale e di risorse.
Non a caso, dovendo essere le committenze i driver dei processi digitalizzati, le lacune serie dei capitolati informativi sin qui noti in materia di computazionalità dei documenti di indirizzo preliminare alla progettazione, denunziano una preoccupante immaturità nella funzione di istruire, di chiedere e di verificare digitalmente l’operato dell’Offerta Privata.
Una accelerazione ulteriore delle progressioni, prudenti, ma ragionate, previste dal DM 560/2017, indurrebbe probabilmente a una semplificazione indebita della transizione digitale che potrebbe portare a diseconomie inattese, a maggiori conflittualità e alla ricerca di strategie elusive o neutralizzanti.
Occorre essere consapevoli che lasciare in mezzo al guado buona parte della Domanda e dell’Offerta comporta un rischio assai elevato.

Decalogo del buon Committente Digitale, la versione estesa

Di seguito, si riporta una versione estesa del Decalogo:
 
  1. Non avviare la prima procedura competitiva senza avere soddisfatto i tre requisiti relativi al DM 560/2017, art. 3, c. 1, ll. a), b), c). 
    La digitalizzazione della Domanda Pubblica comporta, infatti, la adozione di una cultura digitale della stessa organizzazione nel suo complesso e negli uffici competenti. Essa, del resto, non si riduce a «domandare» nei singoli procedimenti relativi alle procedure competitive, bensì richiede, in primo luogo, una applicazione diretta e attiva inerente a tutti gli endo-procedimenti connessi.

  2. Per redigere l'atto organizzativo configurare la struttura di supporto al RUP e formare contemporaneamente gli stessi come Project Manager.
    L’atto organizzativo costituisce il riferimento imprescindibile di qualificazione digitale della committenza pubblica e consente di potenziare digitalmente le pratiche relative al Project Management.

  3. Verificare le interazioni con gli eventuali sistemi per la gestione per la qualità e per le verifiche ispettive ai fini della validazione dei progetti.
    L’atto organizzativo, di fatto, coinvolge la digitalizzazione di tutti i sistemi gestionali della amministrazione pubblica e, in particolare, condiziona pesantemente le opzioni di semi-automazione delle verifiche finalizzate alla validazione dei progetti.

  4. Non accontentarsi di emulare i capitolati informativi generici, ma redigerne uno proprio, dotato di requisiti informativi strutturati computazionalmente.
    La trascrizione pedissequa di testi altrui, priva della conoscenza degli esiti a cui essi hanno condotto, costituisce un fattore epidemiologico di riproduzione delle criticità.
    Gli attuali capitolati informativi sono assai carenti in termini di richieste progettuali in forma computazionale, troppo generici relativamente agli obiettivi e agli usi della modellazione informativa, evasivi sui LOD e sui LOIN.

  5. Ricordarsi che il capitolato informativo deve includere il modello informativo relativo allo stato dei luoghi.
    Sussisterà l’obbligo di predisporre originariamente una anagrafe digitale immobiliare o infrastrutturale, preferibilmente BIM-Based, a tutela della correttezza dei dati di ingresso e in funzione della gestione del ciclo di vita del cespite.

  6. Non impostare il disciplinare di gara con richieste generiche che non si controllano, magari senza contingentare le offerte tecniche.
    Cercare di richiedere una struttura delle offerte tecniche facilmente comparabile, evitando le narrazioni fantasiose e incommensurabili.
    La natura computazionale della gestione informativa favorisce una più oggettiva comparabilità delle proposte contenute nelle offerte tecniche, evitando contenziosi inerenti a giudizi arbitrari.

  7. Acquisire direttamente e imporre ai candidati e agli affidatari l'ambiente di condivisione dei dati.
    Anche a causa dei limiti propri degli strumenti di modellazione informativa, è assolutamente necessario per il committente pubblico selezionare e adottare un ambiente di condivisione dei dati da esso configurato (o adattato), remunerato e gestito.

  8. Progettare presentivamente le strutture dei dati e i flussi informativi, da gestire attraverso l'ambiente di condivisione dei dati, in accordo a opportune strutture contrattuali.
    Affinché l’ambiente di condivisione dei dati non sia un mero strumento di gestione dei documenti, occorre che di esso siano configurati i flussi informativi, in coerenza con il quadro contrattuale (preferibilmente collaborativo e relazionale) adottato.

  9. Avere sempre presente di stare acquistando progettazione, esecuzione o gestione di cespiti fisici, a cui non può mancare il corredo informativo «come costruito» per valorizzarli.
    Nell’ottica del ciclo di vita dell’opera oggetto del procedimento, occorre considerare la centralità del cespite immateriale per il buon funzionamento (le Operations) di quello tangibile.

  10. Richiedere modelli informativi federati e disciplinari ottimizzati al fine del loro inserimento nell'applicativo di Facility Management.
    In generale, la configurazione dei modelli informativi secondo le logiche dei progettisti rappresenta fonte di profondi adattamenti da parte di direzione dei lavori e di direzione tecnica di cantiere.
    Ancora più critica si rivela essere la sua utilizzabilità per il ciclo di vita.

Urge una capacità di governo delle strutture di dati, tramite il capitolato informativo e l’ambiente di condivisione dei dati, sin dall’origine del procedimento: a opera del committente.

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