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I Processi di Riqualificazione Edilizia Digitalizzati: Equivoci e Potenzialità

Leggi l'ultimo articolo del prof. Angelo Ciribini sui processi di riqualificazione che interessano il patrimonio edilizio esistente digitalizzato. Il ruolo del rilievo digitale, BIM e GIS, efficienza energetica e miglioramento sismico dei beni immobiliari nell'era della digitalizzazione.

Il mercato della riqualificazione edilizia in Italia 

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La riqualificazione edilizia, specie del settore residenziale, ha assunto un grande rilievo sul mercato comunitario e, all'interno di esso, sul mercato domestico in Italia, come il CRESME ha ben dimostrato, stimolato negli ultimi anni con particolare riferimento alle agevolazioni e alle incentivazioni relative alla fiscalità (i cosiddetti «bonus»).
 
La rilevanza assunta da tale settore di mercato in Italia è giustificata dalla predominanza del patrimonio costruito non recente (probabilmente per il 75% edificato prima del 1970) che, assieme a quello più recente, in parte invenduto, assume un peso non trascurabile spesso a causa della propria carenza prestazionale.
Di conseguenza, esso è importante perché influisce negativamente in quanto, ad esempio, funzionalmente inadeguato, energeticamente carente, sismicamente inaffidabile, alluvionalmente predisposto.

In buona sostanza, il proprio «(dis)valore» si fonda, inoltre, sull'operato, non sempre rigoroso, almeno per la porzione più recente, di una classe professionale e imprenditoriale che ha storicamente immediatamente preceduto quella attuale.
Al contempo, la consapevolezza dell'intervento sul costruito (che ha assunto varie denominazioni: recupero, riabilitazione, riattazione, rinnovamento, risanamento, ristrutturazione, riuso, ecc.), che non conduca alla demolizione e alla sostituzione (un anelito della contemporaneità presso gli attori del comparto), ha compiuto un percorso parallelo a quello inerente alla conservazione dei beni immobiliari soggetti a tutela.

La digitalizzazione del patrimonio edilizio esistente

Questa situazione spinge, ovviamente, numerosi soggetti a proporre soluzioni basate sui processi digitalizzati, che hanno come ineluttabile prefisso il «BIM4», anche sulla scorta di alcune politiche comunitarie, spesso rivolte alle amministrazioni comunali, improntate alla Clean Energy e alla Decarbonization quali paradigmi, obiettivi e, addirittura, «ideologie» ispirate dall'ambientalismo e dalla circolarità.
 
Occorre, però, chiedersi che senso compiuto abbiano gli strumenti e le piattaforme che da ogni dove vengono ipotizzati, in funzione delle intenzioni di agire sulle caratteristiche stesse del mercato, sulla identità degli operatori e sulla natura dei prodotti.
 
Per prima cosa, guardando agli approcci digitali al tema, si osserva una focalizzazione riposta sul rilievo digitale dei cespiti finalizzata a costituire una anagrafica patrimoniale digitalizzata (BIM-Based).
Di questo aspetto le acquisizioni di nuvole di punti, ottenute secondo diversi criteri e tecnologie, sono l'elemento iconico, derivante dall'applicazione originaria della digitalizzazione ai beni culturali immobiliari che, a sua volta, ha acquisito varie denominazioni: HBIM, BIMH, Heritage BIM, Historic BIM, e così via.
 
Queste modalità di acquisizione della conoscenza della pre-esistenza, vale a dire dei dati di ingresso alla progettazione, ha, in termini di fascinazione, sostituito le cosiddette tecniche analitiche (non distruttive) che miravano, in particolare modo, al non visibile, al contrario delle prime.

Considerazioni sul rilievo digitale 

Il rilievo digitale ha assunto le vesti di una constatazione «precisa e oggettiva» che vada a «riprodurre» virtualmente ogni minima peculiarità del singolo oggetto costruito: oltre a tutto, essendo sostenuta dall'immaginario tecnologico procurato dai droni, altro elemento fortemente simbolico, esso sembra particolarmente accattivante.
 
Il cosiddetto Scan to BIM, attuato prevalentemente con procedure «manuali», ne ha costituito, poi, il necessario complemento per far sì che la digitalizzazione dell'esistente entrasse direttamente nell'ambito della gestione informativa, trasformando parti di nuvole in «entità».
Non per nulla, tale attività è oggi oggetto di tentativi di semi-automazione che, tuttavia, scontano una assenza di riflessione sul lato epistemologico di quella che è una vera e propria traduzione di carattere intellettuale.
 
Il trasferimento culturale delle nuvole di punti in entità digitali parametriche, che, peraltro, non può avvenire esclusivamente sulla scorta di aspetti geometrico-dimensionali, è, del resto, spesso vittima di fraintendimenti e di discrezionalità che lo rendono solo parzialmente attendibile e, qualora trasposto in ambienti di calcolo (ad esempio, dedicati alla modellazione energetica o all'ingegneria strutturale), può divenire addirittura foriero, come si vedrà, di valutazioni errate.
 
La centralità dei dati alfa-numerici, non ottenibili, in gran parte, tramite il rilievo digitale (ma, ad esempio, tramite fonti archivistiche e strumentali) ha, peraltro, indotto alcune sperimentazioni utilizzanti metodi di riconoscimento automatico di dati, anche geometrico-dimensionali, contenuti in documenti tradizionali, più o meno digitalizzati, per via di metodologie basate, ad esempio, sul machine learning.
L'idea era, dunque, di non poter attendere i tempi lunghi di una strutturazione rigorosa dei modelli di dati per la gestione patrimoniale e di dover utilizzare repertori di dati esistenti, ancorché qualitativamente scadenti o da «ripulire», per utilizzarli successivamente in maniera «collegata».
Più che altro, non dando per scontato che i dati siano reperibili all'interno dei documenti, il tentativo è quello di estrarli dai documenti e renderli pienamente numerici.
In ogni caso, nello spettro che abbraccia il più sofisticato intervento rigorosamente conservativo e la pulizia (il lavaggio) delle superfici di uffici, la finalizzazione, la speditività e il costo del digital survey variano straordinariamente.
 
Del resto, a fronte di una aspirazione subitanea di «riproduzione», di replica esatta, di ciò che esiste fisicamente in termini virtuali, la «finalizzazione» selettiva per uno scoop determinata e la «semplificazione» necessaria per gli ambienti di calcolo (ad esempio, energetico), cioè di modello come schema interpretativo, suggeriscono opzioni diverse per il rilievo.
 
La creazione, da parte di un soggetto proprietario o gestore, di una anagrafe patrimoniale digitalizzata non può, inoltre, prescindere da sistemi e da criteri di classificazione e di codificazione di parchi immobiliari che rispondano a strategie chiare, purtroppo, raramente evidenti e che si integrino con gli applicativi di Facility e di Property Management.
La assenza degli stessi ha, sfortunatamente, causato la proliferazione di modelli informativi del tutto incompleti dal punto di vista della dotazione alfa-numerica, ma, soprattutto, connotati da modelli di dati disordinati e incomparabili.
 
Ciò è tanto più grave nella misura in cui si tenta giustamente di definire digitalmente modalità avanzate di valutazione rapida degli indicatori prestazionali dei cespiti per impostarne probabilisticamente le priorità di investimento in spesa corrente e in conto capitale.
 
Come si vede, già a questo proposito avviene uno slittamento dalla matericità del bene alla sua prestazionalità: una delle grandi sfide della maturità digitale, che riconduce i cultori della digitalizzazione negli ambiti dei saperi creativi, artistici e tecnico-scientifici, una volta passata la sbornia del «BIM».

BIM e GIS: una positiva integrazione per la riqualificazione edilizia e la rigenerazione urbana

A proposito dell'ultima annotazione, sarebbe, perciò, utile occorre, prima di tutto, una concezione geo-spaziale del patrimonio da riqualificare, integrando «BIM» e «GIS» in una prospettiva di pianificazione urbana e territoriale, proprio perché, ancor prima di occuparsi della interconnessione tra i cespiti, la gestione complessiva di un parco immobiliare non può che avvenire ad altra scala.
Se così fosse, ci si accorgerebbe che si intersecano vari livelli, tra riqualificazione edilizia e rigenerazione urbana, tra tangibilità e intangibilità.
In caso contrario, applicare all'intervento sul costruito le categorie dello Smart Building e dell'Agile City nulla di positivo arrecherebbe.
 
Oltre all'aspetto conoscitivo, si è posta naturalmente la questione relativa alle fasi progettuali e realizzative, molto spesso tese a intervenire tramite gli «esoscheletri», prima di tutto, sulla parte «esteriore» degli edifici, anche a causa, non a caso, dell'interazione, da minimizzare, cogli occupanti.

Efficienza energetica e miglioramento sismico dei beni immobiliari nell'era della digitalizzazione

Per comprendere più facilmente il significato di queste istanze è opportuno riflettere sui due risvolti principali cui si ricorre solitamente: l'efficienza energetica e il miglioramento sismico (a cui si potrebbe aggiungere la mitigazione dei fenomeni alluvionali).
Quantunque, o proprio in virtù di ciò, efficienza e miglioramento si inverino attraverso interventi concreti, tutto lo sforzo per attuarli, in sede di progettazione, di realizzazione e di manutenzione, chiama in causa la nozione di «gemello digitale», nel senso della virtualizzazione, della modellistica, attinente ai modi di funzionamento, ai livelli prestazionali dei beni immobiliari.
 
 
Si tratta di un passaggio cruciale, oltre che di un primo livello di «dematerializzazione», poiché il «modo o modello di funzionamento» attiene rigorosamente alla «simulazione» e marginalizza la «rappresentazione», andando ben oltre le «entità» tipiche di una accezione triviale di «interoperabilità», entro il quadro incerto della sua conoscibilità per cespiti esistenti.
 
La Building Performance Engineering entra cosi prepotentemente, tramite la digitalizzazione dei percorsi progettuali, nell'ambito della riqualificazione edilizia, ma ciò, tanto in sede analitica quanto in sede sintetica (progettuale) implica la detenzione di una esaustiva padronanza della «funzionalità».
 
«BIM» e «FMEA», ad esempio, entrano indissolubilmente nel «gemellaggio digitale», ma questo accadimento comporta il fatto che il «modello» si attivi, che riporti la simulazione dei comportamenti del doppio fisico, analogico.
Modi di funzionamento e di guasto divengono primari, così come la «modellazione» si apparenta alla «modellistica».
Si tratta del primo passaggio rivoluzionario, per alcuni aspetti, poiché costringe la «rappresentazione» che dipartiva dal rilievo digitale oggettuale a una «virtualizzazione» progettuale basata su ambiti funzionali.
 
BIM To BEM e Scan To Structural Analysis, emblemi per eccellenza di un efficientamento digitale degli interventi sull'esistente, si rivelano, invece, terreni insidiosi, il cui governo richiede la detenzione dei saperi originari, la cui assenza genera clamorosi fraintendimenti.
La complessa relazione tra materico e immateriale che riguarda i cespiti immobiliari sotto questo profilo è resa ancor più impegnativa dalla opportunità di produrre industrialmente e digitalmente in tempo reale, eventualmente additivamente, componenti sartoriali su base manifatturiera.
 
Anche solo accogliendo una ipotesi per addizione e non per sostituzione o per trasformazione, in sé, invero, non necessitata come, invece, accade negli interventi conservativi, il tema è di riuscire, in Italia, a differenza che altrove, a instaurare prassi manifatturiere mass customized, a fronte di un patrimonio del tutto eterogeneo, fatti salvi rari casi.
Si tratta, in definitiva, a partire dal rilievo digitale di produrre in tempo reale con logiche manifatturiere «pezzi unici», vale a dire componenti ad hoc.
È una pre-fabbricazione che computazionalmente parta da una pre-figurazione.
 
Qualora, poi, si pensi alla progressiva introduzione di componenti edilizi e impiantistici sensorizzati e interconnessi, capaci di automatismi e in grado di interagire con contratti computazionali e con modalità di notarizzazione e di pagamento analoghe, si intuisce meglio la portata del fenomeno.
Naturalmente, di primo acchito, i componenti sensorizzati e interattivi con l'utenza saranno di nuova manifattura, ma, successivamente, potranno darsi anche elementi costruttivi e impiantistici esistenti.
È un tema oggetto di sperimentazione presso l'Università degli Studi di Brescia.
 
Di la di queste tematiche, sorge, poi, tanto per l'efficienza e per la autonomia energetica quanto per la mitigazione dell'evento sismico, la questione della «centralità dell'utente» che, in realtà, andrebbe considerata, soprattutto, sotto la fattispecie della evenienza che esso possa compromettere gli incrementi prestazionali energetici attesi (estendibile alla strategie di evacuazione per il caso sismico).
 
In definitiva, però, alla «utenza» andrebbe sostituita la «fruizione», implicando uno straordinario salto di scala, sia poiché si giunge alla servitizzazione del prodotto immobiliare sia perché la «cognitività» dei cespiti investe la produttività e la qualità dell'abitare, muovendo dal ciclo di vita al ciclo della vita.
 
In altre parole, user centrism e smart occupancy costituiscono le categorie emergenti in grado di indurre a un ripensamento profondo dei business model del settore.
Ecco, allora, che, più che di non meglio specificate «cassette degli attrezzi» e «piattaforme», in cui si troverebbero, a libera scelta, arsenali di utensili, sarebbe consigliabile ragionare sui digital marketplace e sui dispositivi analitici che misurino le prestazioni degli immobili e gli stili di vita dei suoi occupanti nelle «centrali di controllo» di Agile District oggetto di riqualificazione.
 
Naturalmente, l'ecosistema digitale su cui si fonda questa ipotesi vale una politica e un progetto industriale, vale progettualità di filiere e di catene di fornitura che operano a scala urbana o territoriale, geo-spazialmente, appunto, con le inevitabili conseguenze sulla mutata identità degli operatori.
 
Come già verificatasi per la cosiddetta «conservazione programmata», l'irruzione del tempo dilatato del ciclo di vita dell'edificio o dell'isolato riqualificato amplia la sfera della prestazionalità contrattualizzabile.
 
Se si riflette, infatti, sui contratti prestazionali (ad esempio, sugli Energy Performance Contract) è chiaro che, secondo razionalità finanziarie e fiscali precise, efficienza energetica e miglioramento sismico agiscono come elementi operativi di un disegno assai più ampio che, come detto, verte sui processi cognitivi e sui meccanismi di autonomazione delle decisioni rivolte ai servizi sartoriali erogabili alle persone.
 
La riqualificazione dei cespiti immobiliari, peraltro fortemente condizionata dai contesti locali (ha davvero un senso congetturare uniformemente sui patrimoni dell'Europa Settentrionale o Meridionale e sulle corrispondenti culture riqualificative in maniera omogenea?), sinora tutta pensata come interventi sul «costruito», si sposta, in realtà, gradualmente verso gli interventi sul «vissuto» e sulla sua «riqualificazione».
Basti pensare all'accostamento che al digital survey si praticherà con il behavioural survey per rendersi conto della portata del passaggio epocale, tanto più che l'analisi dello stato dei fatti e dei flussi e la successiva verifica delle ipotesi progettuali può avvenire immersivamente a partire dai vincoli arrecati dall'esistente.
 
Anche in questa occasione, non a caso, il sopralluogo comportamentale non può che riguardare i temi energetici che, tuttavia, sono solo l'epifenomeno di una sfida maggiore.
La interconnessione degli edifici riqualificati con quelli di nuova costruzione, colle reti e colle infrastrutture cambia completamente lo sfondo di riflessione e di operatività.
È convinzione fondata che gli interventi di riqualificazione, in particolare sotto l'aspetto energetico, abbiano parzialmente contenuto e mitigato per il Nostro Paese la grave crisi strutturale che ha afflitto il mercato della costruzione nell'ultimo decennio, ma, in realtà, si è trattato di interventi sovente non integrati, attuati da una proprietà diffusa e parcellizzata attraverso micro professionalità e micro imprenditorialità, senza specifici accertamenti qualitativi, con margini di redditività esigui, tramite il ricorso frequente a forme di concorrenza sleale.
Tutto questo, in termini digitali, può essere affrontato, come avviene altrove, attraverso forme di uberification o, comunque, di disintermediazione.
 
Non a caso, presso l'Università degli Studi di Brescia si sta studiando la configurazione di una BIM Library tesa a divenire digital marketplace capace di utilizzare data analytics al fine di possedere una tempestiva Intelligence delle tendenze di mercato e di sfruttare algoritmi raccomandativi per indirizzare le scelte degli operatori del mercato della riqualificazione edilizia.
 
Poco convincente, tuttavia, appare, invece, appunto, la concezione di «piattaforme esaustive» non orientate: per questa ragione, l'Università degli Studi di Brescia è capofila di una «piattaforma cognitiva», in corso di realizzazione assieme ad altri importanti partner accademici, finanziari e industriali, ELISIR, in grado di dar vita a un nuovo segmento di mercato, per così dire, «comportamentale».
 
Occorre, perciò, interrogarsi sulla reale utilità di digitalizzare tale modo di procedere senza rimetterne in discussione i tratti strutturali, ovvero sulla ineluttabile necessità di provvedervi proattivamente, senza subire le iniziative altrui.
Oltre a ciò appare, pertanto, sempre più evidente che il maggiore profitto si incentri sugli stili e sui cicli di vita della cittadinanza digitale abilitati anche dagli edifici riqualificati e riqualificanti.
Senza ripensare, dunque, alla scala degli interventi, da innalzare, e alla natura degli attori, oggetto di ibridazione, il prefisso «BIM4» risulterà sterile, poco più che uno specchietto per allodole.
 
La sensazione è, dunque, che, ascoltando di piattaforme e di repertori di strumenti digitali per la riqualificazione edilizia, si tratti di iniziative piuttosto generiche le cui finalità rischiano di dimostrarsi autoreferenziali, come sommatoria di soluzioni puntuali.
In tutto questo ragionamento, incentrato sulle fasi del processo edilizio, manca la fase primigenia, quella committente.
 
Occorre, perciò, chiedersi in che cosa possano evolversi i committenti/proprietari/gestori a cui si indirizzano i sostenitori del BIM4Refurbishment.
 
Come riportato in numerose analisi di mercato, molti di questi soggetti non sembrano particolarmente attrezzati nel Nostro Paese, mentre altrove (segnatamente in Austria o in Finlandia, in Germania o in Norvegia, negli Stati Uniti), le agenzie demaniali paiono, ad esempio, tra le meglio fornite.
Se, pertanto, riportiamo il tema alla scala urbana, non si potrà più discettare di meri proprietari o gestori che agiscono da committenti, ma, specialmente, occorrerà intuire un nesso sinora ignorato, che riguarda l'intimo contiguità, nella rigenerazione urbana, tra la riqualificazione edilizia e l'ammodernamento infrastrutturale, per non dire delle opere di risanamento ambientale e naturalistico.
Chi potranno essere, però, i protagonisti di un siffatto mercato che, giustamente, il CRESME per primo definisce dell'ambiente costruito?
 
Per rispondere a tale domanda bisogna, in primo luogo, dire con chiarezza che occorre stabilire una grande mappatura digitale (geo-spaziale) del territorio nazionale, come sta accadendo in altri Paesi, su cui impiantare i «gemelli digitali» (qui palese il rimando è al Regno Unito).
In analogia a quanto verificatosi nella Francia Settecentesca, questa «mappa» costituisce l'infrastruttura sulla quale immaginare nuovi player, su cui progettare nuovi business.
Si tratta di uno sforzo immane, in qualche modo già accennato in «Casa Italia», sostenibile solo da un decisore politico dotato di visione strategica, voluto da una alleanza tra le forze professionali e produttive che abbraccino i Financial Arranger, le Public Utility, gli ICT Player.
Si tratta, per gli operatori convenzionali del settore della costruzione e dell'immobiliare di instaurare rapporti inediti con soggetti estranei.