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Compenso dei professionisti tecnici per incarichi pubblici: se non è dettagliato nelle voci di spesa è a rischio

Cassazione sui compensi dei professionisti esterni alla PA: gli enti locali possono effettuare spese solo se esiste un dettagliato impegno contabile e l'avvenuta e pacifica esecuzione dell'incarico non riveste alcun carattere di decisività. Quando si rischia di non essere pagati?

Compensi dei professionisti a rischio se le voci non sono dettagliate

Il compenso del professionista tecnico 'ingaggiato' dal comune con un incarico esterno è a rischio se non è dettagliato nelle voci di spesa. Lo ha affermato la Corte di Cassazione (Civile, Sez. I) nell'ordinanza 6919/2019 dello scorso 11 marzo, con la quale è stata respinta la richiesta di un architetto progettista e direttore lavori che voleva essere retribuito per una struttura espositiva realizzata nell'interesse di un comune.

Il caso di specie

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva riformato la sentenza del Tribunale ordinario, 'dando ragione' al progettista, poiché non era condivisibile l'assunto dell'amministrazione appellata, giustificatasi col fatto che mancherebbe la copertura finanziaria, giacché l'importo di lire 2.200.000.000 era stato esaurito, non residuando ulteriori somme riconducibili al predetto finanziamento per liquidare l'importo preteso dall'architetto. E' evidente, infatti, che i maggiori oneri conseguenti alle scelte dell'amministrazione, che deliberò di modificare il progetto originario, non possono incidere sul diritto dell'appellante ad ottenere il compenso pattuito.

La Cassazione, però, ribalta ancora tutto, evidenziando che:

  • l'art. 191, comma 1 del TUEL dispone che gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria, comunicati dal responsabile del servizio al terzo interessato che - ferma l'obbligazione a carico dell'amministratore, funzionario o dipendente dell'ente che abbia consentito la fornitura del bene o servizio in violazione della norma (comma 4) - ha facoltà, in mancanza della comunicazione suddetta, di non eseguire la prestazione;
  • l'ente avrebbe dovuto identificare le diverse voci che compongono l'opera (spese generali, tecniche, per compensi professionali...), e i mezzi per farvi fronte. Qualora manchi la dettagliata previsione di spesa, al professionista non rimangono che due strade: o rivolgersi (in proprio) al singolo amministratore, funzionario o dipendente che ha consentito la fornitura del servizio, oppure non eseguire la prestazione.

La tutela dell'interesse pubblico

Di fatto, quindi, gli ermellini tutelano il preminente interesse pubblico all'equilibrio economico-finanziario delle amministrazioni locali in un quadro di certezza della spesa secondo le previsioni di bilancio e di trasparenza dell'azione amministrativa. Per questo erra la Corte di Appello nel ritenere il diritto del professionista al compenso richiesto indebitamente inciso in conseguenza della modifica del progetto originario.

La Corte di Appello, infatti, recependo meccanicamente gli assunti dell'appellante e senza confrontarsi con il detto quadro normativo come interpretato dalla Cassazione, ha infondatamente ritenuto che le delibere comunali anteriori a quella del 2007 avessero rispettato l'art. 191 T.U.E.L. mercé la mera indicazione dell'impegno di spesa di lire 2.200.000.000 "comprensive dei costi per la realizzazione dell'opera pubblica e dei compensi spettanti al professionista", assumendo apoditticamente la sussistenza della prova del conferimento dellfincarico (e dell'impegno di spesa) senza tuttavia spiegarne le ragioni e soffermandosi solo sull'aspetto della determinabilità del compenso alla stregua delle tariffe professionali.

Secondo il professionista, l'importo complessivo degli onorari per il primo e secondo stralcio dei lavori assicurava ampiamente la previsione di spesa occorrente per il compenso dovuto al professionista in seguito complessivamente quantificato dall'ordine degli architetti e «dalla lettura di tutte le delibere di conferimento incarico (...), è riscontrabile l'indicazione dell'ammontare dei compensi dovuti al professionista, contemplati nelle voci "spese generali" e "somme a disposizione" e l'indicazione dei mezzi per farvi fronte come risulta dai quadri economici dell'opera in precedenza riprodotti». 

La corretta modalità di indicazione della spesa

Ma tale modalità di indicazione della spesa - chiude la Cassazione - con la quale si coacervano indistintamente le spese tecniche senza la precisa preventiva indicazione di quelle per gli onorari professionali, non soddisfa affatto la prescrizione dell'art. 191, comma 1 TUEL, dovendosi ribadire l'insegnamento secondo il quale «la delibera comunale di conferimento di incarico ad un professionista deve indicare l'ammontare della spesa, mediante l'identificazione e la distinzione delle diverse voci che la compongono (spese generali, tecniche, per compensi professionali, ecc.), ed i mezzi per farvi fronte, ugualmente identificati e distinti analiticamente, cosi da creare un doppio e congiunto (non alternativo) indice di riferimento che vincola l'operato dell'ente locale in relazione alle spese stabilite anticipatamente, in ragione dell'interesse pubblico all'equilibrio economico e finanziario, e quindi al buon andamento della P.A.», ché - prosegue la citata decisione in motivazione - «in caso contrario la previsione normativa risulterebbe aggirata; invero non è sufficiente che sussistano i mezzi economici, comunque previsti, anche se a seguito di un risparmio di spesa, perché sia giustificato il loro utilizzo per spese che non siano state previste e stabilite anticipatamente».

In definitiva, c'è insussistenza di valide convenzioni tra il comune ed il professionista, non potendo le deliberazioni comunali di approvazione dei progetti, adottate anteriormente alla delibera n. 39/2007 tenere luogo di altrettanti validi contratti ed essendo almeno la prima delle due convenzioni (quella riguardante l'originario intervento per lire 2.200.000.000) in ogni caso non riferibile all'ente in carenza dell'esatta indicazione del soggetto munito dei poteri di stipula.

Non conta se l'incarico è stato portato a termine

In ultimo, gli ermellini osservano che l'avvenuta e pacifica esecuzione dell'incarico professionale - opposta dal controricorrente addirittura invocardo il giudicato sul punto - non riveste alcun carattere di decisività, non essendo di per sé idonea a qualificare la vicenda negoziale, ricostruita nei suoi esatti termini, nel senso di una sua diretta impegnatività per l'ente locale.

Professionista poco tutelato: come fare?

Appare evidente che questo orientamento è 'rischioso', poichè in primis impone al professionista un’indagine approfondita sulla contabilità del committente; se poi è vero che l'art.191 TUEL impone una rigida contabilità ai comuni, è anche vero l'art.194 della stessa norma prevede la possibilità di ottenere un riconoscimento di “debito fuori bilancio” se si accerti e dimostri che la prestazione professionale abbia arrecato un’utilità e un arricchimento per l’ente.

Non solo: esistono vari elementi di elasticità per le retribuzioni dei professionisti, quali ad esempio il contratto condizionato all’ottenimento del finanziamento: una norma del codice degli appalti ostacola le prestazioni con pagamento subordinato al finanziamento (art.24, comma 8 bis, del d.lgs. 50/2016), ma solo per gli appalti comunitari e, sottolinea il Consiglio di Stato (5138/2018), privi di forma scritta.

Il vero problema è che questa ordinanza assomiglia ad una precedente della Cassazione (22481/2018) dove non si da nemmeno rilievo a una riduzione di alcune voci nel corso dei lavori e all’innalzamento di altre, quali quelle per competenze professionali: diventa quindi irrilevante che l’ente abbia reperito le risorse per pagare il professionista con dei risparmi in corso d’opera.

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