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Formazione universitaria: arriva la proposta di abolire il 3+2 per gli ingegneri e la sezione B dell’Albo

Arriva dal Gruppo di lavoro sulla formazione universitaria del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) la proposta di modificare l’attuale percorso di studi necessario per diventare ingegnere. 

L’intenzione è quella di sostituire lo schema 3+2 con un primo livello della durata quadriennale, a cui seguirebbe un tirocinio di almeno sei mesi, l’esame di Abilitazione e un secondo livello di Laurea magistrale o specializzazione. 

La riforma prevederebbe anche l’abolizione della sezione B dell’Albo.

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Diventare ingegnere: le criticità dell’attuale percorso universitario

Per conseguire la laurea in ingegneria oggi si hanno due strade.

La prima, per ottenere la cosiddetta «laurea breve», dura tre anni e si conclude con la preparazione della tesi e il superamento dell’Esame di Stato. Completato tale percorso è possibile iscriversi alla sezione B dell’Albo degli Ingegneri. 

La seconda strada, più lunga, prevede, oltre al triennio e la preparazione della tesi, un secondo biennio di specializzazione volto a ottenere la Laurea Magistrale. Al termine dei cinque anni, superato l’Esame di Stato, è possibile iscriversi alla sezione A dell’Albo degli Ingegneri.

E qui emergono alcune criticità.

«La prima è l’inutile perdita di tempo da parte degli studenti che vogliono comunque acquisire una laurea quinquennale - spiega l’ingegnere Mimmo Perrini, coordinatore del Gruppo di lavoro e consigliere del CNI - in quanto gli studenti sono costretti a sostenere una tesi al terzo anno, quindi uno Stop & Go che ovviamente allunga i tempi e interrompe il percorso lineare».

Come evidenziato dal Gruppo di lavoro, l’attuale struttura, organizzata in due passi successivi, ha di fatto appesantito l’intero percorso accademico, provocando ritardi e risultando poco utile alla formazione dei Laureati quinquennali o magistrali. 

La necessità infatti di preparare una tesi alla fine del primo triennio per conseguire una Laurea di primo livello sostanzialmente inutile ai fini della spendibilità nel mondo professionale, rappresenta un consistente rallentamento per lo studente che intende conseguire la laurea magistrale, il cui voto, tra l’altro, generalmente molto alto, è legato ai soli risultati conseguiti nel biennio finale.

Ma accanto a questa situazione puntuale, c’è anche una questione sostanziale che riguarda la formazione dell’ingegnere magistrale.

Il motivo è presto detto.

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«Gli studenti triennali, dovendo acquisire un minimo di competenze professionali che consentono l'inserimento nel mondo del lavoro, sono costretti a una preparazione piuttosto superficiale nelle discipline scientifiche di base che una volta costituivano il fiore all'occhiello dei laureati in ingegneria - aggiunge Perrini - tale preparazione era l’elemento che caratterizzava e distingueva l’ingegneria italiana rispetto a quella europea». 

«Un tempo il percorso di studi portava ad approfondire le discipline scientifiche, sia quelle professionali che di cultura generale, come analisi matematica, geometria, fisica o chimica - prosegue Perrini - materie che oggi sono molto semplificate nel triennio iniziale e che non vengono più riprese al 4° e 5° anno, con la conseguenza che i laureati quinquennali presentano delle lacune in quelle che erano le basi culturali del laureato nelle università italianea».

Secondo dati forniti dal Centro Studi del CNI, emerge inoltre, che la maggior parte degli studenti che conseguono la Laurea triennale in Ingegneria (84%) prosegue il percorso accademico per arrivare alla Laurea magistrale.

«Gli iscritti agli Ordini professionali nel campo dell’Ingegneria sono circa 250mila - continua Perrini - coloro che fanno parte della sezione B sono 12mila circa e rappresentano il 4/5 per cento del totale.

È quindi evidente che chi si ferma al terzo anno rappresenta una percentuale ridottissima, la maggior parte infatti continua gli studi, anche perché dal punto di vista giuridico le competenze dei «triennali» non sono ben specificate con la conseguenza che l’esercizio della professione diventa ricco di ostacoli».

Formazione universitaria: la proposta per una nuova riforma

L’idea avanzata dal Gruppo di lavoro mantiene due livelli, strutturati però diversamente:

  • Un primo livello della durata quadriennale (2+2), articolato in modo tale da consentire allo studente di concentrarsi sulle discipline scientifiche di base nel primo biennio e di approfondire, in quello successivo invece, le materie del settore (civile ambientale, industriale o dell’informazione) con la discussione della tesi di Laurea ed il conseguimento, ove il corso di Laurea seguito sia stato riconosciuto e certificato da parte da una agenzia di certificazione quale il Quacing, di un titolo di dottore in ingegneria;
  • Lo svolgimento, dopo un tirocinio di almeno 6 mesi svolto in ambiti congruenti con il settore scelto, dell’esame di Abilitazione organizzato dagli Ordini Professionali di concerto con le Accademie e, una volta superato l'esame di stato, la possibilità di iscriversi all’Albo degli Ingegneri, costituito da un'unica Sezione;
  • Una specializzazione successiva, conseguita dopo uno o più anni, che preveda, oltre alla formazione teorica, anche una parte più applicativa svolta direttamente in strutture aziendali e professionali.

«L’obbiettivo è che i corsi di specializzazione siano ancorati al territorio e che i Politecnici o le Università, insieme alle strutture ordinistiche e industriali, scelgano i settori di specializzazione guardando fondamentalmente alle esigenze del mercato e della società civile» precisa Perrini.

«In questo, il percorso nella sanità può essere di riferimento - prosegue - esistono soggetti diversi in quel mondo anche con formazione triennale ma il corso di medicina non può che essere di sei anni e la specializzazione costituisce un momento successivo alla laurea e alla immissione nel mondo del lavoro».

"Il percorso “breve” dovrà essere limitato alle cosiddette lauree professionalizzanti di cui al Decreto Ministeriale 12 Dicembre 2016 n.987".

Secondo il Gruppo di lavoro, lo sbocco naturale di tali corsi non può che essere l’apparato produttivo per il quale sono stati strutturati o, ove organizzati sulla base di convenzioni stipulate dagli atenei con gli organismi rappresentativi delle professioni, l’accesso all’esame di abilitazione per l’iscrizione ai Collegi di geometri e periti, ma non ovviamente a quello degli Ingegneri.

L’abolizione della sezione B dell’Albo degli Ingegneri

Una delle conseguenze della proposta di riforma, i cui tempi, per la complessità della stessa, non possono che essere molto lunghi, è l'eliminazione della sezione B dell’Albo.

A questo proposito «vorremmo fosse avviata già in un primo periodo transitorio, con il ripristino del ciclo unico quinquennale e la non accettazione di nuovi iscritti alla Sezione B - puntualizza Perrini - è evidente che in tale prospettiva si pone il problema di coloro che attualmente vi sono iscritti».

«Non potendo ovviamente perdere un diritto acquisito - sottolinea - l’auspicio è che per tali professionisti sia predisposto un percorso semplificato per il conseguimento della laurea magistrale con conseguente accesso alla Sezione A dell'Albo, valorizzando le competenze acquisite nell'attività professionale e nel percorso formativo, che a volte risulta più approfondito di quello di attuale accesso alla laurea magistrale. 

Occorrerà pertanto, in sede di revisione del D.P.R. 328/01, stabilire una norma transitoria che consenta l’upgrade volontario dei triennali iscritti in tale sezione, con la definizione di appositi percorsi formativi che attribuiscano CFU alla documentata esperienza acquisita».

I prossimi passi

«Il passo successivo sarà dialogare con i rettori delle varie Università - conclude Perrini - concordando, pur nel rispetto dell'autonoma degli Atenei, norme comuni e poi, in seguito, portare all’attenzione del Legislatore la proposta di modifica del sistema formativo.

Mi auguro che entro il 2021, scadenza del mio mandato, si arrivi a definire almeno la questione relativa alla eliminazione della sezione B dall’Albo degli Ingegneri».

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