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Terremoto, ISPRA: ogni 5 anni in Italia un sisma disastroso con vittime

“Terremoti, maremoti, effetti al suolo, cartografia e ricerca storica”, è il titolo della convention nazionale svoltasi a Roma e promossa da ISPRA, con la collaborazione della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) e della Società Geografica Italiana.

Obiettivo dell'incontro, svoltosi nell’ambito della rassegna "Geologia e storia" è stato quello di aumentare la sensibilità verso i temi della prevenzione dal rischio sismico.

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Il rischio sismico in Italia e l'approccio multidisciplinare della ricerca

Il rischio sismico è un tema cruciale per il nostro Paese: Ispra ha calcolato che da fine Ottocento a oggi, ogni 4-5 anni si sia verificato un terremoto disastroso con vittime.

Qulache giorno fa, mentre in Italia cresceva l’allarme per il contagio da Coronavirus, la terra ha tremato a Rende (Cosenza) con una scossa di magnitudo pari a 4,4.

Da alcuni anni il mondo scientifico ha iniziato a valorizzare un approccio più multidisciplinare nell’ambito della ricerca: nel campo della geologia, a esempio, significa mettere insieme lo studio cartografico con quello geologico e l’analisi territoriale di suscettibilità con quella storica e archeologica. 

Sono alcune delle considerazioni emerse durante la quarta giornata “Geologia e Storia” promossa da Ispra, un momento di confronto tra esperti che hanno trattato diversi argomenti tra cui i grandi terremoti del passato, come quello di Messina e Reggio Calabria, gli tsunami antichi e le informazioni tratte dalle fonti storiche dopo eventi catastrofici.

Classificazione sismica: «Intere porzioni di territorio declassificate»

Tra i relatori, anche Gianluca Valensise dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che ha ricordato come in Italia, negli ultimi due anni ci sia stato «un forte aumento di consapevolezza che la prevenzione è insufficiente per tante ragioni».

Per Valensise «le comunità dimenticano i terremoti passati e dunque con il tempo dimenticano che c’è un rischio sismico».

Sul fronte normativo poi, per il sismologo «ci sono norme in contrasto fra loro: ci sono intere porzioni di territorio come a esempio quella adriatica, la costa romagnola e marchigiana che sono state addirittura declassificate dagli anni 50 agli anni 80 e dunque nel momento del massimo boom economico lì si costruiva senza norme sismiche».

«La zona adriatica è osservato speciale perché per tanti anni è stata considerata tranquilla - ha continuato Valensise - ovviamente non sto dicendo che possa verificarsi un terremoto domani ma è sicuramente una zona che può avere una sua sismicità con l’aggravante di essere stata edificata in buona misura in assenza di norme».  

Il rischio sismico e l'Appennino 

A margine della convention, Enrico Miccadei, docente dell’Università di Chieti, ha dichiarato che l’Appennino «è in movimento e ancora oggi si sta formando».

Per il geologo inoltre è importante «abbassare il livello di paura attraverso la conoscenza: noi sappiamo che ci sarà un prossimo terremoto e dunque dobbiamo fare in modo che si costruisca bene».

E a proposito di conoscenza, Miccadei ha poi ricordato che il Codice edilizio italiano fu presentato per la prima volta proprio a L’Aquila nel 1887.

«Già allora si dava un’indicazione precisa: non costruire nella parte occidentale della città - ha sottolineato - il Codice dava delle indicazioni perfette dal punto di vista geologico, ma il Piano Regolatore de L’Aquila è stato sviluppato nella parte occidentale della città, esattamente dove non doveva essere».

«Così come il coronavirus, i cambiamenti climatici e i terremoti dobbiamo partire dalla conoscenza, che è fondamentale per la sicurezza dei cittadini» ha concluso il docente.

La ricerca sui terremoti del passato e gli effetti ambientali

Una ricerca sugli effetti ambientali del terremoto del 1908 è riuscita a ricostruire il quadro di quello che potrebbe nel caso di un nuovo terremoto.    

«Abbiamo fatto una ricerca sugli effetti ambientali che furono indotti dal terremoto del 1908 in Sicilia e in Calabria, i dati emersi possono rivelarsi molto utili perché possono rappresentare il quadro di quello che potrebbe accadere con un nuovo terremoto» ha detto Valerio Comerci dell’ISPRA. 

Dall'indagine è emerso che «molte zone lungo la costa messinese e calabrese si sono abbassate di decine di centimetri, come se fossero state richiamate verso il fondo dello stretto e questo ha comportato notevoli danni alle infrastrutture e alle persone. Ovviamente dovesse accadere oggi l’antropizzazione lungo quelle coste è maggiore rispetto a quell’epoca», ha spiegato Comerci.

Anche Stefania Nisio dell’ISPRA ha sottolineato l'importanza di analizzare gli effetti al suolo causati da eventi del passato.

«È importante censire gli effetti al suolo avvenuti nel passato per avere un’idea più chiara della suscettibilità del territorio – ha ricordato - nelle carte di microzonazione sismica, a esempio, non vengono riportate eventuali cavità e vuoti sotterranei che dovrebbero invece essere rappresentati. Sarebbe necessario uno studio specifico del territorio italiano in grado di salvaguardare alcuni centri abitati, poiché sono ancora poco chiari gli effetti della propagazione delle onde sismiche laddove vi sono vuoti sotterranei».

Lo studio degli effetti ambientali derivati dai terremoti sono una delle attività su cui Ispra è impegnata da diversi anni, recentemente dopo i terremoti de L'Aquila e di Amatrice.

«Ispra ha il compito di raccogliere i dati geologici sul territorio, tra i quali quelli sulle faglie attive, le cavità sotterranee, le frane – ha spiegato Claudio Campobasso, Capo Dipartimento per il Servizio Geologico dell’Ispra – impegno che vede da anni l’Istituto in prima fila nella salvaguardia del nostro Paese».

«La Carta della pericolosità sismica sia la base per ripensare le priorità»

«In questi giorni in cui il Paese sta vivendo un’emergenza sanitaria con ricadute importanti anche dal punto di vista sociale ed economico, si sentono i rappresentanti del Governo e i Governatori regionali continuamente invocare i pareri degli esperti, i pareri scientifici sulla base dei quali effettuare le proprie scelte politiche; è una delle rarissime volte che accade e l’auspicio è che questo stile di buona politica continui anche in altri settori come la prevenzione del rischio sismico» ha detto Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA).

Il presidente Fiore ha anche ricordato i numeri legati agli eventi sismici che hanno colpito l'Italia nell'ultimo mezzo secolo.

«Non dobbiamo dimenticare che nei primi 150 anni dall'unità d'Italia il nostro Paese è stato colpito da ben 36 terremoti disastrosi che hanno causato oltre 150.000 vittime e hanno danneggiato gravemente oltre 1.600 località, incluse città come Rimini, L'Aquila, Avellino, Potenza, Cosenza, Vibo Valentia, Reggio Calabria e Messina - ha aggiunto - solo negli ultimi 50 anni il costo delle ricostruzioni è stato stimato in almeno tre miliardi di euro all'anno. Senza calcolare il terremoto che colpì l’Italia Centrale nel 2016».

«La nuova carta della pericolosità sismica, che è pronta e va quanto prima licenziata, potrebbe essere la base per ripensare le priorità del Sisma bonus, dando così efficacia agli Istituti che si sono impegnati all'aggiornamento della stessa - ha concluso il presidente Fiore - se non sono individuate le priorità per l'adeguamento sismico degli edifici, si rischia di consumare le risorse disponibili per adeguare edifici in aree con una pericolosità più bassa rispetto ad altre aree dove l'adeguamento è prioritario oppure di intervenire in aree dove la disponibilità economica dei proprietari è maggiore rispetto ad altre realtà del Paese, ossia in aree più ricche ma con edificato meno vulnerabile».