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Distanze tra costruzioni: il sopraluce per l'areazione non entra nei 10 metri perché non è una parete finestrata

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Realizzare un sopraluce per l'aerazione dei bagni in luogo delle finestre ha qualche rilevanza ai fini delle distanze tra costruzioni?

A questa, particolare ma interessante domanda, risponde il Tar Liguria nella sentenza 76/2021 dello scorso 1° febbraio, inerente il caso di un intervento edificatorio comportante la demolizione e successiva ricostruzione, con incremento volumetrico, di un immobile insistente sul terreno confinante con il manufatto di proprietà dei ricorrenti. In seguito, veniva presentata una SCIA in variante al permesso di costruire per realizzare un sopraluce per l’aerazione dei bagni in luogo delle finestre con terrazzo sul fronte ovest del nuovo edificio.

Dopo la diffida presentata dai difensori dei ricorrenti, il Comune effettuava un sopralluogo per accertare la sussistenza delle denunciate violazioni in tema di distanze tra pareti finestrate. Quindi, lo stesso Ente locale comunicava l’avvio del procedimento relativo ad alcune irregolarità riscontrate presso l’immobile dei ricorrenti, tra cui l’esistenza di bucature non conformi al titolo edilizio. La diffida dei ricorrenti è stata riscontrata negativamente, ove si afferma che le bucature sulle pareti dei due fabbricati non hanno caratteristiche di vedute, ma di semplici luci, sicché non si configura nella fattispecie l’ipotesi di pareti finestrate frontistanti.

Il controluce della discordia che non è una veduta

Gli esponenti lamentano di fronte al TAR la violazione della distanza minima di 10 metri prevista dall’art. 9 DM 1444/1968, rispetto alla parete finestrata dell’edificio di proprietà. Per il Tar, però, il comune ha agito bene e le censure sono infondate in quanto la presenza dei sopraluce sul fronte ovest dell’edificio in costruzione non configura una parete finestrata e, pertanto, non rileva astrattamente ai fini della disciplina sulle distanze delle costruzioni dalle vedute.

Come costantemente ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’obbligo di osservare determinate distanze nelle costruzioni sussiste solo in relazione alle vedute, e non anche alle luci, sicché la dizione “pareti finestrate” di cui all’art. 9 del DM 1444/1968 si riferisce esclusivamente alle pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono finestre cosiddette “lucifere” (cfr., fra le ultime, Cass. civ., sez. II, 19 febbraio 2019, n. 4834). Nel caso in esame, le caratteristiche dei sopraluce rendono oggettivamente impossibile il “prospicere” e l’“inspicere in alienum”, determinando la qualificazione di tali elementi alla stregua di luci o “finestre lucifere”, anziché di vedute che consentono l’affaccio sull’immobile del vicino.

Identica qualificazione vale per le aperture esistenti sulla parete del fabbricato dei ricorrenti che, essendo collocate ad un’altezza di cm 163,50 dal piano di calpestio interno e dotate di aperture a vasistas (cfr. verbale di sopralluogo in atti), non consentono possibilità di affaccio comodo e sicuro sul fondo vicino.

Ne consegue che, anche volendo prescindere dalla dubbia regolarità delle aperture da ultimo indicate, oggetto di autonomo procedimento avviato dal Comune per la repressione degli abusi edilizi riscontrati all’atto del sopralluogo, non sussiste la denunciata violazione delle distanze tra pareti finestrate.

Come se non bastasse, parte ricorrente fa anche riferimento alla aperture presenti sul fronte nord dell’edificio in costruzione, ove sono state previste nuove porte-finestre con balcone. Neppure in questo caso può configurarsi l’ipotesi di pareti finestrate frontistanti, poiché il progetto assentito prevede, a livello del piano terreno, la costruzione in aderenza al manufatto dei ricorrenti che, solo con i motivi aggiunti, hanno sollevato tardive contestazioni al riguardo.

Peraltro, il permesso di costruire prevedeva già aperture sul fronte nord atte a consentire l’affaccio sulla copertura dell’immobile dei ricorrenti dalle parti sopraelevate rispetto ad esso, ossia dal primo, secondo e terzo piano dell’edificio ricostruito.

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