Ristrutturazione
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Distanze tra edifici: quando la ristrutturazione non può raggirare i limiti inderogabili

Consiglio di Stato: se è evidente la violazione delle distanze tra edifici diventa irrilevante la qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia e dunque l’inapplicabilità dell’art. 9 DM 1444/1968, che riguarda esclusivamente le nuove costruzioni

Palazzo Spada interviene sulle distanze tra costruzioni e lo fa in maniera netta, nella sentenza 1867/2021 dello scorso 5 marzo, ribadendo il principio secondo cui l'intervento di ristrutturazione edilizia che modifica la volumetria dell'edificio non sfugge all'applicazione delle regole sulle distanze (art.9 DM 1444/1968).

NB - La sentenza si riferisce a dei lavori edilizi iniziati PRIMA dell'entrata in vigore del DL Semplificazioni (DL 76/2020, convertito in legge 120/2020), che di fatto ha modificato le regole 'del gioco' per quel che riguarda le distanze, consentendo alcune deroghe al rispetto in determinati casi. Le novità sono state analizzate nell'approfondimento del Prof. Ermete Dalprato e 'tornano' utili per capire le differenze con il regime precedente, sul quale ovviamente si basa il disposto di questa sentenza.

 

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Il caso

L'oggetto del contendere è rappresentato da un progetto che prevede la sollevazione della falda sul lato nord, con la formazione di un solaio di copertura piana a terrazza, collegata da una scala interna scoperta, entrambe da ricoprire con una tettoia in plexiglas. Anche sul lato sud è prevista la modifica della falda con la creazione di un balcone e la sostituzione dell’esistente abbaino di dimensioni contenute con un fronte finestrato su tutta la lunghezza della falda. Si tratta, quindi, di un intervento modificativo della sagoma.

Il comune:

  • ha ritenuto che l’intervento non potesse essere approvato perché non rispettoso della distanza di dieci metri rispetto agli edifici realizzati sulle pp.ed. 885 e 71/3, né di quella di cinque metri rispetto al confine con le medesime particelle;
  • ha precisato sul punto che una deroga dalle prescrizioni distanziali di cui al DM 1444/1968 sarebbe ammessa, ai sensi dell’art. 59, comma 3, della L.P. n. 13/1997, per il solo caso della ricostruzione fedele (non ravvisabile nel caso di specie). Non poteva inoltre trovare applicazione l’art. 52 del D.P.G.P. n. 5/1998 che ammette gli abbaini in deroga alle distanze previste dal piano urbanistico comunale, purché realizzati entro il limite necessario alla corretta aeroilluminazione dei locali, limite determinato dalla richiamata disposizione in un decimo della superficie del vano. Il progettato innalzamento del solaio di copertura su tutta la superficie del vano, infatti, non sarebbe qualificabile, secondo il Comune, come “abbaino”.

Secondo il promotore, l'intervento configurava una ristrutturazione edilizia. Per il Tar Trentino Alto Adige, invece, l'intervento è assimilabile a una nuova costruzione in quanto comporta una «significativa modifica della sagoma in corrispondenza della copertura dell'edificio», ricadendo in pieno nel perimetro di applicazione del DM 1444/1968.

 

La ristrutturazione che modifica la sagoma è come una nuova costruzione (per le distanze)

Palazzo Spada inizia ricordando che la giurisprudenza, sia amministrativa (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 72; id. 2 marzo 2018, n. 1309) che civile (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 2020, n. 28612; id. 28 ottobre 2019, n. 27476; id. 10 febbraio 2020, n. 3043) ha evidenziato una tendenziale autonomia del concetto in ambito civilistico, rimarcando che, ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici di origine codicistica, la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera (Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 354).

Tradotto:

  • l'applicabilità del DM 1444/1968 e la definizione di nuova costruzione contenuta nel TUE non appaiono dirimenti;
  • la violazione evidente delle distanze legali rende irrilevante la qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia.

Il 'nocciolo' della questione è che si tratta di interventi sulla volumetria dell’immobile. In relazione ai singoli elementi progettuali, la violazione delle distanze appare evidente, essendo così conseguentemente irrilevante la vantata qualificazione delle opere come interventi di ristrutturazione edilizia.

Va inoltre qui vagliata la circostanza che, nel computo complessivo della volumetria, l’intervento, compensando aumenti e diminuzioni, determina una complessiva riduzione dell’impatto; il che renderebbe l’intervento non significativo anche dal punto di vista civilistico. ​​​​​​​Tuttavia, tale esito appare recessivo di fronte all’esigenza di tutelare le distanze che, come recita il citato art. 9, sono quelle minime e che quindi possono essere violate anche solo puntualmente, atteso che il carattere di nuova costruzione va riscontrato in rapporto ai “caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno” (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 2020, n. 28612).

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

 

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